"Tutti gli animali sono uguali, ma qualche animale è più uguale degli altri”. Lo scriveva Orwell nella Fattoria degli animali. Berlusconi, Cossiga, Napolitano: la strana riluttanza dei nostri politici eccellenti a parlare con i magistrati.
Gianni Barbacetto - Il precedente Gladio. Casson:
“Quando Cossiga mi disse di no”
Dopo aver interrogato il
nero che si era autoaccusato dell’azione di Peteano, Vincenzo
Vinciguerra, e due generali dei servizi segreti, Gian Adelio Maletti
(Sid) e Pasquale Notarnicola (Sismi), Casson chiede al presidente del
Consiglio Giulio Andreotti di avere accesso agli archivi del Sismi.
Andreotti un po’ tira per le lunghe, poi concede l’accesso. E
giovedì 26 luglio 1990 negli archivi di Forte Boccea il giudice
trova i documenti che provano l’esistenza della pianificazione Stay
Behind, in Italia chiamata “Gladio”, nata nel 1951 da un accordo
tra Cia e Sifar (il servizio segreto militare), tagliando fuori il
Parlamento e perfino il governo italiano. A quel punto Andreotti
gioca d’anticipo e rivela qualcosa (con molte bugie) della
struttura segreta.
Nei documenti di Gladio,
Casson scopre che c’è un politico italiano che ha avuto un ruolo
attivo nella pianificazione, quando negli anni ’60 era
sottosegretario alla Difesa: un certo Cossiga, nel 1990 capo dello
Stato. Codice alla mano, il giudice istruttore chiede la sua
disponibilità a rendere deposizioni come testimone. Da quel momento,
Cossiga il Silenzioso si trasforma in Cossiga il Picconatore:
comincia ad attaccare il giudice (“l’efebo di Venezia”) con
violente dichiarazioni ai giornali. Tracimerà su ogni argomento e
non si fermerà più, fino alle sue dimissioni, nell’aprile 1992.
Inaccettabile, per Cossiga, sedersi di fronte a un giudice per
rispondere su pianificazioni segrete, esplosivi di Stato, depistaggi
e stragi.
Qualcuno chiede di
giocare la carta del conflitto d’attribuzione tra poteri dello
Stato, ricorrendo alla Corte costituzionale. Ma i codici parlano
chiaro: anche il capo dello Stato può essere sentito come testimone
dall’autorità giudiziaria, lo dice l’articolo 205 del nuovo
codice del 1989 (“La testimonianza del presidente della Repubblica
è assunta nella sede in cui egli esercita la funzione di capo dello
Stato”), in continuità con l’articolo 356 del precedente codice
di procedura penale. Il conflitto non viene neppure sollevato e
qualche tempo dopo si convince anche Cossiga, tanto che manda due
ufficiali da Casson a trattare le condizioni della deposizione.“A
quel punto però la mia indagine era andata avanti – ricorda oggi
Casson – avevo sentito ministri e generali, politici e capi di
Stato maggiore, e non avevo più bisogno di Cossiga”.
Era corso al palazzo di
giustizia di Venezia anche Amintore Fanfani, che pure non era stato
chiamato: “Mi ha detto – prosegue Casson – che riteneva suo
dovere venire a dire quanto sapeva, e cioè che, benché fosse stato
più volte premier, era stato tenuto all’oscuro di Gladio, che era
dunque una pianificazione segreta con catene di comando fuori dalla
Costituzione: la conoscevano i vertici di Cia e Sifar-Sid-Sismi e
solo alcuni politici.
Come Cossiga, che alla
fine però riconobbe che era legittimo che un giudice chiedesse
d’interrogare il capo dello Stato: proprio come oggi – ribadisce
Casson, diventato parlamentare del Pd – è pienamente legittimo che
la corte d’assise di Palermo interroghi il presidente Napolitano”.
(Da: Il Fatto del 18
ottobre 2013)
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