02 ottobre 2012

LE DONNE DI ANTONIO GRAMSCI




Ieri ho letto su l’unità un bel pezzo di Cristina Comencini  dedicato ad Antonio Gramsci e alle “sue tre donne”. La giovane scrittrice e regista prende spunto dall’ultimo libro di Giuseppe Vacca - Vita e pensieri di Antonio Gramsci. 1926-1937, Einaudi 2012 - per parlare dell’importanza che hanno avuto nella vita di Gramsci le tre sorelle russe Eugenia, Giulia e Tatiana Schuct.
Cristina Comencini non fa una puntuale recensione del lavoro di Giuseppe Vacca  - presidente della Fondazione Istituto Gramsci di Roma che, da buon vecchio togliattiano, non perde occasioni per  ribadire, contro ogni evidenza, la sostanziale continuità   tra l’ opera del sardo e quella del Migliore –  ma utilizza, in modo creativo, la ricca documentazione, in parte inedita, presente nel libro di  Vacca, per riprendere con passione una  ipotesi avanzata negli anni settanta da Adele Cambria, nel suo dimenticato Amore e rivoluzione, e sostenere con forza la tesi del legame necessario esistente tra idee e corpi, tra  pensiero e azione.
Riproponiamo di seguito l’articolo della Comencini:


Cristina Comencini - Antonio Gramsci e le sue tre donne

  LA VITA E I PENSIERI DI ANTONIO GRAMSCI, DAGLI ANNI IMMEDIATAMENTE PRECEDENTI L’ARRESTO E PER I DIECI DELLA SUA DETENZIONE, FURONO INTRECCIATI INTIMAMENTE E POLITICAMENTE ALL’ESISTENZA DI TRE DONNE RUSSE. Non figure secondarie a servizio di un uomo grande, chiuso in cella e separato dal suo destino politico, ma tre caratteri femminili fondamentali, tre sorelle, che a staffetta corrispondono, si legano, interagiscono, amano e odiano anche l’italiano geniale che la comune passione politica porta nella loro famiglia. Il libro di Giuseppe Vacca (Vita e pensieri di Antonio Gramsci. 1926-1937) vuole tenerle al centro della vicenda umana e politica di Gramsci. Eugenia, Tatiana e Giulia Schuct diventano nel libro di Vacca tre protagoniste indispensabili alla comprensione delle idee, dei dilemmi, dei misteri, della sopravvivenza intellettuale, fisica e affettiva di Gramsci.
Nella famiglia delle tre sorelle Schuct circolano idee rivoluzionarie dalla fine dell’Ottocento. Sia il padre che la madre si sono appassionati agli ideali rivoluzionari, sono amici del fratello maggiore di Lenin e poi di Lenin stesso e della Krupskaja. Le figlie di Apollon Schuct sono convinte sostenitrici della rivoluzione: Eugenia partecipa attivamente alla guerra civile, Giulia lavora negli organi di sicurezza interna. Rivoluzione e musica sono le passioni delle sorelle, e anche l’Italia perché negli spostamenti continui della famiglia, vivono e studiano arte e musica a Roma. Per nessuna delle tre, come per Gramsci, i sentimenti privati e famigliari saranno divisi dall’impegno politico che sta cambiando il mondo. Come scrive anche Gramsci di sé: «Io non sono molto sentimentale e non sono le questioni sentimentali che mi tormentano. Anche le questioni sentimentali mi si presentano, le vivo, in combinazione con altri elementi (ideologici, filosofici, politici) così che non saprei dire fin dove arriva il sentimento e dove incomincia invece uno degli altri elementi, non saprei dire forse neppure di quale di tutti questi elementi precisamente si tratti tanto essi sono unificati in un tutto inscindibile e una vita unica». La storia personale e la Storia grande è una vita unica e questo libro ci restituisce questo intreccio, attraverso le lettere, i codici, i silenzi tra i protagonisti che svelano, come in un romanzo, più delle parole scambiate.
SI PARTE DALLA CLINICA RUSSA
Il libro parte non a caso dall’incontro con Eugenia nel 1922, nella clinica russa dove Gramsci si era ricoverato dopo i lavori del Komintern. La sorella più forte, più preparata politicamente, lo interessa molto e lei probabilmente si innamora di lui. Così quando poco tempo dopo appare sulla scena la sorella minore, Giulia, la più bella, la violinista, si consuma tra i tre un tradimento che alimenterà molte incomprensioni, drammi e sofferenze. In una notte passata insieme nella clinica, di nascosto alla sorella maggiore, Antonio e Giulia parlano di gufi sulla veranda e di Dante: «... poi parlammo di tante cose generali, ma specialmente di un verso di Dante che dice “Amor che a nullo amato, amar perdona”, poi dovevamo dormire e c’era un letto solo e allora io ti feci piangere, cinicamente. Ti feci piangere, proprio apposta, perché ero proprio cattivo; ti volevo molto bene e ti avrei voluto baciare gli occhi, ma non credevo che tu potessi volermi bene e allora ti volevo far del male, perché ero molto cattivo».
Che meraviglia e che coraggio citare una lettera così, far parlare con queste parole il nostro grande pensatore politico! Le idee non sono staccate dai corpi, questa è una intuizione politica delle donne, e questo libro finalmente ne da conto. Giulia e Antonio si desiderano fisicamente, tradendo la sorella maggiore, come Paolo e Francesca tradiscono il fratello di lui. Il loro amore ha una forte componente erotica alla quale nessuno dei due è preparato. Lei piange, lui la fa piangere, lui ha paura di non essere amato ma la vuole. Nel carcere, tutti questi sentimenti torneranno ad accompagnare l’isolamento politico e umano di Gramsci. Amore e rivoluzione, come il titolo del libro di Adele Cambria, si alterneranno nell’anno e mezzo in cui gli amanti riusciranno a strappare alla politica delle ore per loro stessi, per procreare il loro primo bambino in Russia, il loro secondo in Italia. Gramsci vuole assolutamente avere figli, come fosse una traccia concreta, corporea di un amore che non può avere futuro. L’arresto di Gramsci spezza la vita dei due, fa ammalare Giulia e chiude l’attività politica sul campo di un capo che era nato per questo, che non ha mai disgiunto il pensiero dall’azione. Amputati, lui, lei, lontani. Lei in Unione Sovietica dove i due schieramenti lottano per il potere dopo la morte di Lenin, e nelle mani della sorella tradita, ostile a Gramsci e molto più forte di lei. Lui chiuso in carcere subito dopo aver mandato una lettera «inopportuna» al Komintern, come la giudica Togliatti, in cui sostiene la maggioranza capeggiata da Stalin ma lo fa criticamente.
I termini della partita tragica ma anche molto prolifica che si giocherà nei dieci anni del carcere sono già presenti al momento dell’arresto: ricerca di nuove strade da parte di Gramsci per costruire consenso e vittoria del socialismo, disaccordo serpeggiante con Togliatti e con la sua adesione obbligata alle posizione del Komintern, sospetti di tradimento da parte del suo partito, di boicottaggio della sua liberazione, che investiranno, nel punto più alto della tragedia, anche la moglie lontana. Nel carcere, lontano dal mondo, Gramsci regalerà alle generazioni future categorie nuove di pensiero politico e culturale, capirà meglio di chi sta fuori i momenti che si preparano, dissentirà su questo con i compagni dentro e fuori dal carcere, non avrà per ragionarci che se stesso.
Ma tra lui e Giulia, esuli che incarnano la segregazione stessa delle idee che avevano sconvolto il mondo, appare la terza donna, la sorella rimasta in Italia, meno impegnata politicamente e che, come succede nella Storia, sarà quella a cui noi tutti dobbiamo la sopravvivenza di Gramsci e del suo pensiero. Tania è il messaggero tra Gramsci, Sraffa e il partito, il messaggero d’amore e di disamore tra lui e Giulia. Di nuovo i termini privati si intrecceranno in questa fase al lavoro politico fuori e dentro il carcere, nell’Italia fascista, in Unione Sovietica, nella Francia degli esuli. Tra i silenzi di Giulia che lui prenderà per abbandono, delle lettere non pervenute, delle risposte non conosciute, nella lontananza dei figli, nella costruzione di codici per sfuggire alla censura, quella fascista e quella sovietica, nei tentativi di liberazione falliti, si svolge la seconda parte del libro, fino alla morte.
Tania si attacca a Gramsci non solo per fedeltà alla causa, e neanche solo perché è il compagno della sorella lontana e il padre dei suoi nipoti, si lega a lui seguendo un destino femminile di amore e protezione per un uomo fuori dal comune, difficile, solo, diffidente, brusco che cerca disperatamente di continuare a pensare e a fare politica. «Andavo ogni settimana a trovarlo, eppure il tempo mi pareva sempre interminabile tra una mia visita e l’altra, poi egli riceveva da me due volte al giorno il soccorso, col mio scritto, metteva la sua firma e un saluto sulla distinta, era come una comunione tra lui e i suoi cari».
NELL’AMBASCIATA SOVIETICA
Tania lavora all’ambasciata sovietica, questo le garantisce l’extraterritorialità e una possibilità di comunicazione rapida con i famigliari ma anche con il partito russo. Anche qui le missive private, i sentimenti di dolore per la lontananza dei figli e di Giulia, sono annodati alle nuove elaborazioni politiche dal carcere, alle analisi che Gramsci fa della situazione politica italiana e internazionale. Tania copia le lettere di Sraffa frutto dei colloqui con Togliatti e il partito, inoltra relazioni sullo stato di Gramsci, sulle sue condizioni di salute, sulle sue esigenze, trasmette le lettere di Giulia. Qualche volta decide di non inoltrare lettere di Gramsci a Giulia e viceversa, quando la lontananza, i sospetti di lui e il clima di paura in cui vive Giulia in Unione Sovietica, rendono quelle lettere particolarmente indecifrabili per l’uno o per l’altra. Gramsci si irrita con Tatiana di alcuni toni delle sue lettere che potrebbero lasciare pensare a Mussolini che lui sia pronto a chiedere la grazia. Tatiana è testimone del crescere dei sospetti del prigioniero, che si sente abbandonato e tradito da Togliatti e dal partito, soprattutto dopo la lettera di Grieco che gli sembra affermare la volontà dei suoi compagni di tenerlo in carcere. Gramsci non può concepire la verità: è soprattutto l’Unione Sovietica, l’unica che avrebbe forse la possibilità di liberarlo, a non intraprendere nessun passo serio e vincente, per le sue posizioni politiche eterodosse, in contrasto con la linea del Komintern. Ma per Gramsci al contrario l’Unione Sovietica resta la meta da raggiungere una volta liberato, per lui è ancora la patria del comunismo e il Paese dove vivono Giulia e i due figli.
La tragedia politica si rispecchia fino alla fine nella tragedia personale. Così scrive Tatiana a Giulia: «Tu vivi la vita di un grande paese, che sta costruendo il futuro di tutto il mondo, tu sarai per lui una risorsa unica, ma non pensare che questa sua convinzione si basi sul fatto che si aspetti da te delle relazioni scientifiche, no, non è questo, brama solo di sentire il pulsare della vita dello Stato bolscevico, durante semplici e infinite conversazioni con te. Vive di questo». Tatiana raccoglie fino all’ultimo respiro, nella clinica romana dove Gramsci sta morendo, liberato infine ma mai libero, gli assilli del prigioniero: le accuse ai compagni, il lascito dei Quaderni che Antonio vuole nelle mani fidate delle donne della sua vita. Le tre sorelle, ricongiunte in Unione Sovietica, tenteranno invano, scrivendo direttamente a Stalin, di toglierli dalle mani del nuovo capo del Partito italiano a cui saranno invece affidate proprio da Stalin stesso. Nelle parole finali del suo libro, Vacca nomina a questo proposito la eterogenesi dei fini, che potrebbe essere usata anche per interpretare il senso profondo del suo libro, non nel senso manzoniano dell’inutilità delle azioni umane a produrre gli effetti voluti, ma nell’idea che spetta alla Storia portare alla luce il disegno complesso, contraddittorio, le conseguenze non intenzionali delle azioni degli uomini e delle donne, i cui legami e sentimenti sono spesso sottovalutati e lasciati nell’ombra.

            fonte:    l’Unità , 1 ottobre 2012

 



 

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