Esce un
libro che raccoglie la corrispondenza della scrittrice con molti grandi autori
e artisti Tra confessioni private e scambi letterari. Ci sono Luchino
Visconti e Lalla Romano, Moravia e Pasolini, la Ortese e Calvino, ma anche un
ragazzo aristocratico inglese che le scriveva parole sensuali e molto sfacciate.
Il libro è questo:
L’amata. Lettere
di e a Elsa Morante, A cura di
Daniele Morante con la collaborazione di Giuliana Zagra, Einaudi 2012.
Riproponiamo di seguito alcuni brani del libro, recensito
oggi da Elena Stancanelli su La
repubblica:
Elena Stancanelli - Gli amici di
Elsa
Scrive Goffredo Parise a Elsa Morante: «Tu
hai il dono della riflessione fuori di sé, della contemplazione, in altre
parole della fantasia creatrice… ma sei infelice, della infelicità del tutto,
della tragicità della carne e dell’apparenza breve, brevissima delle cose».
Quello che sentiamo per la scrittrice Morante è tutto in queste parole.
Maestra, mai sorella. Ha lettori devoti, il rispetto di tutti, ma incute
soggezione. In questa sua lotta tra genio e dolore, non vediamo leggerezza. Per
questo motivo L’amata (che esce ora per Einaudi) è un libro
preziosissimo, oltre che incantevole. E ricchissimo di legami, da Henze a
Rodari, dalla Ortese a Gassman, da Garboli a Bellezza fino a Sofri.
L’epistolario
di uno scrittore non è la sua biografia, piuttosto un romanzo ulteriore. Ma
ogni tanto le lettere scartano, si sfilano dal flusso di una narrazione sempre
tenuta per rivelare un gesto, una debolezza magnifica, della persona scrittore.
Leggendo L’amata, scopriamo che lei, temuta e adorata, a sua
volta adorava e temeva. Landolfi, per esempio, scrittore al quale si rivolge
come una timida ammiratrice. Pasolini, ovviamente. Lalla Romano, Calvino e
Ginzburg, sia pure con alcune eccezioni. E ogni volta che Elsa eccepisce, lo
scrive, con la sua irredimibile sincerità. Scopriamo quanto è stata amata, di
un amore sensuale e sfacciato, dal bel ragazzo inglese (si firma RTM, questo è
ciò che sappiamo di lui, e che è ricco e aristocratico, forse) che le scrive
lettere in un italiano zoppo ed esilarante, volgare e molto erotico.
Una
relazione passionale durata ben oltre la sua fine reale. Storie d’amore
parallele e intrecciate, tessute nel matrimonio che lui, Moravia, non avrebbe
mai voluto rescindere. Nel momento della crisi finale, dopo la morte di Bill
Morrow, la supplica quasi, di non lasciarlo, di non abbandonare casa e piccole
abitudini. Non ho che te, scrive Moravia, te e le scrittura e adesso entrambe
mi lasciate. Scopriamo la tenerezza disarmante di Elsa innamorata pazza di
Luchino Visconti, verso il quale si sporge dichiarandosi e offrendosi. Salvo
poi ritrattare, nelle lettere successive, firmandosi col nome dei suoi gatti.
«Riconoscermi adulta e sterile, e desiderio stravagante di essere un ragazzo»,
scrive a Landolfi parlando de L’isola di Arturo. Quel ragazzo,
quel ragazzino che avrebbe dovuto salvare il mondo e che Elsa Morante non sarà
mai. Ma la cui vivacità, il cui guizzare sotto la superficie, in queste lettere
intuiamo. E che ci seduce.
Le lettere della Morante da
Moravia a Visconti “La mia mente così disordinata”
AD ALBERTO MORAVIA ,
1950 (?)
Caro
Alberto, non riesco a dormire, e scrivo a te per dirti quello che già da molti
mesi avrei dovuto dirti, e cioè che ti prego di perdonarmi il mio comportamento
di questi ultimi tempi, e, soprattutto, di non credere mai che esso significhi
la fine del mio grande affetto per te. Se tu sapessi il disordine della mia
mente, che malgrado tutto riesco a nascondere, e l’incertezza che ho in ogni
momento, l’impressione di sterilità, e aggiunta a questa la passione veramente
strana e quasi inaudita per molti versi che mi è capitata, avresti pena di me
più ancora di quella che hai.
Non
credere che io non ti sia grata per il modo che usi verso di me e di cui mi
ricorderò sempre. Sto molto male, non so se riuscirò a ritrovare un equilibrio
in qualche cosa.Vorrei poter lavorare davvero, o amare davvero, e sarei felice
di dare a qualcuno o a qualche cosa tutto quello che posso, purché la mia vita
fosse compiuta finalmente e trovassi il riposo del cuore.
A te
voglio tanto bene, un giorno capirò che sei sempre la persona a cui voglio più
bene al mondo. Ma adesso perdonami la mia malattia. Buona notte – ti bacio
[scritto
trasversalmente su margine] Per 4 anni ho lavorato tanto, tanto che mi pare
impossibile, e a che è servito?
A LUCHINO VISCONTI, 12
OTTOBRE [1952] NOTTE
Mio
diletto Luca, perché le persone amate sono sempre così intangibili, e ambigue e
straniere? Perché il dolore non si stacca dalla loro figura adorata, che non si
osa toccare per paura di smarrirla – e perché a loro non si può dire tutto,
[parola illeggibile] spiegarsi fino in fondo? Condanna che non si sconta mai –
fino al giorno che non si ama più, e ci si accorge che spiegarsi era così
facile, ma non serve più a niente ormai.
Luca
Luca mio caro adorato la timidezza e la paura mi legano quando sono con te e
tutta la sofferenza che tu m’hai dato fa un muro fra me e te quando ti sono
davanti-aiutami anima mia vienimi incontro – se mi vuoi bene, aiutami – Caro
anima mia
A LUCHINO VISCONTI,
GENNAIO 1953
Caro
Luchino, non so se tu pensi davvero quello che m’hai scritto: cioè che io
evidentemente seguo un trattamento. Io non saprei seguire nessun trattamento,
nemmeno per le malattie. Per quello che tu dici, poi, mi pare impossibile anche
di pensarlo. Non voglio che tu lo creda, e, nel dubbio, pure se tu l’hai
scritto solo per gioco, ti rispondo con serietà.
Sarebbe
impossibile spiegarti adesso in questa lettera tante cose che non ho mai saputo
spiegarti nemmeno con la voce.
Credevo
sempre che te le avrei dette e ho rinunciato a dirtele quando ho capito che non
t’importava di saperle. Ma mi dispiace perché tu, non sapendole, certo hai
potuto considerarmi peggiore di quella che ero.
Ma
adesso è inutile parlare di questo. Mi basta solo dirti: la verità è che al
principio di questa estate, mi pare sia stato nel mese di Giugno, io m’ero
offesa con te, a un punto tale, che credevo di essere offesa definitivamente.
Ma io non posso rimanere molto tempo offesa con te; quando partii, in luglio,
non lo ero già più. E il mio desiderio di rivederti era tornato lo stesso di
prima; ma purtroppo m’ero convinta oramai che a te non importava nulla di
vedermi.
Ti
prego di capire adesso che io qui non parlo davvero di amore. Prima di tutto,
devo dirti con molta semplicità che, nemmeno quando ero più bella, io non sono
stata mai amata da nessuno, e quindi non ho mai pensato seriamente che tu
potessi amarmi. Certo, siccome io ti amavo molto, c’è stato un tempo in cui
desideravo, se tu lo avessi voluto, essere la persona più vicina a te nella
vita. Questo non te l’ho mai nascosto, finché era vero. Ma è finito da molto
tempo, e cioè, per farti capire da quando, fin dal tempo del mio ritorno dalla
Grecia e della Mostra dei Gatti, nel 1951. Anche fuori della tua volontà,
rifurono allora delle altre cause per cui io dovetti levarmi dalla mente certe
speranze e pensieri. Da principio mi era difficile riuscirci, e forse, per
questo, in quel periodo il mio carattere ti sarà sembrato anche peggiore del
solito. Ma alla fine, oramai da più di un anno fa, riuscii a non pensarci più.
Se tu mi avessi frequentato di più, in questo periodo, avresti potuto capirlo.
Io, a ogni modo, ho cercato di fartelo capire. E anzi, dopo averne sofferto,
ero contenta che fra noi non ci fossero più motivi di confusione, e che tu non
dovessi più sospettare di me come di una persona che desiderava di entrare
nella tua vita e di limitare la tua libertà in nessun modo. [interrotta]
A PIER PAOLO PASOLINI,
GENNAIO 1965
Caro Pier Paolo, avevo appena finito di scrivere, in
risposta alla tua lettera, un’altra mia lettera, dove discutevo le tue ragioni
con le mie ragioni. Ma adesso, alla fine, sono presa da un impeto d’affetto,
che d’un tratto mi fa capire la mia presunzione di ragionare con te su cose che
tu sai già e che, in fondo, non hanno valore a paragone della ragione più
forte, e anche più giusta, che è la vita. Tu vuoi salvare il tuo film da tutti
questi mostri che te lo minacciano, in qualche modo: cioè dai Farisei, dai
poveri, dagli interventi intempestivi di Laura Betti, dai «comportamenti
furenti» di G. Morante, magari anche da Carlo Marx e da Gesù in persona, se
s’intromettono con le loro giustizie e sapienze. Loro avranno magari le loro
ragioni, ma la tua ragione è la vitalità, che vuole diventare questo film. È
una ragione simpatica, secondo me, e che pure con gli intervalli di miei
«comportamenti furenti» commuove più di tutto e mette allegria….
Avrò altri intervalli di «comportamenti furenti» ma
infine, dal fondo della mia vecchiezza che allora sarà addirittura
decrepitezza, ti farò un sorriso per dirti che tu sei sempre una delle
pochissime carissime migliori persone del mondo. E adesso per carità,
nonritornare sulla tua «patologia di diverso e di reietto». C’è un famoso verso
del Sandro Penna che dice: Beato chi è diverso, essendo egli diverso…. Mentre
quelli che tu chiami i grandi e i normali, lo sai benissimo che in qualche caso
sono degli stronzi – Dio li assista. Ti abbraccio – Sperando di rivedere presto
un bellissimo film.
DA TOMMASO LANDOLFI A ELSA MORANTE, DICEMBRE 1957
Cara
Elsa, la notte che ebbi la Sua, Le scrissi una lettera selvaggia. Sarà giusto
non averla spedita? Se c’è colpa me ne confesso (mi intenda, non nell’averla
scritta: nel non averla spedita); ma in realtà è soltanto di me stesso che non
mi son troppo fidato. Devo invece ringraziarLa in primo luogo della Sua
lettera medesima, e poi delle tante buone parole. A Sua volta Lei non può
sapere che cosa significa l’attenzione di un’amica intelligente e sensibile per
chi (mio Dio, riprendiamo pure le Sue parole) «abbia scelto di vivere isolato».
– E spero che ciò sia per incoraggiarLa. Non sia amara: non è in fondo
pericoloso interrogare nasi e proboscidi in remoti villaggi cinesi. Più
pericoloso è… cara Elsa, mi par proprio d’essere allo stremo delle forze: non
per un’arte nella quale non ho saputo fornire che prove mediocri e marginali,
ma per una vita anche oscura, anche indegna, com’è la mia. La tentazione si fa
sempre più forte. Io passerò l’inverno qui (da buon valetudinario), se mai Le
venisse in testa di scrivermi ancora. Le faccio tanti auguri per tutto e Le
invio grati ed affettuosi saluti.
SPLENDIDE LETTERE!
RispondiEliminaLa Lettera che la Morante scrive a Luchino Visconti vorrei sapere in che pagina è?
RispondiEliminaValentina non ho il libro sottomano. Se la cosa ti serve davvero e non puoi comprare il libro puoi fare un salto in biblioteca
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