26 ottobre 2012

LE PIAZZE E I CUORI VUOTI 1 e 2




Da un lungo ma stimolante articolo pubblicato ieri da http://www.democraziakmzero.org/2012/10/25/le-piazze-vuote-di-sicilia/  riprendo il brano seguente: 

“La Sicilia manifesta senza ghirigori retorici lo scacco ultimo di fronte a cui sono posti gli istituti della rappresentanza democratica, in Italia e non solo: siamo così certi che gli sguardi dei siciliani nelle piazze di Catania, Alcamo, Marsala, Messina, osservino Grillo? Ascoltino Grillo? Siamo così certi che i siciliani, così restii a credere ai Messia, siano improvvisamente divenuti ‘credenti’? Non troviamo forse, in quelle piazze, spiriti diversi che, per un momento riuniti insieme dalla stessa necessità, potrebbero essere pronti a dividersi? A separarsi?”.



         Leonardo Sciascia aveva capito tutto fin dal lontano 1956:

"... la verità è che in Sicilia la politica sempre diventa affare di tribù, e il membro più autorevole o rappresentativo di solito si tira dietro tutta la tribù fino agli affini e ai famigli: e un partito politico diventa come una gabella di latifondo". (Le parrocchie di Regalpetra)

        Purtroppo la realtà in Sicilia, mutatis mutandis, non è cambiata molto da allora. Ma, per fortuna, c’è oggi qualche giovane in più che, pur riponendo ingenuamente la sua fiducia in un movimento che non ha futuro, mostra una voglia di cambiamento che  colpisce:




“ Costruttivo e significativo. Questo è quello che ho pensato, ieri sera, uscendo dal Barbagianni Art Pub di Marineo, dopo un incontro informale con alcuni esponenti del “Movimento 5 Stelle”, candidati alle prossime elezioni regionali siciliane. Costruttivo per la completa apertura al dialogo su tutti i fronti, diretto ed esaustivo a livello di riposte e chiarimenti; significativo per capire il punto di vista di chi, semplice cittadino, sta mettendo la propria personalità e capacità per attuare quella che vuole essere a tutti gli effetti una rivoluzione, a partire dalla mentalità, dalla cultura, per arrivare al cuore dei centri di potere e scardinare quei sistemi, quelle logiche, quei modi di fare che hanno portato la nostra terra allo sfascio. L’atmosfera che si respirava ieri era quella di un tranquillo confronto a viso aperto su tematiche, o meglio problematiche, che riguardano la nostra terra di tutti i generi e tipi. Non c’era un palco, né un microfono, e ciò ha totalmente annullato quella “distanza” che intercorrere e si avverte negli altri comizi tra candidati e cittadini, e forse proprio questo che mi ha fatto avvertire, un senso di democrazia, nel momento in cui ho capito tramite i vari confronti, che il parere, non solo il mio ma di tutti i presenti, per loro contava veramente qualcosa, erano attenti alle nostre domande, attenti a soddisfare i nostri dubbi e a chiarirci le idee. Ciò in qualche modo mi ha colpito, facendomi riflettere su quanto conta la partecipazione attiva di ogni singolo, con le proprie idee, con le proprie capacità di mettersi in gioco, e ciò che più mi piace è la loro vicinanza a livello “sociologico”: per esempio, io faccio fatica a riconoscermi in maniera simile ad un politico o agli altri candidati alla regione, mentre ieri ho avvertito la vicinanza di queste persone alla normalità, al semplice cittadino, a me. Giorgio Ciaccio, Samanta Busalacchi, Giovanni Sardisco, questi i nomi dei tre esponenti presenti ieri, si sono presentati come gente normale, semplici cittadini, che 3-4 anni fa, non riconoscendosi nella società in cui vivevano, hanno deciso di mostrare il proprio dissenso partecipando attivamente a una forma di cambiamento, poi diventata il “Movimento 5 stelle”, da li le prime esperienze, l’avvicinamento a quelle che sono le dinamiche politiche, e il portare avanti un’idea coinvolgendo direttamente la gente. Io penso che questo “cursus honorum”, volendo forzare l’accezione, sia il migliore e lo preferisco a chi utilizza logiche mafiose e clientelari per farsi un nome, per arrivare al palazzo dei potenti e non fare nulla per i cittadini; questo potrebbe realmente essere un nuovo corso, un nuovo modo, quello giusto, di fare la cosiddetta rivoluzione, che non si attua con la forza o con le armi, ma cambiando la mentalità, risvegliando la coscienza della gente, convertendola in serietà, trasparenza, legalità, e partecipazione di tutti. Riusciranno, riusciremo, in questo intento? Una prima risposta la potremmo avere dopo il 28 ottobre prossimo; nel frattempo, riflettiamo sul fatto di poter, per una volta, dare fiducia a un’idea lontano dalle logiche politiche mafiose, clientelari e di scambio; e affidare la guida del potere a gente comune che come noi ha sete di riscatto e di speranze in una terra quanto meravigliosa tanto difficile come la nostra.”





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