24 ottobre 2012

MOSTRA A ROMA IN OMAGGIO A ELSA MORANTE




Riproponiamo l’introduzione di GOFFREDO FOFI al catalogo della mostra  in corso presso la Biblioteca Nazionale di Roma, per il centenario della nascita della grande scrittrice.

Elsa Morante, la ricerca grave e felice del vero

La sua vicenda

È ricostruibile attraverso le sue opere e molti saggi scritti da quelli che furono i «ragazzini» a cui amava rivolgersi.

Il suo carattere

Libera da qualsivoglia soggezione agli idoli del suo tempo, orgogliosa di saper guardare in faccia il drago dell’irrealtà e di sapere sfidarlo
Elsa Morante ci ha lasciati nello stesso anno in cui, appena prima di lei, ci aveva lasciato Italo Calvino. Due anni dopo volle andarsene Primo Levi. Poi, nell’ordine, toccò a Sciascia, Moravia, Fortini, Anna Maria Ortese, più tardi a Bobbio e Revelli, ad alcuni grandi poeti come Amelia Rosselli, Giudici e Zanzotto e solo poche settimane fa un grande dimenticato, Roberto Roversi, il più schivo tra loro. Dieci anni prima di Elsa e di Calvino erano morti Carlo Levi e Pier Paolo Pasolini. È scomparsa insomma una generazione – una grande generazione – che ha fatto da fratelli e sorelle maggiori per molti, da padri e madri per altri venuti dopo, e di cui non si vede oggi l’equivalente, nella superficialità della cultura italiana del nostro tempo dominata dal culto dell’apparenza, del denaro, della chiacchiera. Sono ben pochi gli artisti e gli intellettuali che mostrano di avere a cuore non solo la loro opera, ma il «bene comune» degli uomini e quello, in particolare, del nostro Paese, malato di accidia più che d’ogni altro male. Nel perseguimento della propria arte, nella massima esigenza dimostrata nei confronti della propria opera, del proprio «dire» – criticare e proporre – la loro preoccupazione era anche quella del «fare», del contribuire alla nostra crescita morale e civile senza mai diventare dei tribuni e dei retori, senza mai rinunciare ad andare a fondo nel proprio campo, seguendo la propria vocazione, la propria strada.
Elsa Morante, con II mondo salvato dai ragazzini e con La Storia, ha saputo e voluto dialogare con una generazione che ha scelto in definitiva di voltarle le spalle aprendo la strada alle generazioni della dimenticanza, quelle che hanno preferito trascurare le responsabilità del Vero e del Solidale. Ma non ha fatto soltanto questo, Elsa Morante, anche se questo pochi amano ricordare, e le sue opere – rare e diverse, rare e perfette – sono destinate a restare tra le più alte del suo tempo e del secolo trascorso. La sua personalissima traversata del secolo è ricostruibile attraverso i suoi scritti e ripercorribile con l’aiuto ormai di molti saggi e interventi, scritti perlopiù, non a caso, da donne. E qualcuno da coloro, maschi o femmine, che furono i «ragazzini» a cui ella in primo luogo amava rivolgersi.
Oggi, col favore degli anniversari, Elsa Morante è finalmente riconosciuta, da tutti o quasi, per ciò che è stata: uno dei maggiori se non il maggiore dei nostri scrittori del Novecento. Ma su questo sta ad altri insistere, qui preme anzitutto il ricordo della persona e il rapporto intercorso tra la persona e l’opera, documentabile attraverso lettere e manoscritti, foto e disegni e i prodotti – i libri – del suo lavoro, le tappe della sua vita e i materiali della sua ricerca, e infine il suo confronto con la storia che si è trovata a fronteggiare, quella Storia dal cui peso e dalla cui violenza nessuno può dirsi salvo. Presente al suo tempo e insieme al di sopra del suo tempo, ecco Elsa bambina e giovane, adulta e vecchia, ed ecco le sue opere; ecco una donna che si è ribellata alle costrizioni e limiti della condizione umana e alla funerea invadenza delle divisioni sociali, e ha cercato il dialogo con gli ultimi e con i bambini, con «gli analfabeti» per i quali scrivere e con i Felici Pochi da lei amati, e in qualche faticata maniera presi a modello, i profeti e gli artisti, i filosofi e finanche i politici, e tutti coloro che hanno creduto nella liberazione dell’uomo dalle sue catene e hanno speso in questo la loro energia, fedeli alla loro più intima e nobile persuasione.
Libera da qualsivoglia soggezione agli idoli del suo tempo, convinta del valore supremo della Poesia e dell’Arte come il più solenne campo dell’attività umana, orgogliosa di saper guardare in faccia il drago dell’irrealtà e di sapere sfidarlo, esente da qualsiasi provincialismo e da qualsiasi opportunistica bassezza, Elsa Morante ha vissuto una vita, nei limiti del possibile, autentica anche se non sempre autonoma. In un mondo che non sembra più credere a nessun insegnamento non egoistico, a nessun futuro degno di quanto l’uomo è stato capace nei suoi momenti migliori – e i cui governanti oggi più che mai sembra dimentichino le loro responsabilità verso il domani e i cui intellettuali non sembrano più capaci di nessuna rivolta, portatori di nessuna proposta di liberazione – è augurabile che ripercorrere i momenti della biografia di Elsa Morante, straordinaria nel suo rigore e semplice nelle sue forme, e di una produzione letteraria e che ha saputo riunire e fondere fiaba e realtà, presente ed eterno, arte e religione, fiducia e delusione, amore e disperazione, porti a una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’arte come apertura all’altro e ricerca, grave e felice, del vero.

Fonte:  Corriere della Sera 23 ottobre 2012

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