Riproponiamo l’introduzione di GOFFREDO FOFI al catalogo della mostra in corso presso la Biblioteca Nazionale di Roma, per il centenario della nascita della grande scrittrice.
Elsa Morante, la ricerca grave e felice del vero
La sua vicenda
È
ricostruibile attraverso le sue opere e molti saggi scritti da quelli che
furono i «ragazzini» a cui amava rivolgersi.
Il suo carattere
Libera
da qualsivoglia soggezione agli idoli del suo tempo, orgogliosa di saper
guardare in faccia il drago dell’irrealtà e di sapere sfidarlo
Elsa
Morante ci ha lasciati nello stesso anno in cui, appena prima di lei, ci aveva
lasciato Italo Calvino. Due anni dopo volle andarsene Primo Levi. Poi,
nell’ordine, toccò a Sciascia, Moravia, Fortini, Anna Maria Ortese, più tardi a
Bobbio e Revelli, ad alcuni grandi poeti come Amelia Rosselli, Giudici e
Zanzotto e solo poche settimane fa un grande dimenticato, Roberto Roversi, il
più schivo tra loro. Dieci anni prima di Elsa e di Calvino erano morti Carlo
Levi e Pier Paolo Pasolini. È scomparsa insomma una generazione – una grande
generazione – che ha fatto da fratelli e sorelle maggiori per molti, da padri e
madri per altri venuti dopo, e di cui non si vede oggi l’equivalente, nella
superficialità della cultura italiana del nostro tempo dominata dal culto
dell’apparenza, del denaro, della chiacchiera. Sono ben pochi gli artisti e gli
intellettuali che mostrano di avere a cuore non solo la loro opera, ma il «bene
comune» degli uomini e quello, in particolare, del nostro Paese, malato di
accidia più che d’ogni altro male. Nel perseguimento della propria arte, nella
massima esigenza dimostrata nei confronti della propria opera, del proprio
«dire» – criticare e proporre – la loro preoccupazione era anche quella del
«fare», del contribuire alla nostra crescita morale e civile senza mai
diventare dei tribuni e dei retori, senza mai rinunciare ad andare a fondo nel
proprio campo, seguendo la propria vocazione, la propria strada.
Elsa
Morante, con II mondo salvato dai ragazzini e
con La Storia, ha saputo e voluto dialogare con una
generazione che ha scelto in definitiva di voltarle le spalle aprendo la strada
alle generazioni della dimenticanza, quelle che hanno preferito trascurare le
responsabilità del Vero e del Solidale. Ma non ha fatto soltanto questo, Elsa Morante,
anche se questo pochi amano ricordare, e le sue opere – rare e diverse, rare e
perfette – sono destinate a restare tra le più alte del suo tempo e del secolo
trascorso. La sua personalissima traversata del secolo è ricostruibile
attraverso i suoi scritti e ripercorribile con l’aiuto ormai di molti saggi e
interventi, scritti perlopiù, non a caso, da donne. E qualcuno da coloro,
maschi o femmine, che furono i «ragazzini» a cui ella in primo luogo amava
rivolgersi.
Oggi,
col favore degli anniversari, Elsa Morante è finalmente riconosciuta, da tutti
o quasi, per ciò che è stata: uno dei maggiori se non il maggiore dei nostri
scrittori del Novecento. Ma su questo sta ad altri insistere, qui preme
anzitutto il ricordo della persona e il rapporto intercorso tra la persona e
l’opera, documentabile attraverso lettere e manoscritti, foto e disegni e i
prodotti – i libri – del suo lavoro, le tappe della sua vita e i materiali
della sua ricerca, e infine il suo confronto con la storia che si è trovata a
fronteggiare, quella Storia dal cui peso e dalla cui violenza nessuno può dirsi
salvo. Presente al suo tempo e insieme al di sopra del suo tempo, ecco Elsa
bambina e giovane, adulta e vecchia, ed ecco le sue opere; ecco una donna che
si è ribellata alle costrizioni e limiti della condizione umana e alla funerea
invadenza delle divisioni sociali, e ha cercato il dialogo con gli ultimi e con
i bambini, con «gli analfabeti» per i quali scrivere e con i Felici Pochi da
lei amati, e in qualche faticata maniera presi a modello, i profeti e gli
artisti, i filosofi e finanche i politici, e tutti coloro che hanno creduto
nella liberazione dell’uomo dalle sue catene e hanno speso in questo la loro
energia, fedeli alla loro più intima e nobile persuasione.
Libera
da qualsivoglia soggezione agli idoli del suo tempo, convinta del valore
supremo della Poesia e dell’Arte come il più solenne campo dell’attività umana,
orgogliosa di saper guardare in faccia il drago dell’irrealtà e di sapere
sfidarlo, esente da qualsiasi provincialismo e da qualsiasi opportunistica
bassezza, Elsa Morante ha vissuto una vita, nei limiti del possibile, autentica
anche se non sempre autonoma. In un mondo che non sembra più credere a nessun
insegnamento non egoistico, a nessun futuro degno di quanto l’uomo è stato
capace nei suoi momenti migliori – e i cui governanti oggi più che mai sembra
dimentichino le loro responsabilità verso il domani e i cui intellettuali non
sembrano più capaci di nessuna rivolta, portatori di nessuna proposta di
liberazione – è augurabile che ripercorrere i momenti della biografia di Elsa
Morante, straordinaria nel suo rigore e semplice nelle sue forme, e di una
produzione letteraria e che ha saputo riunire e fondere fiaba e realtà,
presente ed eterno, arte e religione, fiducia e delusione, amore e
disperazione, porti a una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’arte
come apertura all’altro e ricerca, grave e felice, del vero.
Fonte: Corriere della Sera 23 ottobre 2012
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