Pasolini qualche mese prima dell'uscita del suo ultimo film "Salò o le 120 giornate di Sodoma" rilascia al Corriere della Sera in forma di autointervista una serie di dichiarazioni in cui cerca di spiegare cosa c'entri la Repubblica Sociale di Salò con l'opera del marchese de Sade:
1.
IL
SESSO COME METAFORA DEL POTERE
- C'entra, c'entra, perché de Sade è stato appunto il grande poeta
dell'anarchia del potere.
- Come?
- Nel potere - in qualsiasi potere, legislativo ed esecutivo - c'è qualcosa di belluino. Nel suo codice e nella sua prassi, infatti, altro non si fa che sancire e rendere attualizzabile la più primordiale e cieca violenza dei forti contro i deboli: cioè, diciamolo ancora una volta, degli sfruttatori contro gli sfruttati. L'anarchia degli sfruttati è disperata, idillica, e soprattutto campata in aria, eternamente irrealizzata. Mentre l'anarchia del potere si concreta con la massima facilità in articoli di codice e in prassi. I potenti di Sade non fanno altro che scrivere dei regolamenti e regolarmente applicarli.
Pier Paolo
Pasolini. "Il sesso come metafora del potere" Il Corriere della Sera,
25 marzo 1975, p.15.
1 Pochi giorni dopo la morte di #Pasolini, e precisamente il 7 novembre 1975, lo stesso giornale pubblica un testo inedito del poeta indirizzato a presentare-spiegare il suo ultimo film: Perché ho fatto "Le 120 giornate di Sodoma". Ecco il testo integrale:
"Ora
cos'è, infine, il senso di un'opera? È la sua forma. Il messaggio è quindi
formale: e, appunto per questo, illimitatamente carico di tutti i contenuti
possibili purché coerenti (in senso strutturale) tra loro.
Gli elementi
stilistici - su cui ho costruito il mio film - sono quattro.
1)
Accumulazione di caratteri quotidiani di vita borghese ricca e perbene
(doppiopetti, decoltées con rispettabili lustrini e decorose volpi bianche,
pavimenti lucidi, tavole sobriamente apparecchiate, raccolte di quadri d'arte
in parte degenerata (un po' di fronda intellettuale) in parte futurista e
formalista: linguaggio medio, corrente, burocratico, preciso fin quasi
all'autocaricatura.
2)
Ricostruzione adombrata della cerimonia nazista (la sua nudità, la sua
semplicità militaresca e nel tempo stesso decadente, il suo vitalismo ostentato
e glaciale, la sua disciplina come armonia artificiale tra autorità e
obbedienza, eccetera.
3)
Accumulazione ossessiva fino al limite (credo) della tollerabilità dei
"fatti" sadici, ritualizzati e organizzati, è vero, ma talvolta anche
affidati al "raptus".
4)
Correzione ironica di tutto questo, attraverso un umorismo che talvolta esplode
in dettagli di dichiarata e sinistra comicità: per cui tutto improvvisamente
vacilla e si presenta come non vero e non creduto, a causa appunto del
satanismo granguignolesco della propria autocoscienza.
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