08 ottobre 2013

IL POPOLO CHE MANCA...








In un libro postumo di Nuto Revelli le leggende, i miti, la religione delle campagne piemontesi raccontate dalle testimonianze di tanti anonimi protagonisti. Un libro da leggere.


Esce in questi giorni Il popolo che manca di Nuto Revelli. Anticipiamo alcune delle testimonianze inedite raccolte nel volume

La strega bruciata

Mia mamma veniva da Monticello e raccontava che c’e una a Pocapaglia, la masca (strega) Miciulina. Passava sempre dai vicini, li aiutava nei lavori in campagna, ma era propr una masca. Poi l’han bruciata, è proprio la verità. Un panettiere l’ha messa sop un fasiné(sopra una fascina), l’ha bruciata viva, perché faceva del male, faceva rompere le gambe, dicevano che era lei, l’hanno bruciata. Ma lei l’ha conosciuta ancora.

Il latte levato

Sí che ho sentito parlare d’Cin d’Luleta, püpava le fumne, toglieva il latte. Meom püpava sempre, ’n po da na part e ’n po da l’àutra. Era normale farci togliere il latte, il latte faceva bene a chi lo succhiava, il latte delle donne è meglio di quello delle vacche, era necessario farlo. Il latte delle donne fa ingrassare, quelli che succhiavano il latte ingrassavano, rifiorivano, un viso rotondo cosí.



La Bibbia

Sarà quasi da cinquant’anni che leggo la Bibbia. Non sono mai stato ammalato, mi dà serenità la Bibbia, trovo molti esempi che mi insegnano a non fare del male agli altri, capo primo. Mi trovo male in mezzo alla popolazione di oggi. Io sono sempre allegro, mi piace fare le cene, mangiare e bere, con qualche amico, due o tre. Vado poco in paese. C’è troppa invidia. Anche tra vicini si portano odio. Che modo è di vivere senza aiutarsi uno con l’altro. Allora io prendo la macchina vado ad Alba.
La Bibbia la leggo mattino e sera. Che uno creda o non creda che ci sia un Supremo può leggere la Bibbia. Secondo me Dio ci ha lasciati liberi, chi crede crede, chi non crede… con la Bibbia mi trovo bene, lì ci sono molti esempi che non ci sono su altri libri.
In chiesa non vado mai. Vado a qualche sepoltura degli amici. Non mi trovo ad andare in chiesa perché ho visto che ha fatto tanti errori la chiesa secondo me. Ha sbagliato. Sono andato una volta dai Geova ad Alba.

Il rabdomante

Andavo co a segnè l’eva, il rabdomante. Ho letto nella Bibbia che è anche proibito. Tutti gli acquedotti che hanno fatto. Mi ci sono messo da giovane. Un pendolo con un’asta di nocciolo. Un orologio da tasca, o un pendolo, o un piombino… Il piombino per sapere sempre più o meno la profondità, e la verga per trovare il punto dov’è. Poi faccio una croce dove sento che c’è l’acqua e so dire la profondità, se non c’è roccia, un metro più un metro meno. Ho trovato più di duecento pozzi. E c’è chi ti vuole bene e chi ti prende in giro. Poi non ti danno niente, se possono non ti danno niente. Loro guadagnano dei milioni, quelli che fanno lo scavo… a me danno cinquemila lire.


Gesù e i temporali

Qui, per tradizione, come incomincia a tempestare la gente brucia un ramo d’olivo benedetto o dà fuoco a una fascina. Chi piange, chi prega, chi bestemmia. I vecchi credono nella scaramanzia, come losnadicono: «Oh Gesú Maria…» sperando di tenere lontani i fulmini. Si racconta che nei tempi passati c’era chi legava il crocefisso a una corda, e poi lo trascinava lungo i filari, e imprecava dicendo: «Guarda un po’ che cosa hai fatto!»

Non ci credo che l'uomo vada sulla luna

Se ci credo che l’uomo va sulla luna? Non ci credo. Saranno anche andati… Anche Minetu non ci crede. Una cosa è sicura, hanno sconvolto tutta l’atmosfera… ma noi non siamo intelligenti da capire… Mia nonna è morta nel 1927 all’età di ottantacinque anni, era nata nel 1842. Diceva sempre: «Questo secolo è il secolo delle invenzioni, è un secolo crudele, un secolo di guerre. Il secolo che verrà, il secolo del 2000, se il mondo andrà ancora avanti, sarà il secolo dell’ignoranza». Forse, se ricordo bene, queste profezie le aveva imparate dal parroco di allora.

La desmèntia (Togliere il malocchio)

Credevamo alle masche, l’aviu na pau santa d’le masche . Contavano tante storie. Alla frazione Giaculet c’erano tante masche. C’erano delle donne che la gente dicevano che erano masche, noi stavamo sempre ritirati perché avevamo paura. Erano poi masche vere?
Nel 1927 una ragazza di undici anni, una dell’ospedale, Maddalena, vedeva una Madonna nelle fessure delle nostre rocche. Saliva tanta gente fin lassú, venivano anche da lontano, portavano via la terra a grossi pacchetti. C’erano delle donne che giuravano di vedere anche loro la Madonna: «Oh, mi l’ei vista, mi l’ei vista ».
Mi sun na desmentiòura. Tolgo il male da una gamba o da un braccio. Quando l’acqua bolle allora la verso in un piatto col túpinet (pentolino). L’acqua allora monta tutta su nel túpinet rovesciato sul piatto, sparisce dal fondo del piatto, che pruvidensa del Signur, neh? Se la desmèntia va male l’acqua non monta. E bisogna sempre pregare facendo la desmèntiae pregare un bel po’ non fa poi del male, fa bene. Me l’ha insegnata mia madre la desmèntia.
E l’ho già insegnata alle mie figlie.

La valanga

Toni Bartavlon, abitava sotto la badia in una casa un po’ isolata. Tutte le mattine all’alba era solito dare la sveglia ai vicini, giapava: «Oh, seve ’ncu ’ndürmí?» (Dormite ancora?). Un mattino i vicini si stupiscono: «Stamattina Toni non è venuto».
E guardano a monte: «Oh crispa, j’è pi nen la ca» (Non c’è più la casa). Nella notte era scesa la valanga, aveva coperto la casa, dalla neve spuntava solo il ciuffo di un castagno. Allora forano la neve, scavano una galleria, arrivano alla porta per delivrelu (liberarlo). Toni Batlavon era tranquillo, in casa: credeva che fosse ancora notte, erano le due dopo mezzogiorno.


Massimo Novelli - Quel coro dei vinti dalla storia

È il coro di un mondo poverissimo e perduto. Sono le voci di uomini, di donne, di vecchi e di bambini delle montagne, delle colline e della pianura della provincia di Cuneo, scarnificate e desertificate per sempre negli anni Sessanta del Novecento, prima dalle guerre, poi dalla fame e dall'emigrazione. È la geografia della sconfitta dei montanari e dei contadini che Nuto Revelli, ufficiale degli alpini in Russia e comandante partigiano, compose tra il 1977 e il 1985, attraverso decine di interviste con il magnetofono ai sopravvissuti, nei libri Il mondo dei vinti e L' anello forte, entrambi pubblicati da Einaudi.

Ora i "vinti" e le "vinte" di Revelli, nell' approssimarsi del decennale della sua morte avvenuta nel febbraio del 2004, riprendono la loro narrazione in un nuovo volume, che raccoglie testimonianze già conosciute, così come diverse inedite e mai utilizzate, depositate alla Fondazione Nuto Revelli di Cuneo. Si chiama Il popolo che manca questo libro che sta per uscire presso Einaudi, innervato dalle belle fotografie scattate da Paola Agosti all' epoca dei viaggi con Revelli per borgate, baite isolate, villaggi ormai di fantasmi.

È stata Antonella Tarpino, vincitrice con Spaesati dell' ultimo Premio Bagutta e anima della fondazione cuneese con il marito Marco Revelli, il figlio di Nuto, a riordinare le interviste del Mondo dei vinti e dell'Anello forte. Lo ha fatto dando un senso di coralità e di tematicità (nascita, lavoro, credenze soprannaturali, guerre, solitudini), di identità culturale collettiva, che prima lasciavano il passo a una dimensione più fortemente e giustamente biografica, allora, di ognuna di quelle vicende.

Ma la curatrice ha voluto scegliere nel giacimento prezioso della Fondazione Revelli, tra le tante interviste non usate per i libri, anche il Nuto più "segreto". Si tratta di storie e di testimonianze da lui non pubblicate, a volte, per pudore e rispetto verso i testimoni. Storie tra fede popolare e magia, medicina primordiale e "cultura arcaica e tenace" nella lotta per la sopravvivenza nelle vallate misere del cuneese; racconti di preti ubriaconi e di masche (streghe) presunte, di rabdomanti e di levatrici, di bambini dati in affitto dalle famiglie per svolgere i lavori più svariati in Francia e di mercanti di trecce femminili. Tra storie edite e inedite, dal Popolo che manca. come spiega la Tarpino nell'introduzione, riecheggia, sussurra, urla un «unico grande racconto» di un universo umano davanti a «un' imminente tragica fine».


(Da: La Repubblica del 7 ottobre 2013)

























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