01 luglio 2013

DOMANDE INERMI CHE NON AVRANNO RISPOSTA...




Oggi non posso non riprendere, facendole mie, le domande inermi  di un amico carissimo con cui è sempre piacevole oltre che stimolante dialogare. Le riprendo dal suo blog:
 http://rosso-malpelo0.blog.kataweb.it/2013/07/01/domande-inermi/


Anni fa, all’incirca nella prima metà degli anni 2000, presi delle note nel vano tentativo di capire perché la società, nel suo complesso, avesse smarrito alcune certezze di ordine politico e sociale che prima sembravano acquisite dal senso comune, e ciò grazie alle dure battaglie politiche e sindacali condotte dal dopoguerra fino alla “porta-baratro” degli anni ‘80. Un senso di smarrimento di cui si avvertivano segnali sempre più inquietanti nell’atteggiamento contro gli immigrati, nella stabilizzazione del blocco sociale berlusconiano, nell’incapacità della sinistra di organizzare una risposta politica adeguata. In questo percorso di annotazioni (svolto a ritroso nel tempo per capire dove si collocassero i luoghi di tale ’smarrimento’) mi imbattei in varie questioni, una di queste riguardava la strategia della tensione, il golpe borghese, etc. Riprendo una di quelle annotazioni (forse un po’ lunga) per ricordare a me stesso alcune  riflessioni e, ancora di più, alcuni fatti.
In realtà ciò che mi colpisce adesso rivedendo quei fatti lì, e confrontandoli con la nostra deprimente attualità (incapacità storica della sinistra di indicare una via d’uscita, avanzato stato di decomposizione dell’intera vicenda politico - sociale del paese,etc.), è che allora il paese non meritava quella classe dirigente inquinata, falsa, golpista e pericolosissima e che oggi, invece, sembriamo meritarci lo squallido panorama umano e politico che ci viene dato e, con esso, le nefaste conseguenze nella vita di ciascuno di noi.
Communia
Domande di un cittadino inerme ad uso di uno imberbe.
[...] Non può considerarsi definitivo questo veloce tratteggio se non si introduce una delle questioni che oggi (più di ieri) ci appare cruciale: la violenza.
Questo è uno degli elementi della storia, con la “S” maiuscola, che determina gli esiti del movimento degli anni ‘70. Ha riguardato tutte le organizzazioni della sinistra extraparlamentare che hanno svolto attivamente il loro ruolo in quegli anni.
Il punto da cui partire è proprio questo : “quegli anni”.
Fino ad ora si è cercato di restituire vita a quella/e generazioni attraverso la forza e il coraggio delle loro idee: la determinazione che portava quei ragazzi, da studenti o da operai che fossero, a trascorrere gli anni più belli davanti ai cancelli di una fabbrica, in lunghe e faticose riunioni, in elaborazioni di documenti, in volantinaggi, in manifestazioni di piazza e negli inevitabili scontri coi fascisti. Non erano anni in cui operavano mediazioni, le idee e la lotta di strada erano direttamente collegati. Gli ideali pacifisti avevano ancora molta strada da percorrere, il virgulto degli anni ‘60 (la non violenza, Martin Luther King, lo slogan peace and love, etc.) era stato schiacciato dallo scontro generazionale e, in modo più imponente, dallo scontro sociale capitale/lavoro, che percorreva asimmetricamente l’occidente attraversando ed intrecciando trame con gli equilibri/squilibri della guerra fredda, in modi che ancora restano sospesi. Lo testimonierà quella che sarà definita come la strategia della tensione, bombe e attentati che vedono come protagonisti fascisti e servizi segreti, pezzi delle istituzioni e del potere politico e tentativi di golpe. Questo scenario sembra avere un inizio.
Un evento, in Italia, in effetti, segnerà il passaggio da una stagione ad un’altra : la strage di piazza Fontana. E’ il 12 dicembre 1969, sono le ore 16.37, una bomba esplode dentro la Banca Nazionale dell’Agricoltura nel centro di Milano. Restano sul terreno 17 cadaveri e ottantuno feriti.
In piazza Fontana, secondo l’analisi di Marco Revelli [uno dei leader di LC], è andato i pezzi anche il sessantotto (…) <Il sessantotto era stato un movimento pacifista e nel contempo antagonista, in cui avevano convissuto il rifiuto radicale della violenza e l’esaltazione della violenza delle varie guerre di liberazione: si poteva sfilare con il simbolo dei pacifisti e gridare ‘ vietcong vince perché spara’ senza avvertire una reale contraddizione : anche perché nel grande teatro del sessantotto la violenza era mimata, ritualizzata, virtuale. Tutto questo finì in piazza Fontana. Qui lo stato violento si rivelò al di là di ogni aspettativa: organizzava le stragi, depistava le indagini, arrestava innocenti, ne uccideva uno, Pinelli, oltretutto con l’avallo di alcuni giornali e della tv. Il 12 dicembre rappresentò al scoperta di una dimensione imprevista della lotta politica e anche la rivelazione dell’ampiezza del fronte contro cui dovevamo batterci. Fu allora che saltò la costruzione teorica di Lotta Continua, che entrò in crisi l’idea della violenza come risposta: di fronte a uno Stato che metteva le bombe in una banca, in astratto qualsiasi risposta poteva essere commisurata e dunque lecita.” (1)
Quello che afferma Revelli era condiviso da tutta la sinistra. Tuttavia non esiste, a 38 anni della strage, una verità processuale. Ben sette processi si susseguiranno. La questura di Milano batterà inizialmente la pista anarchica, in un clima di caccia alle streghe e secondo il più becero ed ottocentesco luogo comune dell’anarchico bombarolo.
Il risultato sarà di aggiungere un’altra tragedia e un altro morto: la retata che aveva portato ad arrestare circa ottanta anarchici ebbe come esito, a tre giorni dalla strage, la morte del ferroviere Giuseppe Pinelli. Anche qui un processo, dall’esito a dir poco assurdo, che classifica la morte di Pinelli, né come suicidio (la prima versione ufficiale della questura), né come omicidio ma bensì come un malore attivo che avrebbe spinto Pinelli a precipitare dalla finestra.
All’odio per la strage, definita subito, da ambienti che non fossero la questura e la televisione di stato, come ‘fascista’, si aggiunse l’odio per la morte di Pinelli e per la persecuzione degli anarchici che portò in galera, per degli anni, Pietro Valpreda riconosciuto poi innocente.
Negli anni a seguire le piste nere che vennero seguite e che sembrarono individuare in Freda e Ventura, esponenti dell’ala dura dell’estremismo nero, i responsabili della strage, non sono approdate a nulla.
Conviene, a questo punto, chiarire alcuni punti per delineare quella strategia della tensione che costituì una stagione storica devastante per l’Italia, per il suo sviluppo democratico, per la deriva violenta verso la quale scivolarono singoli militanti di gruppi della sinistra extraparlamentare e per le degenerazioni specifiche della c.d. lotta armata. Una stagione archiviata troppo in fretta da un paese con una memoria corta - cortissima, da risultati processuali che non sono approdati a nulla, come è il caso della strage di piazza Fontana rimasta senza colpevoli, da un revisionismo globale messo in campo da giornalisti annoiati dalla ricerca della verità e ringalluzziti dalla composizione di un blocco sociale emergente istintivamente e animalescamente orientato a destra.
I rigagnoli da cui prese avvio la strategia della tensione si alimentarono, gonfiandone la portata, già all’indomani della formazione dei primi governi di centro - sinistra (2).
Alcuni mutamenti si affacciavano anche sulla scena mondiale : Giovanni XXIII, Kennedy, Krusciov.
Questi cambiamenti di scenario fomentavano forze reazionarie il cui innervamento, sia negli alti gradi delle forze armate che nelle istituzioni, era sostanziale e visibile.
Nel 1964 il generale dell’arma dei carabinieri, De Lorenzo (il quale finirà la sua brillante carriera come parlamentare del MSI), con l’appoggio dell’allora Presidente della Repubblica, A. Segni, eletto con i voti delle destre, fu l’artefice del c.d. ‘Piano Solo’. Sembra che la strana denominazione “Solo” indicasse che la principale e, probabilmente, unica artefice del colpo di stato sarebbe stata l’Arma dei carabinieri. Si trattò dunque di un vero e proprio tentativo di golpe che prevedeva l’arresto di centinaia di uomini politici, sindacalisti e parlamentari di sinistra e la loro successiva deportazione in Sardegna. La trama venne alla luce soltanto nel 1967 grazie ad un’inchiesta de “L’Espresso”.
Giovanni Pellegrino, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta stragi e terrorismo dal 1994 sino alla fine degli anni ‘90, indica un preciso punto di svolta da cui prese avvio l’alleanza occulta tra forze armate e organizzazioni neofasciste : un convegno, tenutosi a Roma nel maggio del 1965 ed organizzato da un istituto di storia e strategia militare intitolato ad A.Pollio (uno dei primi capi di stato maggiore dell’esercito regio), direttamente collegato con lo stato maggiore dell’esercito comandato dal generale Aloja (poi approdato, anche lui, nelle file del MSI come parlamentare) : “(…) siamo di fronte non solo all’ossessione del pericolo comunista, ma anche a una vera e propria fobia per la distensione, percepita sostanzialmente come un cavallo di Troia, attraverso il quale il comunismo puntava ad abbattere la fortezza dell’Occidente. La Guerra rivoluzionaria, questo era il titolo del convegno, che ci veniva mossa dall’Est, non era più una guerra convenzionale, ma piuttosto una guerra di penetrazione nei gangli vitali della società: la televisione, la cultura, le università. Quindi, a questo attacco subdolo si poteva rispondere solo con una guerra controrivoluzionaria, alla cui teorizzazione il convegno era rivolto.” (3)
I partecipanti a quel convegno erano personaggi che entreranno e usciranno da molte delle indagini e processi per stragi: Guido Giannettini, giornalista e spione, legato a doppio filo con ambienti di estrema destra, Pino Rauti, ex repubblichino che con la sua flemma da vecchio sanguinario in pensione sguazza ancora tra i liquami di formazioni di estrema destra (l’ultimo approdo e il M.S. - Fiamma Tricolore) e parla in tv; Stefano delle Chiaie, noto esponente della destra eversiva, fu leader di Avanguardia Nazionale, partecipò al tentato Golpe Borghese del 1970, nella notte del 7 dicembre di quell’anno, comandava, infatti, l’unità che avrebbe dovuto occupare il Ministero dell’Interno; Mario Merlino, un fascista che tentò innumerevoli volte di infiltrare i gruppi di extrasinistra, coinvolto anche lui nella strage di piazza Fontana; e poi, ovviamente, generali e colonnelli, professori universitari, esperti di sanscrito (molto ricercati negli ambienti dell’intelligence per la decrittazione di codici), industriali, tutti lì a studiare per scoprire la “medicina” che avrebbe curato l’occidente dall’infezione comunista e dalla corruzione morale.
Un anno dopo vengono formati i “Nuclei di difesa dello Stato”, una vera e propria rete clandestina che tendeva ad allargare la propria base di consenso tra le forze armate (e non solo) e dietro la quale c’erano personaggi come Freda e Ventura (4), anche loro arrestati durante le indagini per la strage di piazza Fontana (come Merlino e Rauti), infatti: (…) i Nuclei non rappresentavano tanto e soltanto un organizzazione, ma una vera e propria operazione finalizzata a coprire un possibile rapporto della Gladio con organizzazioni di estrema destra come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale; a coprire con il segreto politico-militare il fatto - ovviamente ancora non pienamente verificato - che anche ON e AN fossero in qualche modo inglobate nell’apparato difensivo della Nato. (5)
La prova generale della strategia della tensione, secondo Pellegrino, fu l’operazione Delfino. Erano previsti una serie di attentati nel nord - est la cui responsabilità doveva ricadere sulla sinistra.
Questa esercitazione si inquadrava in uno scenario più vasto : l’operazione Chaos, un piano sei Servizi segreti statunitensi progettato nel 1967 per contrastare il movimento pacifista americano. Era prevista l’infiltrazione dei gruppi della sinistra americana al fine di innalzare il livello dello scontro attraverso attentanti che avrebbero dovuto provocare la reazione dell’opinione pubblica e favorire, di conseguenza, interventi autoritari volti a schiacciare il dissenso.
Non si può non pensare a all’infiltrazione del gruppo anarchico XXII marzo (lo stesso di cui faceva parte Pietro Valpreda) da parte del neofascista Mario Merlino e altri elementi di estrema destra, alla base dei depistaggi orchestrati per far ricadere la colpa dell’attentato di piazza Fontana sugli anarchici.
Piazza Fontana aveva dunque una regia e si inquadrava in una logica più vasta che tendeva a destabilizzare la fragile democrazia italiana schiacciata tra una classe politica tendenzialmente reazionaria, sospinta dalle reti occulte di fascisti e vertici delle forze armate e un paese scosso da sommovimenti epocali, frutto delle trasformazioni economiche e sociali di quegli anni.
Fu solo l’inizio. Quella strage innescò un meccanismo inedito, una reazione psicologica collettiva all’interno di quel movimento, una miccia accesa e pronta ad esplodere. Sofri (o Manconi?) l’ha definita la perdita dell’innocenza.
Ancora Marco Revelli, di LC, dà il senso di quell’inversione di rotta:
Con piazza Fontana si scoprì dunque un nuovo nemico: lo Stato. Prima gli avversari erano il professore, il caposquadra, il padrone. E i riferimenti erano transnazionali, deterritorializzati: il Vietnam, il Maggio francese, le Black Panthers, la Cina. La rivelazione delo stato stragista spalancò un nuovo orizzonte alle lotte: quello delle trame occulte, dell’uso strumentale dei neofascisti. Da qui partirono due linee: la prima che comprendeva la controinformazione, l’inchiesta sulla strage, la campagna contro Calabresi, il rapporto con i giornalisti democratici; la seconda basata sull’idea di difendere spazi di sopravvivenza con strumenti militari. (…) se volevi stare in piazza dovevi organizzarti per difenderla, se volevi far sfilare un corteo non autorizzato dovevi aprirti la strada a colpi di bastone o di molotov. Nacquero gli apparati organizzativi, i servizi d’ordine. E maturò (…) la tentazione di rovesciare la violenza, di passare dalla difesa all’offesa.” (6)
I fascisti in quell’ultimo scorcio del 1969 raggiungono il culmine di un escalation : (…) Frequentano assiduamente i corsi di lancio organizzati nelle varie sedi dalla Associazione Nazionale Paracadutisti; allestiscono campeggi paramilitari un po’ dovunque, addestrandosi alla controguerriglia sotto la guida di ex ufficiali repubblichini, quando non si tratti di quelli dell’esercito italiano che prestano servizio alla scuola d’arditismo di Cesano. Compiono periodiche esercitazioni di tiro in poligoni militari, come quelli di Palermo o di Tor di Quinto a Roma, oppure “clandestini”, come quelli di Cornuda, di Cervarezza, dell’Alta Sabina, di Tolfa, dei Colli Euganei, della Sila, ecc.
Costituirebbero insomma, nell’ipotesi estrema di un colpo di Stato alla greca nel nostro paese, una sia pur modesta forza fiancheggiatrice. Ma l’attività nella quale eccellono sono gli attentati. Nei due mesi-campione, l’ottobre e il novembre 1969, hanno lanciato 27 bottiglie molotov (contro 11 sezioni del PCI, 4 del PSIUP, 2 del PSI, 3 Case del Popolo, 2 sedi marxiste-leniniste, due del M.S., 1 della FIOM-CGIL, 1 chiesa valdese e 1 sinagoga); 13 ordigni al tritolo (contro 2 sezioni dei PCI, 5 lapidi. partigiane, 3 caserme, 2 chiese, 1 cabina dell’ENEL); 10 bombe-carta (contro 6 sezioni del PCI, 2 circoli operai, 1 sede della RAI, 1 ospedale militare); 2 bombe a mano di tipo SRCM in dotazione all’esercito (contro due case del popolo).
Fondamentale, in questo quadro, è la parte giocata dagli attentati con falsa firma di sinistra: sul totale dei 145 del 1969 escludendo quelli compiuti da militanti di sinistra e anarchici  - essi sono in tutto una cinquantina. La serie più vicina inizia nell’Ottobre del ‘68 con i due attentati di Avanguardia Nazionale agli automezzi della polizia parcheggiati davanti alla Scuola Allievi Sottufficiali di via Guido Reni a Roma; e si conclude - almeno ufficialmente - con quello di Reggio Calabria. (7)

Prende avvio quella che sarà definita come una vera e propria guerra civile a bassa intensità . Gli schieramenti in campo sono costituiti dai gruppi extraparlamentari di sinistra e dal PCI da una parte (quest’ultimo all’apertura della stagione delle stragi entra a far parte, insieme alla sinistra extraparlamentare, dei vari comitati antifascisti che proliferano in tutte le maggiori città italiane), e dall’altra parte i neri: il M.S.I., la sua organizzazione giovanile : Fronte della Gioventù e le varie organizzazioni estremistiche come Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, etc. che godono, fino ad una certa fase, dell’appoggio di apparati dello Stato.
LC scatena una durissima campagna di stampa che individua nel commissario Calabresi il responsabile della morte del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli. Nell’ottobre del 1970, durante un udienza in cui deponeva Calabresi, la polizia fu costretta a ordinare una carica dentro i corridoi del Palazzo di giustizia di Milano per arginare la furia dei militanti e consentire a Calabresi di guadagnare l’uscita.
Nel dicembre dello stesso anno, ad un anno dalla strage di piazza Fontana, Junio Valerio Borghese, detto il principe nero, già comandante della X^ MAS (corpo scelto dell’esercito mussoliniano passato alla Repubblica di Salò, dopo l’otto settembre 1943) tenta un altro colpo di stato. Una vicenda che è passata alla storia come un golpe da operetta. Ma lo fu davvero oppure fu soltanto bloccato all’ultimo minuto perché non dava sufficienti garanzie di successo ? Come al solito le verità sono misconosciute e le inchieste ambigue come i personaggi coinvolti, tra cui l’onnipresente Giulio Andreotti.
Alcuni passaggi essenziali:
1) Un gran numero di uomini era stato raccolto e organizzato da Junio Valerio Borghese sotto la sigla Fronte Nazionale in stretto collegamento con Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.
2) Sin dal 1969 il Fronte Nazionale aveva costituito gruppi clandestini armati e aveva stretto relazioni con settori delle Forze Armate e aveva alcuni rapporti con elementi collegati all’amministrazione statunistense ed ai comandi Nato, come dimostra l’attività di osservazione svolta per conto del comando Ftase di Verona all’esercitazione militare di Forte Foin, propedeutica al colpo di Stato.
3) Borghese stesso, con la collaborazione di altri dirigenti del Fronte Nazionale e di numerosi alti Ufficiali delle Forze Armate e funzionari di diversi Ministeri, aveva predisposto un piano, che prevedeva l’intervento di gruppi armati su diversi obiettivi di alta importanza strategica; sin dal 4 luglio 1970 era stata costituita una “Giunta nazionale”.[...]
4) Nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 il piano comincia ad essere attuato, con la concentrazione a Roma di alcune centinaia di congiurati e con iniziative analoghe in diverse città: militanti di Avanguardia Nazionale, comandati da Stefano Delle Chiaie (tra questi è indicata la presenza di Pierluigi Concutelli e di Guido Paglia) e con la complicità di funzionari, entrano nel Ministero degli Interni e si impossessano di armi e munizioni che vengono distribuite ai
congiurati. (8)
Ciò che pare acclarato è che, nella notte tra il sette e l’otto dicembre del 1970, ci furono raduni contemporanei di militanti di estrema destra in diversi luoghi della capitale, tra cui la sede di Avanguardia Nazionale, un concentramento di guardie forestali armate alle porte di Roma, un’irruzione di neofascisti nell’armeria del ministero dell’Interno. Il quartier generale del golpe aveva una sede nel quartiere Nomentano, oltre allo stesso Borghese, ne facevano parte un altro paio di militari (non di altissimo rango). Il piano prevedeva, comunque, l’occupazione del ministero degli Interni e della Difesa, della sede RAI, da dove Borghese avrebbe dovuto leggere il suo proclama alla nazione, e le liste di personalità politiche da arrestare. Era, inoltre, previsto, l’arresto del Presidente della Repubblica allora in carica, Giuseppe Saragat. Era un golpe da operetta ?
Il brano che segue è lo stralcio di una cronaca di quell’evento: “Quel pomeriggio del 7 dicembre la parola d’ordine era stata passata attraverso degli inviti per assistere alla proiezione di un film su Berlino. Il primo gruppo si riunì nella palestra «Folgore» di via Eleniana, a Santa Croce in Gerusalemme, di proprietà dell’Associazione nazionale paracadutisti: circa trecento individui, in buona parte ex della famigerata «Decima mas» e delle altre, tristemente famose, divisione «Monterosa» e brigata «Enea». Il secondo gruppo, altrettanto consistente, si ritrovò in una palestra del Tuscolano, in via Diana. Il terzo infine, a viale delle Milizie, sempre in un locale dell’Associazione paracadutisti. L’attesa dell’”Ordine” che doveva giungere da un momento all’altro si protrasse per oltre cinque ore. Poi, all 3,30 del mattino, l’annuncio di Borghese: «tutto rinviato, per sopraggiunte complicazioni… Che cosa doveva avvenire? Le indiscrezioni sono diverse, i punti accertati pochi. Quelli che sembrano saper tutto sono gruppi neofascisti «dissidenti». Così, nel bollettino di gennaio degli ex repubblichini di Salò si raccontava ampiamente del «fallito golpe», e si metteva in berlina Borghese e la sua «corte» per l’impreparazione che aveva bruciato sul nascere quel complotto. Secondo un volantino di un’altra formazione di estrema destra “Lotta di popolo”, i tre gruppi avrebbero dovuto convergere sul Viminale, per occupare prima il ministero dell’Interno e successivamente la RaiTv, in modo da mandare in onda il messaggio “alla Patria e al popolo”Ben poco credito si può dare a questo volantino, tuttavia vi sono dei particolari che risultano anche alla polizia. In effetti un ufficiale in divisa pistola alla mano ,invitò i «camerati» a sciogliersi poco prima dell’arrivo di Borghese, annunciando che da fuori Roma stavano affluendo colonne motocorrazzate dei carabinieri.”(9)
Una cronaca che, a distanza di un anno, non aggiungeva granché: rivendicazioni, volantini. A parte uno squarcio su una qualche faida che stava consumandosi tra le vecchie cariatidi della RSI e altre fazioni. Ciò la dice lunga sul clima di omissioni in cui si vagava in quegli anni. Uno stato democratico, degno di questo nome, non avrebbe potuto consentire non solo l’episodio in se, impedendone il solo tentativo, ma di non fare piena luce sull’accaduto e i suoi retroscena.
In quegli stessi giorni del 1971, in realtà, il procuratore di Roma, Claudio Vitalone, sodale ed amico di Andreotti, non potè fare a meno di firmare i mandati d’arresto con l’accusa di usurpazione dei poteri dello stato e cospirazione per alcuni personaggi, tra cui lo stesso Borghese, un costruttore, Remo Orlandini e, tra gli altri, l’ex parà Saccucci (quest’ultimo divenne in seguito parlamentare del MSI e finì la sua carriera da assassino quale era, infatti, nel 1976, durante un suo comizio, sparò ed uccise un militante diciannovenne della FGCI a Sezze; si rifugiò prima nel Cile di Pinochet e dopo in Argentina dove pare sia morto del tutto impunito ).
La mole impressionante di episodi di quegli anni mi impedisce di rendicontarli tutti, ma credo che i fatti via via descritti possano, da soli, rendere il clima; ciò che appare davvero incomprensibile è come l’affollata schiera dei revisionisti possa negare le ragioni, di evidenza solare, che spinsero i ragazzi di sinistra a credere che era necessario organizzarsi per non soccombere e per reagire. La storia, però, non finisce qua.
Anche Borghese la fece franca: sfuggì, guarda caso, all’arresto e andò a rifugiarsi nella Spagna di Franco dove restò fino alla morte, nell’agosto del 1974.
Sarà un caso ma ad un mese dalla morte del principale testimone, Andreotti, allora ministro della Difesa, consegnò alla magistratura un dossier del SID (così erano denominati i servizi segreti allora in Italia) in cui si descriveva il piano e si facevano rivelazioni allora inedite. Il dossier è frutto anche di una lotta intestina nel SID. Infatti l’autore, il generale Maletti, attraverso la sua indagine accusa il suo capo, il generale Vito Miceli, palermitano, di essere coinvolto nel golpe Borghese.
Soltanto nel 1991 si scopre che il dossier consegnato da Andreotti è monco. Le dichiarazioni contenute sono state depurate dai nomi di personaggi di spicco degli ambienti politici e militari. Le parti decurtate facevano riferimento tra l’altro al patto stretto tra la mafia e Borghese. La mafia avrebbe avuto anch’essa un ruolo nell’eliminazione fisica di avversari. L’esistenza di tale patto sarebbe stata confermata da vari pentiti tra cui Tommaso Buscetta. Inoltre, altra gravissima omissione, è il ruolo di Licio Gelli e della Loggia Massonica P2. Era un golpe da operetta ?
Ma anche questa vicenda, sul piano giudiziario, resta una beffa : il processo si concluse, al secondo grado di giudizio, nel 1984, con la complessiva assoluzione di 46 imputati. Il golpe, secondo la sentenza, era stato un conciliabolo di 4 o 5 sessantenni. Il reato di cospirazione politica, in sostanza non c’era. Vengono, a mala pena, confermate, sebbene ridotte, alcune condanne della sentenza di primo grado, per il solo reato di detenzione e porto abusivo di arma da fuoco. (10)
Per la magistratura, si, era un golpe da operetta.
Vale la pena dare ancora una scorsa alle considerazioni, su quella sentenza, dei parlamentari DS che, ancora nel 2000, avevano a cuore questioni essenziali come la ricerca della verità su quella che è stata definita come la notte della Repubblica:
Anzitutto è necessario affermare che le acquisizioni documentali non giustificano assolutamente la valutazione minimizzante che hanno avuto in sede giudiziaria (sentenza Corte d’Assise di Roma 14 luglio 1978 e Corte di Assise di Appello del 14 novembre 1984 che condussero al noto esito globalmente assolutorio) ed anche da gran parte dell’opinione pubblica, apparsa spesso orientata da aspetti velleitari dell’operazione e dallo scarso spessore di molti dei suoi protagonisti, a definire l’episodio come un “golpe da operetta”.
Per ciò che concerne la valutazione giudiziaria, scarsamente condivisibili appaiono innanzitutto le motivazioni con cui già in sede istruttoria furono prosciolti molti di coloro che si erano radunati, agli ordini del Fronte Nazionale; il proscioglimento fu infatti così motivato: “molte persone aderirono al Fronte Nazionale perchè illuse e confuse da ingannevole pubblicità…. Nei loro confronti non sono state avanzate istanze punitive nella presunzione che l’iscrizione, il gesto isolato e sporadico, il sostegno ‘esterno’, la convergenza spirituale di per sé rilevano, piuttosto che un permanente legame, un atteggiamento psicologico non incidente sulla ‘condizione’ processuale degli interessati”
Indipendentemente dalla fondatezza giuridica di tale dichiarata presunzione, va rilevato che tra le posizioni così archiviate ve ne erano alcune riferibili a soggetti che negli anni successivi compariranno in momenti di rilievo dell’eversione di destra, quali Carmine Palladino, Giulio Crescenzi, Stefano Serpieri, Gianfranco Bertoli (autore della strage di via Fatebenefratelli a Milano), Giancarlo Rognoni, Mauro Marzorati, Carlo Fumagalli, Nico Azzi.
Analogamente alcuni dati di fatto - pur non contestati - furono incomprensibilmente svalutati nella decisione della Corte d’Assise di primo grado, che accettò le più ridicole giustificazioni di condotte che apparivano ictu oculi di straordinaria gravità (come quella del Generale Berti nell’avere condotto un’intera colonna di militari armati di tutto punto e muniti di manette, acquistate senza autorizzazione ministeriale appena pochi giorni prima, fino a poche centinaia di metri dalla sede della radiotelevisione).(11)
Quell’episodio era, piuttosto, una summa di tutti gli elementi inquinanti della storia della nostra Repubblica : servizi deviati, mafia, Gladio (12), Loggia P2 (13), neofascismo e repubblichini, la minimizzazione di quella vicenda è, dunque, connaturata nella strategia della tensione.
Il golpe Borghese è soltanto un punto in un disegno, una teoria costellata da episodi violenti, stragi, depistaggi che si alternarono in progressione geometrica.
La progressione cronologica di eventi (14), che di seguito viene riportata, è solamente esemplificativa di ciò che materialmente significò la strategia della tensione in Italia:
1970
14 luglio. Inizia la prima fase della rivolta di Reggio Calabria scatenate da una disputa con Catanzaro per la sede del capoluogo della regione.
22 luglio. Strage di Gioia Tauro Obbiettivo: Treno direttissimo per Torino “Freccia del Sud”.Esplosione con deragliamento Morti 6. Feriti 66. Sospetti ‘Ndrangheta e eversione nera.
7 settembre. A Reggio Calabria sono compiuti 4 attentati dinamitardi.
9 settembre. Bombe sui treni a Reggio Calabria dove riprende la rivolta in cui spicca l’Msi con a capo Ciccio Franco, del comitato d’ azione. Si susseguono gli scontri al grido di “boia chi molla”.
30 settembre. Il Ministro degli interni Restivo annuncia che dal 14 luglio al 23 settembre a Reggio Calabria ci sono stati tredici attentati dinamitardi, sei assalti alla prefettura, quattro alla questura.
1971
4 febbraio. Viene lanciata una bomba contro la folla, dopo una manifestazione antifascista; a Catanzaro. L’operaio socialista Giuseppe Malacaria rimane ucciso dall’esplosione che provoca anche il ferimento di altre sette persone.
16 luglio. Muore a Milano , Cornelio Rolandi di infarto polmonare (la stessa sindrome che colpisce i testimoni dell’assassinio di Kennedy) il principale accusatore di Valpreda nell’ inchiesta su piazza Fontana.
1972
3 marzo. Viene arrestato Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo, su mandato del procuratore di Treviso, con l’accusa di ricostituzione del partito fascista, e perchè implicato negli attentati del’69 e nella strage di piazza Fontana. Sarà rilasciato per mancanza di indizi.
7 maggio. Muore in carcere per un trauma cranico riportato durante scontri con la polizia, l’anarchico Franco Serantini.
31 maggio. Strage di Peteano. Ad opera dell’associazione terrostica di estrema destra “Ordine Nuovo”. La strage di Peteano, definita anche trappola di Peteano per le modalità con cui si svolse, provocò la morte di tre uomini dell’Arma dei Carabinieri. Suddetto fatto di sangue si collocava in un preciso e delicato contesto storico - politico. Il 7 maggio 1972 infatti si erano appena svolte le anticipate elezioni politiche che avevano assegnato la guida del paese ad un nuovo esecutivo presieduto da Giulio Andreotti. Il dibattito politico fioriva turbolento accompagnato da prime scandalose e angoscianti rivelazioni riguardo l’ancora troppo poco diffusa vicenda della loggia massonica P2 e i nascenti (e già sperimentati) tentativi di colpo di stato mai concretizzatisi. Diversi, prima di quella di Peteano, furono gli attentati terroristici attuati da associazioni anarchiche di stampo estremista che molto avevano fatto discutere e che avevano contribuito a creare un clima di netta tensione e apprensione nel paese.
17 maggio. Il commissario Luigi Calabresi, è assassinato sotto la sua abitazione di Milano. Verrà prima accusata l’estrema destra e arrestati Giovanni Nardi e Luciano Bruno Stefanò. Poi nel 1988, dopo le dichiarazioni del pentito Leonardo Marino verrà incriminato come mandate Adriano Sofri, leader di Lotta Continua nel 1972.
26 agosto. Il militante di Lotta Continua, Mario Lupo, è assassinato, in un agguato a Parma, da esponenti dell’estrema destra.
27 agosto. Il giudice di Milano Franco D’Ambrosio, incrimina i neonazisti Franco Freda e Giovanni Ventura, per la strage di piazza Fontana
20 ottobre. Tre avvisi di reato , per omissione di atti d’ufficio nelle indagini sulla strage di piazza Fontana,sono inviati a Elvio Catenacci, dirigente degli affari riservati del Ministero degli interni, al questore di Roma Bonaventura Provenza e al capo dell’ufficio politico della questura di Milano Antonino Allegra.
21 ottobre. Rimangono ferite sei persone, durante i numerosi attentati ai treni che portano metalmeccanici a Catanzaro, per la conferenza sul mezzogiorno organizzata da Cgil, Cisl e Uil..
1973
23 gennaio. Roberto Franceschi e Roberto Piacentini rimangono feriti negli scontri con la polizia alla Bocconi. Franceschi morirà poi in ospedale.
21 febbraio. Contestato a Napoli e Roma un disegno di legge che vuole reintrodurre il fermo di polizia. Ferito l’extraparlamentare Vincenzo Caporale, colpito da un candelotto, morirà il 22.
7 aprile. L’esponente dell’estrema destra , Nico Azzi, rimane ferito dallo scoppio di un detonatore, mentre cerca di posizionare una carica di tritolo sulla tratta ferroviaria, Roma-Torino. Verrà arrestato.
12 aprile. Muore colpito da una bomba l’agente Antonio Marino, durante scontri con esponenti della destra, che protestavano contro il divieto da parte della Questura di Milano di far aver luogo in piazza Tricolore un comizio di Ciccio Franco.
15 maggio. Avvisi di garanzia per Guido Giannettini e Guido Paglia, giornalisti di destra rientrati nelle indagini su piazza Fontana. Il primo si rivelerà un agente del Sid.
17 maggio. Il sedicente anarchico Gianfranco Bertoli, lancia una bomba contro la questura di Milano e provoca la morte di quattro persone. Si saprà poi che il Bertoli è legato , al gruppo eversivo “La Rosa dei Venti”, ai Servizi Segreti dell’Esercito, nonchè membro dell’organizzazione paramilitare legata alla CIA denominata “Gladio”.
12 novembre. Primi arresti, a La Spezia e a Padova , che porteranno alla scoperta della organizzazione eversiva “Rosa dei Venti”. Tramite le indagini del giudice Tamburrino, si scoprirà che la Rosa dei Venti è un’organizzazione parallela al Sid, in contatto, a livello internazionale, a strutture nel quadro Nato, nate per combattere il comunismo con ogni mezzo.
22 novembre. Viene sciolta l’ organizzazione “Ordine nuovo” fondata da Pino Rauti, e arrestati 30 dei suoi militanti, per ricostituzione del partito fascista.
1974
13 gennaio. Il colonnello Amos Spiazzi, uno dei principali esponenti della trama eversiva Rosa dei Venti, viene arrestato a Padova.
28 maggio. A Brescia, in piazza della Loggia, durante una manifestazione sindacale, l’esplosione di un ordigno, provoca la morte di otto persone. La strage, attribuita all’estrema destra, rimarrà impunita. La Strage di Piazza della Loggia è stato un attentato terroristico compiuto ad opera di neofascisti il 28 maggio 1974 a Brescia, nella centrale Piazza della Loggia. Una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo indetta dai sindacati e dal Comitato antifascista. L’attentato provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre novanta. La prima istruttoria della magistratura portò alla condanna nel 1979 di alcuni esponenti dell’estrema destra bresciana. Nel giudizio di secondo grado, nel 1982, la sentenza fu annullata e nel 1985 la Corte di Cassazione assolse definitivamente gli imputati. Una seconda istruttoria mise sotto accusa altri rappresentanti della destra, che furono assolti nel 1989 per insufficienza di prove. Una terza istruttoria è tuttora pendente presso la Procura di Brescia. Il 19 maggio 2005 la Corte di Cassazione ha confermato la richiesta di arresto per Delfo Zorzi (latitante da tempo in Giappone con il nome di Hagen Roy) per il coinvolgimento nella strage di Piazza della Loggia. I magistrati che si occupano ormai dal 1993 delle indagini sarebbero in procinto di chiudere l’inchiesta, almeno per i tre imputati principali: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, tutti all’epoca militanti di spicco di Ordine Nuovo, gruppo neofascista fondato nel 1956 da Pino Rauti e più volte sospettato di organizzare attentati e stragi, tanto da portare al suo scioglimento per ordine della magistratura.
30 maggio. A Pian di Rascino (RI), rimane ucciso Giancarlo Esposti, esponente di Avanguardia nazionale, in un conflitto a fuoco con i carabinieri che scoprono un campo di addestramento paramilitare dell’estrema destra.
4 agosto. Una bomba esplode nella vettura n.5 del treno Italicus, l’espresso Roma-Monaco, provocando la morte di dodici persone. I mandanti e gli esecutori della strage non saranno mai individuati. La Strage dell’Italicus fu un attentato terroristico compiuto nella notte del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna. Una bomba ad alto potenziale a base di termite esplose nella vettura 5 dell’espresso Roma-Brennero. Nell’attentato morirono 12 persone e altre 44 rimasero ferite. La strage avrebbe potuto essere di dimensioni maggiori, si ipotizza centinaia di morti, se l’ordigno fosse esploso all’interno della galleria di San Benedetto Val di Sambro. Aldo Moro era su quel treno il 3 Agosto, in quanto doveva raggiungere la famiglia a Bellamonte, ma poi viene raggiunto da alcuni funzionari che lo fecero scendere per firmare alcune carte al Ministero.[L'attentato venne rivendicato dall'organizzazione Ordine Nero attraverso un volantino che dichiara:«Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l'autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti.»
1975
24 gennaio. Il terrorista Mario Tuti uccide due carabinieri, Leonardo Falco e Giovanni Ceravolo, giunti ad arrestarlo nella sua abitazione. Tuti ripara in Francia dove sarà arrestato il 27 luglio e successivamente estradato.
16 aprile. Claudio Varalli è ucciso a Milano, al termine di una manifestazione, con un colpo di pistola dai neofascisti di Avanguardia nazionale.
6 ottobre. Bernard Leighton Guzman, presidente della DC cilena durante il governo Allende, esule in Italia è ferito gravemente a colpi di pistola.
29 ottobre. Viene ucciso, a colpi di fucile, Mario Ziccheri, davanti alla sede dell'Msi di Prenestino, a Roma.
1976
10 luglio. Il giudice Occorsio viene assassinato sotto la sua abitazione. L'omicidio è rivendicato da Ordine Nuovo.
Ancora una volta sarà P.P. Pasolini ad illustrarci con una istantanea in bianco e nero dalle colonne del giornale borghese per eccellenza, il Corriere della Sera, la scena, potremmo dire, politico - emozionale di quegli anni. Pasolini, attraverso il suo articolo dal titolo "Che cos'è questo golpe" pubblicato il 14/11/1974, darà corpo, questa volta in piena sintonia con tutto l'universo della sinistra di quegli anni, e rappresentandolo pienamente, il modo di sentire di giovani operai e studenti, donne e uomini, artisti e intellettuali (come si diceva: engagé, impegnati sul piano politico ed etico) e di semplici cittadini, che pur avendo ragionevole consapevolezza che tutti gli episodi sanguinosi, elencati e racchiusi, in modo non esaustivo, in un determinato arco temporale (così come precedentemente rappresentati), fossero esiti di un disegno pianificato, aggiornato, diversificato ed orchestrato da segmenti significativi dei vertici politico - istituzionali e militari, che avevano il preciso obiettivo di deviare il corso degli eventi bloccando il processo di democratizzazione della società italiana ed occidentale nel segno di una forte caratterizzazione sociale in chiave di critica anti - capitalistica, rappresentando, per essi, una minaccia per il blocco c.d. atlantico.
Ciò che Pasolini rappresenta in modo inequivocabile è l'impotenza di una generazione munita delle sole armi della critica di fronte ad uno stato che trama contro i suoi cittadini considerandoli, di fatto, traditori rispetto ad una logica ferramente bipolare che impone e consente l'uso di qualsiasi strumento per distruggere l'avversario politico, o meglio l'avverso campo politico inteso come un insieme composito di soggettività organizzate e non, senza alcun limite circoscritto alla matrice marxista degli oppositori ma includendo tutte le aree del dissenso cattoliche e laico - pacifiste o semplicemente laico post resistenziali di stampo azionista (15), attuando un operazione terra bruciata su vasta scala, per intimorire, stupire, disarticolare, infamare, sopprimere un' area critica, come quella italiana di altissimo tenore intellettuale, radicato nella resistenza, nelle lotte operaie e contadine e infine nel movimento studentesco.
Nessun limite morale, nessuna remora nello raccogliere un ampio fronte che partiva anche da spezzoni di resistenza anti fascista di matrice filo USA (si pensi ad Edgardo Sogno (16), passando dai vertici della Democrazia Cristiana che si alternavano senza soluzione di continuità, non solo alla Presidenza del Consiglio, ma in ministeri chiave come gli Interni e la Difesa, manipolando, supportando, dirigendo, deviando i servizi segreti del paese secondo una strategia rivolta contro i cittadini della nazione che avrebbero dovuto difendere, raccogliendo ed includendo tutta l'area neofascista (dentro il Parlamento, come il MSI, e fuori dal Parlamento come Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo, etc.) e la massoneria golpista di Licio Gelli.
Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere).
Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.
Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.
Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpes, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia, infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti.
Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969), e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974).
Io so i nomi del gruppo di potenti che, con l'aiuto della Cia (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il 1968, e, in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della Cia, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum.
Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l'altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l'organizzazione di un potenziale colpo di Stato), a giovani neofascisti, anzi neonazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine ai criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista).
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici come quel generale della Forestale che operava, alquanto operettisticamente, a Città Ducale (mentre i boschi bruciavano), o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi come il generale Miceli.
Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro ai tragici ragazzi che hanno scelto le suicide atrocità fasciste e ai malfattori comuni, siciliani o no, che si sono messi a disposizione, come killers e sicari.
Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli.
Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.
Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che rimette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero. Tutto ciò fa parte del mio mestiere e dell'istinto del mio mestiere. Credo che sia difficile che il "progetto di romanzo" sia sbagliato, che non abbia cioè attinenza con la realtà, e che i suoi riferimenti a fatti e persone reali siano inesatti.
Credo inoltre che molti altri intellettuali e romanzieri sappiano ciò che so io in quanto intellettuale e romanziere. Perché la ricostruzione della verità a proposito di ciò che è successo in Italia dopo il 1968 non è poi così difficile...
Dal "Corriere della sera" del 14 novembre 1974 col titolo "Che cos'è questo golpe?"
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Note
(1)  A. Cazzullo , I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, Milano, Sperling & Kupfer, 1998, p. 90
(2)  Si alternarono, in Italia, governi di centro - sinistra dal 1963 al 1968 dopo la drammatica esperienza del governo Tambroni .
(3)  G. Fasanella e C. Sestrieri (con G. Pellegrino), Segreto di stato, Torino, Einaudi, 2000 pg. 43.
(4)  Freda nasce ad Avellino e vive a Padova dove milita nella gioventù missina alle superiori e nel Fuan all'università. Abbandonerà poi l'Msi per aderire all'organizzazione Ordine Nuovo guidata da Pino Rauti. Grande ammiratore di Hitler ed Himmler è convinto sostenitore della supremazia della razza ariana. Ventura nasce a Treviso, milita nell'Azione cattolica e poi nell'Msi. È amico di Freda e come lui ha una formazione ideologica di stampo neonazista.
fonte:
 http://www.informagiovani.it/Terrorismo/...
(5) Op. citata pg. 57
(6)  A. Cazzullo , I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, Milano, Sperling & Kupfer, 1998, p. 91
(7) fonte:  http://www.strano.net/stragi/tstragi/pfo...
(8)  Brano tratto da un documento presentato il 22/06/2000 dai capigruppo parlamentari dei DS, Stragi e terrorismo in Italia dal dopoguerra al 1974, p.45.
Fonte : www.misteriditalia.com/strategiatensione/ds/ .
(9)  M. del Bosco, La grande paura dei colonnelli, L'Unità, 21/03/1971
fonte: http://www.informagiovani.it/Terrorismo/Tergolpe.htm
(10)  Fonte : La storia siamo noi - Il golpe Borghese di Marco Marra - Trasmissione televisiva: RAI - 5 dicembre 2005.
(11) Brano tratto da un documento presentato il 22/06/2000 dai capigruppo parlamentari dei DS, Stragi e terrorismo in Italia dal dopoguerra al 1974, pg.45.
Fonte : www.misteriditalia.com/strategiatensione/ds/
(12)  Gladio, dal nome della spada dei legionari romani (il nome della rete Nato a cui era affiliata Gladio era Stay Behind ) era una struttura segreta con ramificazioni in tutta l'Europa occidentale. Viene costituita con un protocollo d'intesa tra il Servizio italiano e quello statunitense del 26 novembre 1956. Era composta da civili e militari ed aveva lo scopo 'ufficiale' di contrastare un eventuale invasione da parte del blocco sovietico ma avrebbe dovuto agire anche nel caso in cui fosse andato al governo il PCI . Fu affiancata da un'altra organizzazione collaterale, di cui si è già parlato in precedenza, i Nuclei di Difesa dello Stato. Della sua esistenza si è appreso soltanto il 24 ottobre 1990 quando Giulio Andreotti, capo del governo italiano, rivelò alla Camera dei Deputati l'esistenza di Gladio. Il coinvolgimento di questa organizzazione nei misfatti descritti è costante. Ad esempio, nel golpe Borghese il Nucleo di difesa territoriale di Verona, come riferito da un testimone [cfr. Stragi e terrorismo in Italia dal dopoguerra al 1974, pg.21], era pronto ad intervenire se il golpe Borghese fosse entrato nella fase operativa. Inoltre, l’attentato di Piazza Fontana del 1969 e la Strage dell’Italicus del 1974 furono attribuite da alcune indagini ed inchieste ad operativi di Gladio.
(13)  Il ruolo del maestro venerabile della potente Loggia massonica P2, Licio Gelli, nel golpe Borghese viene a galla a seguito dell’assassinio del giornalista Mino Pecorelli (1979) che dalle colonne del suo settimanale OP (Osservatorio Politico) segnalò che il rapporto del SID era stato depurato, nella versione ufficializzata da Andreotti, per coprire Licio Gelli il cui ruolo sarebbe stato, nientedimeno, quello di consegnare il Presidente della Repubblica in mano al Fronte Nazionale [la trascrizione integrale della testimonianza da cui emerge questo coinvolgimento è sempre riscontrabile in Stragi e terrorismo in Italia dal dopoguerra al 1974, pg.47].
Successivamente, nel 1993, il pentito di mafia Tommaso Buscetta accuserà Andreotti, quale mandante dell’omicidio, e la cosca guidata da don Tano Badalamenti, quali esecutori materiali, dell’omicidio di Mino Pecorelli. Dopo vari gradi di processo il 30 ottobre 2003 la Corte di Cassazione annullò senza rinvio la condanna a 24 anni inflitta al senatore a vita Giulio Andreotti e a Badalamenti dalla corte d’Assise d’appello di Perugia. [fonte: www.wikipedia.it alla voce : Carmine Pecorelli].
(14)  Il periodo preso in considerazione (1970-1976) non include, ovviamente la strage di piazza Fontana, perché se ne è già fatto cenno, e dovrebbe essere anticipata al 1947 con la strage di Portella della ginestra, luogo da cui, ormai molti studiosi, fanno risalire il vero avvio della strategia della tensione in Italia. Si ferma al 1976, quindi, e non prende in considerazione nemmeno l’anno cruciale, il 1977, in quanto quel periodo può essere considerato peculiare da troppe angolazioni e sarebbe riduttivo enuclearne soltanto alcuni avvenimenti. Inoltre, non si enumera nemmeno l’evento più tragico rappresentato dalla strage alla stazione di Bologna costato 85 morti e 200 feriti (2 agosto 1980), perché si colloca in un contesto storico che presenta caratteristiche non ascrivibili direttamente alla serie cronologica presa in esame.
(15)  Il Partito d’Azione fu fondato nel 1942 a opera di gruppi repubblicani e liberalsocialisti. Il nome riprendeva quello del Partito d’Azione di Giuseppe Mazzini (1853). Movimento ispirato al liberalsocialismo di Pietro Gobetti, tra i suoi fondatori figurano numerosi militanti di Giustizia e Libertà (1929-1940), tra i quali Ferruccio Parri, Ugo La Malfa, Emilio Lussu, Riccardo Lombardi. Vi si trovano uomini formatisi nella cospirazione, nella galera, nelle trincee di Spagna e studiosi la cui vita si è svolta nelle biblioteche e nelle accademie, liberali alla Cavour e bolscevichi ravveduti, riformisti e rivoluzionari, protestanti e cattolici: le loro biografie costituiscono la sintesi della migliore storia d’Italia. Sotto la stessa bandiera, nella breve stagione il cui autunno comincia già il 25 aprile, possono così militare accademici di altissima levatura di fede liberale come Adolfo Omodeo e Guido De Ruggero e rivoluzionari professionali come Leo Valiani, per lunghi anni comunista, passato per la galera, per la guerra di Spagna, per il campo del Vernet, moderni illuministi, aperti alle più audaci riforme - si troveranno parecchi di essi intorno al Mondo di Mario Pannunzio e intellettuali inquieti come Riccardo Lombardi, proveniente dalla estrema sinistra cattolica, vicino nella cospirazione ai comunisti, approdato a un suo originale socialismo, democratico e autonomistico e federalisti come Altiero Spinelli (l’estensore del Manifesto di Ventotene, alla base dell’europeismo).
Il Partito d’Azione partecipò ai governi che si succedettero dal giugno 1944 al luglio 1946. La sconfitta del governo Parri è un momento della più vasta sconfitta delle avanguardie della Resistenza europea, è il trionfo del realismo politico delle grandi potenze e delle grandi formazioni politiche che ad esse ideologicamente e politicamente fanno capo, quel realismo che regalerà al mondo l’equilibrio della guerra fredda e delle contrapposizioni frontali che spaccano la Resistenza all’interno dei maggiori paesi europei, in prima linea Italia e Francia. Il disegno di Parri della rigenerazione nazionale nel segno di una rivoluzione democratica si scontra col composito fronte della conservazione, sulla quale grava l’ipoteca della destra monarchica, clericale, neo-fascista, massicciamente presente nel paese. Non avrà dalla sua parte le forze della sinistra, egemonizzata e diretta da un partito comunista inserito senza riserve in una strategia che ha a Mosca il suo centro.
Dopo la caduta del governo presieduto proprio dall’esponente azionista, Ferruccio Parri, il Partito d’Azione, diviso tra una corrente democratico-riformista, capeggiata da Ugo La Malfa, e una corrente socialista-rivoluzionaria, capeggiata da Emilio Lussu, mostrò scarsa omogeneità al suo interno. La grave sconfitta subita alle elezioni per la Costituente del 1946 (prese solo l’1,46 per cento dei voti) fu all’origine della crisi del partito, rappresentato da intellettuali di primo piano ma privo di una base di massa. Protagonista nella guerra di liberazione, esso va infatti in frantumi a un anno dalla insurrezione, dopo aver dato all’Italia liberata il primo presidente del consiglio. La sparuta pattuglia dei suoi eletti alla Costituente riuscirà ancora, tuttavia, a dare un contributo di straordinaria importanza alla elaborazione della carta costituzionale e valga per tutti il nome di Piero Calamandrei, che della costituzione fu tra i maggiori artefici nell’aula di Montecitorio, il più strenuo difensore dei suoi dettami nella battaglia politica e parlamentare, il più appassionato divulgatore dei suoi principi nel paese. Furono azionisti, tra le numerosissime personalità intellettuali di spicco, : Norberto Bobbio (medico, filosofo e politologo, nominato senatore a vita da Sandro Pertini), Aldo Capitini (classe 1899, pioniere della non violenza e del pacifismo storico italiano), Eugenio Scalari, Giorgio Bocca.
(fonte: http://www.romacivica.net/anpiroma/antifascismo/antifascismo15.html)
(16) Edgardo Sogno, figura limite in quanto posto al margine estremo del patto post resistenziale tra cattolici e forze laiche socialiste e comuniste che diedero vita alla costituzione italiana. Console italiano in Birmania, rientra in Italia nel 1970 per formare i Comitati di Resistenza Democratica (il nome non inganni). Il fine era quello di aprire un fronte alternativo a quello già dispiegato dell’alleanza tra i neofascisti e i militari per adattare e conservare formalmente lo spirito democratico in un ambito eversivo e neoautoritario adattandolo al contesto italiano. Sogno agirà con il consueto duplice registro : attivismo sul fronte della mobilitazione anti comunista con all’orizzonte un mutamento della nostra costituzione in senso presidenzialista e trame per la costituzione di un partito del golpe. Un tentativo di colpo di stato avrebbe dovuto avere luogo nell’agosto del 1974. Il c.d. golpe bianco, era stato così definito in quanto gli artefici, tra cui Sogno, ritenevano la loro matrice politica alternativa a quella fascista nera

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