29 luglio 2013

SULLA DITTATURA DEI NEURONI



Si delinea il progetto di decifrare e descrivere l’insieme delle interazioni cerebrali. Ma le difficoltà tecniche restano enormi
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Nel labirinto dei neuroni
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Dal genoma al «connettoma», la mente umana senza segreti
. di Sandro Modeo
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Nel 1986, il grande biologo sudafricano Sydney Brenner pubblica uno studio-spartiacque, la cui versione abbreviata si intitola The Mind of a Worm, «La mente di un verme». È l’esito di un «corpo a corpo» durato un quarto di secolo con un nematode trasparente lungo un millimetro, Caenorhabditis elegans, di cui Brenner e il suo team riescono a descrivere nei dettagli i 302 neuroni e le relative 7.000 connessioni (il suo «connettoma»): l’intricata rete nervosa che consente al verme di nutrirsi, riprodursi e fuggire davanti a una minaccia.
9788875783716
Secondo Sebastian Seung, neurobiologo computazionale del Mit e autore del libro Connettoma (Codice edizioni), l’impresa di Brenner è solo l’innesco di un’operazione molto più ambiziosa: riuscire a descrivere e decifrare l’insieme di tutte le connessioni neurali di un cervello umano; in una parola, il «connettoma» di ognuno di noi. Integrazione e prosecuzione del genoma (cioè dei 3 miliardi di nucleotidi che scrivono in ogni cellula la nostra identità genetica), il connettoma arriverebbe a mostrarci la mappatura dinamica di ogni stato e processo mentale: non solo schemi motori e percezioni, ma anche ricordi, fluttuazioni affettivo-emotive, pensieri complessi, fino a individuare le «connettopatie» (deficit o anomalie di trasmissione sinaptica) estese dalle sindromi autistiche a quelle degenerative. Quanto l’obiettivo sia utopico e remoto, lo riassume la disperante evidenza dei dati, con i 100 miliardi di neuroni del nostro cervello che intessono un miliardo di sinapsi per millimetro cubo. È una foresta impenetrabile, simile — chiarisce Seung—non tanto a quelle nordiche, con le loro conifere uniformi e quasi stilizzate,quanto a quelle tropicali, con la loro varietà frastornante di vegetali.
Per inciso, questa accensione metaforica (una delle tante impiegate da Seung, spesso geniali) riassume bene la tonalità di un libro, per così dire, in stile «Wired», come quelli del guru del nano-tech Eric Drexler, dove i molti pregi (il coraggio intellettuale e la qualità letteraria) scontano tuttavia una certa fragilità teorica e una visionarietà a rischio New Age; confinata per fortuna, nel caso di Seung, agli ultimi due capitoli sul cyber-sogno di un’immortalità transumana.
Nell’avvicinamento al connettoma, Seung descrive, come pochi altri neuroscienziati, il groviglio della foresta e i singoli alberi (i neuroni), con sinapsi e impulsi elettrici, neurotrasmettitori e recettori a cadenzare un «respiro» in cui costruzione ed eliminazione (attivazione e inibizione degli stimoli) coesistono incessantemente. È una modulazione attenuata della «distruzione creatrice» del neonato, che produce, tra i due e i quattro mesi, mezzo milione di sinapsi al secondo, poi sottoposte — secondo il «darwinismo neurale» di Edelman, giustamente richiamato da Seung — al setaccio di una spietata competizione. In particolare, Seung riassume questo «respiro» nell’invarianza di «quattro R»: i neuroni ripesano le connessioni, rinforzandole o indebolendole; si riconnettono, creando o eliminando sinapsi; si ricablano, facendo crescere o ritraendo le ramificazioni; e si rigenerano, con nuovi neuroni che prendono il posto dei vecchi.
Tra gli esempi delle infinite gradazioni di un simile intreccio chimico-elettrico troviamo, da un lato, le sinapsi che si rafforzano, come nella memoria, con i ricordi archiviati e latenti (ripesati) pronti a essere «espressi» secondo i contesti e le situazioni: vedi il canto d’amore «cristallizzato» di un uccellino (il diamante mandarino), emesso con la pulizia di un Cd e con la precisione di «un pattinatore che esegua sul ghiaccio traiettorie obbligatorie»; o vedi, nell’uomo, la permanenza del ricordo prolungato della propria identità. Dall’altro, troviamo invece gli stimoli abortiti e le informazioni soppresse, come nelle incertezze decisionali: se l’inconscio neurale non provvedesse a inibire certe catene sinaptiche, saremmo preda di paralisi amletiche. In sintesi, nell’intreccio sinaptico i silenzi contano quanto i suoni, i vicoli ciechi quanto le strade imboccate.
cervello-infinito
Decisivo, nell’ottica del connettoma, è poi il rapporto tra localizzazione e plasticità, tra le aree specializzate in precise funzioni (quelle del linguaggio) e le possibilità che il cervello ne surroghi eventuali lesioni con un ricablaggio neurale. Dopo discussioni secolari, si è arrivati a una buona messa a fuoco. È indubbio che il cervello sia più plastico del previsto, come mostrano i casi di «compensazione» narrati in libri come II cervello infinito di Norman Doidge (Ponte alle Grazie): ma sono eccezioni, perché la norma riguarda perlopiù recuperi in età precoce, come mostrano i criceti neonati (che, privati sperimentalmente della vista, convertono le vie uditive in visive) o i bambini epilettici sottoposti a resezione dell’emisfero sinistro, capaci di un recupero del linguaggio —con riconversione di quello destro—proibitivo per adulti sottoposti allo stesso intervento. Se ci fosse una plasticità assoluta, si guarirebbe, per esempio, da ogni forma di ictus; mentre simili shock cerebrali, sintetizza Seung, sono come l’infortunio di un giocatore in una squadra di calcio rimasta senza cambi, con i dieci in campo che ridisegnano tattica e compiti. La cadenza neurale tra costruzione-eliminazione e il rapporto localizzazione-plasticità sono i veri obiettivi della «connettomica», sia per illuminare meglio gli alberi e la foresta, sia per trame nuove vie diagnostico-terapeutiche. Ma si presentano due ordini di difficoltà.
La prima è data dai limiti tecnologico-osservativi, descritti da Seung in capitoli rivelatori. Pur disponendo di risonanze magnetiche (Mri) sempre più sofisticate, o di «ultra-microtomi» in grado di «affettare» il cervello in sezioni di 50 nanometri (mille volte più sottili di un capello) da leggersi poi con microscopi elettronici seriali, non riusciamo ancora a ricostruire i connettami umani. Ci vorrebbero computer istruiti a discriminare le immagini (una forma di intelligenza artificiale oggi impensabile) o strumenti in grado di trasmettere le sequenze del cervello a una velocità superiore a quella dell’Lhc di Ginevra, che accelera i protoni portandoli a un miliardo di collisioni al secondo. Al momento, possiamo limitarci a inquadrare connettomi «regionali», sezioni di un atlante in divenire.
Il secondo ordine di difficoltà è concettuale, e coinvolge la prospettiva stessa del connettoma. È scontato, infatti, che il connettoma sia «più del genoma» (di cui peraltro è in larga parte l’espressione) e che la sua decifrazione — fotografando gli esiti della casualità e dell’esperienza sul cervello, incluso il dialogo dei neuroni con se stessi, cioè l’introspezione—possa restituirci le pieghe più intime del substrato biologico dei nostri eventi mentali. Ma Seung, pur descrivendoli molto bene, sembra sottovalutare i vincoli esercitati a monte dalla selezione naturale e dalla genetica, che trasmette in eredità tratti e comportamenti adattativi scremati proprio dalla selezione. Lo vediamo bene nelle neuropatologie. Molte «connettopatie» indagate da Seung (si tratti di anomalie morfologiche o di interazione sinaptica, dalle microcefalie all’autismo) sono infatti l’esito di errori di copiatura del Dna (mutazioni), con cui la vita si diversifica per affrontare ogni tipo di pressione ambientale. Alla radice, cioè, molte patologie del cervello (specie le più gravi) sono il prezzo individuale da pagare a dinamiche adattative della specie, e più in generale del vivente. E lo stesso vale per molte malattie neurodegenerative, le cui evidenze genetiche hanno spinto la ricerca verso la genomica e la medicina rigenerativa.
Non c’è dubbio che il dispiegarsi del connettoma — se e quando possibile—aprirà molte porte e spalancherà nuovi paesaggi. Ma intanto, ricordarsi di quei vincoli non significa negare le incidenze ambientali/culturali sull’identità e la malattia, o abbracciare un determinismo tirannico. Significa solo, in attesa di mappe migliori, non perdere contatto col territorio.
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L’autore
Esce in libreria il 1  agosto il saggio di Sebastian Seung «Connettoma. La nuova geografia della mente» (traduzione di Silvio Ferraresi, Codice edizioni, pagine 386, € 15,90) L’autore, americano di origini coreane, insegna al Mit di Boston. I suoi lavori sono usciti sulle maggiori riviste scientifiche
La formula
Il termine «connettoma» è stato coniato nel 2005 dal neuroscienziato tedesco Olaf Spurns, dell’indiana University. Sull’argomento, lo studioso italiano del King’s College Marco Catani ha pubblicato con Michel Thiebaut de Schotten «Atlas of Human Brain Connections» (Oxford University Press, 2012)


Corriere della Sera – la Lettura
28 luglio 2013
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