18 luglio 2013

STEFANO TERRA: UNO SCRITTORE EMARGINATO DALLE MAFIE LETTERARIE







Premessa: 

Qualche critico lo riteneva uno dei maggiori narratori italiani del secondo Novecento. Lo scrittore napoletano Michele Prisco disse che tra i nostri romanzieri era «il più europeo». Vinse peraltro premi letterari prestigiosi, il Campiello e il Viareggio, pubblicando con Einaudi, Bocca, Mondadori, Bompiani, Robert Laffont, Guanda, Rizzoli, Editorial Laia e Scheiwiller, ed ebbe un largo seguito di lettori. Eppure dopo la morte, avvenuta nell’ottobre del 1986, Stefano Terra è stato dimenticato completamente, scontando un destino analogo a quello di altri letterati considerati fuori moda e senza mercato. I suoi libri non sono più stati ristampati, salvo che in un paio di casi, lodevolissimi, certo, ma per iniziativa di piccoli e poco distribuiti editori. Romanziere «conradiano», l’unico del genere in Italia insieme al veneziano Alberto Ongaro, e poeta, fu giornalista di valore per il Sempre Avanti!, il Corriere Lombardo, La Stampa, la Rai e l’Agenzia Ansa.
«Avventuriero timido» e «crociato disertore» per sua ammissione, consumò la vita tra l’Europa delle Porte di ferro e il Levante delle rivoluzioni e dei colpi di Stato, la sua Torino e la Grecia amata dell’Attica e di Atene, Roma e Parigi. Lo fece in un tumulto di gioventù povera e di cospirazioni libertarie contro il fascismo insieme a Natalia Ginzburg, a Vito Pandolfi, a Giorgio Diena e a Silvia Pons, a Luigi Cavallo e a Letterio Savoja, fino all’andata in guerra sul fronte albanese. Ferito e catturato dai greci, riuscì a fuggire dal campo di prigionia raggiungendo al Cairo gli antifascisti di Giustizia e Libertà come Umberto Calosso, Paolo Vittorelli ed Enzo Sereni, e mettendo in piedi la Radio Matteotti. I primi libri pubblicati, l’attività febbrile di militante politico, la frequentazione di scrittori, di poeti, di artisti, di surrealisti e di trotzkisti, da Albert Cossery a Lawrence Durrell, a Georges Henein, a Ramses Younane, a Loutfallah Soliman, e una misteriosa missione da agente segreto in Tracia, precedettero il rientro in Italia e la stagione delle belle bandiere della Resistenza, presto ammainate, all’Italia libera e a Il Politecnico di Elio Vittorini, di cui fu redattore. Poi, fallito un tentativo a Parigi di vendicare Trotzkij, vennero la scelta del giornalismo professionista e il ritorno felice sul finire degli anni sessanta, dopo l’abbandono del «mestiere», alla letteratura.
Un critico influente, Geno Pampaloni, affermò che Terra era il solo scrittore italiano a saper «dare voce alle neiges d’antan». Scrisse romanzi notevoli a cominciare da quello dell’esordio, La generazione che non perdona, già accolto favorevolmente da Italo Calvino, che Giorgio Bàrberi Squarotti considera una delle opere narrative «davvero significative» del Novecento italiano; un libro che indusse Enrico Falqui a parlare di lui come di uno dei migliori narratori del secondo dopoguerra. Seguirono Il ritorno del prigioniero, La fortezza del Kalimegdan, Calda come la colomba, Alessandra (con cui si aggiudicò il Campiello), Il principe di CapodistriaLe Porte di ferro (che gli fece vincere il Viareggio), Albergo Minerva e Un viaggio una vita. Raccontò per primo la vera natura del regime jugoslavo del maresciallo Tito, pagandone per lungo tempo le conseguenze anche in Italia, tra oblio, «esilio» ad Atene e ostilità politiche da sinistra e da destra. E pubblicò raccolte di versi che restano nella nostra letteratura, dal Quaderno dei trent’anni a L’avventuriero timido. Riposa a Olympos, nell’Attica, secondo le sue volontà, dove «già tiepido / coagula il nuovo vino / Come il nostro sangue e la / nostra vita».
È doveroso narrare la sua storia avvincente e romantica, romanzesca e affascinante quanto i suoi libri, restituendo a Terra l’onore, la memoria e la rilevanza umana e letteraria che gli spettano. Non è soltanto la
vicenda di un uomo e di uno scrittore solitario e isolato, emarginato dalle «mafie letterarie», come le definiva, ma coincide con buona parte della storia culturale, politica e sociale del Novecento.








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