19 maggio 2015

L. SCIASCIA, LA ZIA D' AMERICA







In una pagina di un famoso racconto di Leonardo Sciascia si trova un bel ritratto della Sicilia separatista dell’ultimo dopoguerra:





«Io andavo appresso ai separatisti, portavo una coccarda fatta di due nastrini, uno giallo e uno di colore sangue cagliato. — Degenerato — diceva mio zio guardandomi la coccarda. Era un divertimento. La sera, portando il pentolino del colore, andavamo per il paese con i giovani separatisti che andavano scrivendo sui muri — W Finocchiaro Aprile, W la Sicilia indipendente, abbasso i nemici della Sicilia, vogliamo le industrie in Sicilia —. Stanchi di scrivere sempre le stesse cose i giovani si mettevano ad un certo punto a scrivere — abbasso gli affamatori del popolo, morte a quelli che vendono il frumento a 2500 lire — e nasceva una specie di gara per cui l'indomani i cittadini apprendevano, da scritte alte un palmo e di un bel rosso vivo, che don Luigi La Vecchia era un ladro e don Pietro Scardía ladro e cornuto insieme. Questo era per noi un bel giuoco, specialmente quando vedevo nascere dal pennello la scritta — W l'America, W la quarantanovesima stella — la mia fede separatista diventava fanatica; sapevo che la quarantanovesima stella sarebbe stata la Sicilia, la bandiera americana ne ha quarantotto, con la Sicilia quarantanove, verso di diventare americani c'era.»



L. Sciascia, La zia d’America, ora in Gli zii di Sicilia.

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