11 maggio 2015

UNA STORIA D'AMORE CRESCIUTA A PORTELLA DELLA GINESTRA





I bambini della Ginestra 
di  G. Bosco

       Maria Rosa Cutrufelli sa che raccontare storie è “un’arte delicata che richiede un alto grado di responsabilità. Soprattutto quando, dietro i personaggi d’invenzione (...), si muove la Grande Storia, con le sue questioni irrisolte, le sue menzogne e i suoi vicoli ciechi.” ( pag. 267).     Ne I bambini della Ginestra, pubblicato nel 2012 dall’ editore Frassinelli, l' autrice messinese riesce  a  raccontare una storia d’amore tra due ragazzi, Enza e Lillo, che, da bambini, si sono trovati ad assistere alla Strage di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947. E quanto accaduto allora è “un fatto storico di primaria importanza, perchè il giorno dopo niente fu più come prima ”, come ha riconosciuto Francesco Renda, lo storico che fu anche testimone della strage.

      In questo contesto si sviluppa la storia di Enza e Lillo, prima bambini, poi adolescenti infine giovani adulti, che in quel tragico I maggio del 1947, assistono alla strage. Nella piana inondata dal sole, a migliaia contadini e artigiani si sono riuniti per fare festa com’era consuetudine fin dai tempi dei Fasci dei lavoratori di fine 800. Le bandiere rosse sventolano allegre, ma presto quel rosso diverrà solo il colore del sangue. Sparano dalle alture circostanti, la Pizzuta e la Kumeta, non solo con lupare e fucili, ma con mitragliette e bombe a mano. Sparano sulle persone che cadono a terra a decine, ma anche sugli animali, sui cavalli e l’urlo straziante di un cavallo morente rimarrà per sempre nel cuore di Lillo accanto all’immagine del corpo di suo padre. Enza invece é in ritardo; qualche centinaio di metri la separa dal punto di ritrovo, quando vede passare in lontananza, sul versante opposto delle colline, una fila di uomini armati.


La Strage in un disegno di Renato Guttuso

     La storia viene narrata attraverso un carteggio tra i  due protagonisti. Si costituisce così un sapiente equilibrio narrativo con l’alternanza tra i due punti di vista delle voci narranti: i due ragazzi sopravvissuti alla strage a cui si aggiungono, in una crescente polifonia, le voci dei personaggi minori. Nell’incipit del romanzo gli eventi tragici di Portella della Ginestra  sono visti dall’ottica di entrambi i protagonisti : “ Cercava sua madre. La trovò più o  meno nello stesso posto in cui l’aveva lasciata, al centro del pianoro.(…) E si  precipitò verso di lei. Ma proprio mentre si chinava per abbracciarla, si rese conto che il suo cuore era stato troppo partigiano. Perché davanti a loro, sbattuto sui cuscini pungenti delle ginestre, c’era un corpo, e quel corpo era di suo padre”.

     Il punto di vista di Lillo è presente  anche nella lettera inviata da Roma il 10 ottobre 1972 ad Enza, a distanza di circa trent’anni da quegli eventi  (sezione del libro che s’intitola “Andare ,-Tornare”, che  è anche il titolo dell’ultimo capitolo, nella circolarità narrativa del romanzo) in cui il giovane, a causa delle continue partenze e ritorni in Sicilia, cita i versi della poesia di Quasimodo “Lamento per il Sud”: “Il sud è stanco di trascinare morti… Anch’io ero stanco di trascinare i miei morti e quella sera, in una pensioncina di via Cavour, ripensai proprio alla poesia di Quasimodo e al momento in cui l’aveva scritta, poco prima della Ginestra come in una preveggenza. Pensai ai sentieri della Sicilia, alle sue piste nuovamente rosse, ancora rosse, ancora rosse… e con il viso contro il cuscino mormorai a fior di labbra: più nessuno mi porterà nel sud! Più nessuno: con le parole del poeta, mi stavo facendo una promessa”(pag.8).

     La visione della protagonista femminile  emerge, invece,attraverso un lungo monologo, non solo nel racconto di quei tragici fatti, ma anche nel ricordo del primo incontro di Enza bambina con Lillo. Il giovane era amico di Giacomo, fratello  di lei,perciò frequentava quella casa ; Enza fin da allora cercava a tutti i costi di attirare la loro attenzione… “Vi ronzavo attorno come una piccola vespa arrabbiata”(pag.13). La ragazza, di origine piccolo-borghese, crebbe  accudita dalla governante Luchina, di cui si era innamorato Gjergj, un ragazzo greco, che si era stabilito a Piana degli Albanesi. ’’Forse è colpa del greco e delle sue misteriose manovre, se quell’anno ci spuntò la voglia di andare alla Ginestra  (…) E fu proprio con questo sentimento di fiducia che il primo maggio del quarantasette mi avviai verso lo stradale che passa sotto la pizzuta che conduce a portella della Ginestra (…) un terrore incontenibile mi soffocò e lottai per liberarmi (…) mentre una voce ordinava: ”non spostare i morti!” (…) e se il nostro maresciallo si comportava in quel modo, correndo per ogni pizzo e insistendo a dire: ”Lasciate i morti dove sono!”,(…) un qualche significato doveva pur esserci nelle sue parole (…), guardavo e davanti a me  si stendeva quella strada troppo nera (…) su cui si riversavano animali e cristiani, giumente sciolte senza padroni e bambini scalzi che singhiozzavano con la bocca aperta e le guance impastate di moccio”(pag.30)

    Il trauma subìto innescherà un meccanismo evolutivo nella coscienza di Enza che da quel giorno non sarà più bambina, perdendo la sua innocenza: “C’è un’immagine che non sopporto, mi dà dolore per quanto è ancora viva dentro di me…Ed è l’immagine della bambina che ero, tesa nello sforzo disperato di capire e di farsi capire. Mi affannavo, ce la mettevo tutta, ma l’impresa, inesorabilmente, rimaneva fuori dalla mia portata”(pag.143). Parallelamente si intreccia la storia di Lillo, il quale prenderà coscienza delle verità taciute, che offenderanno ancora di più la memoria delle  vittime con il processo di Viterbo. Questa è la parte più appassionata e rigorosamente documentata dall’autrice, in cui è meglio delineata la psicologia non solo del protagonista, ma anche di altri personaggi minori: i  familiari delle vittime. Essi sono quegli “umiliati ed offesi”, che tra innumerevoli disagi per i pochi mezzi  economici, lontani dalla loro terra, senza un alloggio , assisteranno ad un “processo farsa”, in cui prevarrà la ragion di stato e non si condanneranno i veri responsabili.  Sempre attraverso il punto di vista della protagonista femminile, conosciamo come si evolverà la vita del ragazzo, il suo trasferimento a Roma e il conseguimento della laurea in Giurisprudenza  all’università La Sapienza. Egli tornava puntualmente in Sicilia il primo maggio per la commemorazione  della strage di  Portella della Ginestra
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    La tragedia unisce sentimentalmente i due giovani, ma le loro vite resteranno a lungo separate. In un altro passo del romanzo Enza ricorda attraverso un flashback un ritorno a Palermo di Lillo per il ventennale della strage e fu in quel momento che avvertì  quanto si fosse  sentita da sempre legata a lui  “ Perché facevamo parte della stessa storia, perché avevamo nel cuore la stessa tirannia, come dice la tua canzone. Perché eravamo e saremmo stati per sempre i bambini della ginestra”(pag.201). Solo alla fine della narrazione, però,  il giovane, trovandosi  nuovamente a Palermo  e precisamente nella spiaggia di Mondello, manifesterà più liberamente i suoi sentimenti per lei: ”Il lido era deserto. C’eri solo tu ,accovacciata accanto ai raggi di un falò. Tracciavi segni sulla sabbia con un bastoncino annerito dalle fiamme(…) Il sole uscì per un attimo dalle nuvole (…). Ti guardai nella luce di quel tramonto senza colori, rischiarato dai raggi bassi e stanchi, stanchissimi, proprio come me, e mi chiesi per quale motivo non avessi mai visto quello che vedevo ora: la curva della nuca, la sottile dolcezza del collo…Magari ero troppo impegnato a scappare(…)E in un attimo accadde: il perenne senso di attesa in cui ero vissuto per oltre vent’anni(…) quella rabbia che mi dava l’essere orfano-orfano per volontà di qualcuno, non per disgrazia, quel livore si dissolse. Sparì. Forse sarebbe tornato, forse no, ma in quel momento allentò la stretta (…). Ti raggiunsi. Mi accucciai sulla rena cercando la tua mano e mentre ascoltavo la musica sottile ed intima dei tuoi orecchini, pensai che l’amore è un lavoro faticoso. Lungo e faticoso” (pag.259).

 Il sasso di Barbato

    La storia di si conclude  25 anni dopo la Strage di Portella. Tanto c’è voluto, secondo l’autrice del racconto, per consentire ai protagonisti di elaborare il lutto e ricostruire la loro vita e l’amore. Difatti, 25 anni dopo la Strage, Lillo scrive ad Enza una lettera da  Roma in cui le annuncia  di voler ritornare definitivamente a Palermo e  le dà appuntamento a Portella della Ginestra , nel luogo dove tutto ha avuto inizio, sul sasso Barbato su cui sono incise ancora  queste parole “qui sulla pietra di Barbato…mentre il popolo celebrava la festa del lavoro e la vittoria del 20 aprile, qui si abbatté il piombo della mafia e degli agrari…” (pag.266).
Giuseppina Bosco


1 commento:

  1. Invitiamo i lettori di questa recensione a vedere anche i precedenti post dedicati alla memoria della Strage di Portella. Per quento riguarda la leggendaria figura del medico socialista Nicola Barbato, leader del Movimento dei Fasci di fine ottocento, va ricordato che non si limitava a parlare di politica ai contadini analfabeti del tempo ma anche di poesia.

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