01 maggio 2015

EXPO 2015



Per saperne di più sulle critiche mosse all' EXPO milanese, oltre all'articolo seguente, può essere utile  dare un'occhiata alla rivista ShockPress n. 15, scaricabile da qui in pdf.



di Valerio Evangelisti


Ai tradizionali argomenti contro l’Expo (sfruttamento del lavoro precario, danni per l’ambiente, inquinamento malavitoso, spreco di denaro, ecc.) vorrei aggiungerne uno che non vedo citato spesso. La scelta di modello di crescita economica che una manifestazione del genere nasconde.
Nel corso della loro storia più che secolare, le Esposizioni universali hanno avuto due funzioni. La prima, mostrare lo “stato dell’arte” nel campo della tecnologia, dello sviluppo industriale, di quello che era definito genericamente “il progresso” (capitalistico, è ovvio). La seconda, far conoscere al mondo la posizione del paese ospitante in quel quadro, presentandolo come centrale e ben inserito nei grandi risultati raggiunti.
L’Italia è stata, fino a tempi recentissimi, la terza potenza industriale europea, dopo Germania e Francia. Sarebbe stato logico, dunque, che un’Esposizione universale esibisse i suoi gioielli in quel campo. Ma sono bastati pochi anni di crisi e molti di neoliberismo (leggi Unione Europea) perché quei gioielli fossero venduti, trasferiti altrove, messi all’asta, trasformati in carbone. Così come i lavoratori che li avevano creati.
L’Expo 2015 si profila dunque come un gigantesco ristorante, un Eataly di proporzioni colossali, secondo il progetto con cui Renzi (e Farinetti, e gli altri geni che gli stanno attorno) intendono rimodellare l’economia italiana e segnarne le sorti. Terra di cibi e musei, paese da turismo e da vacanze. Una Riviera Romagnola estesa all’intera penisola. A beneficio di chi? Degli Stati che dominano la UE, cui rimarrebbe il monopolio assoluto dell’industria pesante e della finanza. A loro le produzioni che contano e rendono, a noi l’accoglienza delle comitive.
Non ho citato la Riviera Romagnola a caso. E’ da sempre, per la conformazione della sua economia (che non ha andamento continuativo), la patria del lavoro precario e malpagato. Così come lo è l’agricoltura, che funziona a cicli. Vale anche per la Spagna, il Portogallo, la Grecia, Cipro. Tutta la catena dei debitori dell’Europa meridionale. L’Italia si è a lungo sottratta a questa regola, ma arriva l‘Expo a sancire la resa. Esibiamo cassette di frutta, formaggi, pizza, spaghetti, accanto a prodotti non più nostri perché venduti alle multinazionali dell’alimentazione.
Un simpatico mercato rionale, con forza-lavoro non organizzata né tutelata dalla legge da mandare a casa finito il ciclo stagionale “alto”. Accompagnato da guide turistiche, ragazzi di fatica, personale alberghiero, autisti ecc. (mancano solo i suonatori di mandolino) che, dopo il pranzo, rendano il soggiorno piacevole al ricco visitatore. Ricco perché ha ormai in mano l’essenziale dell’industria italiana, a cominciare dal comparto agro-alimentare.
Cosa resta da fare al cameriere ipersfruttato, in simili frangenti? Ce lo dice la logica. Rovesciare il tavolo del cliente e gettare il vassoio in faccia al padrone. Ricostruire un Primo Maggio di lotta e dignità.

Pubblicato il · in Interventi ·  http://www.carmillaonline.com/2015/05/01/expo-lindustria-del-mandolino/

4 commenti:

  1. I teppisti e delinquenti che oggi hanno devastato Milano saranno usati per criminalizzare ogni forma di civile dissenso?

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  2. vivo in un paese dove si ripete sempre la solita vecchia storia, cose già viste e sentite...si sa già in partenza come andrà a finire: arrivano, fanno casino è il loro lavoro e poi scompaiono nel nulla...nessuno verrà preso; i media racconteranno sempre le solite cretinate...giochi di apparati che servono per fomentare la paura...perchè dimentichiamo così velocemente e chiediamoci a chi giova tutto questo?

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  3. Che la nostra sia una società violenta dove ogni pretesto è buono per scaricare tensioni e rabbia è una verità assodata, così come l'esistenza di sacche (crescenti) di emarginazione e disagio sociale. Ma la politica (quella vera) serve proprio a questo, a dare voce a chi non ne ha. La critica può (anzi, deve) essere dura, ma mirata all'obiettivo del cambiamento.

    Le centinaia di violenti che ieri hanno devastato il centro di Milano hanno ottenuto un solo risultato: rafforzare il sistema che a parole dicono di voler combattere e far perdere di credibilità ad una protesta legittima.

    Oggi, grazie a loro, si parlerà solo di vetrine rotte ed auto incendiate e non delle ragioni sacrosante di chi era sceso in piazza per esprimere democraticamente il proprio dissenso.

    Verso di loro non è possibile alcuna tolleranza. Sono dei provocatori e vanno messi in condizione di non nuocere.

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  4. non tollero l'indignazione della borghesia per i danni degli 'spaccavetrine' (black block, o come cavolo volete che si chiamino). Non la tollero da chi non si indigna per le botte date agli studenti inermi, agli operai che manifestano, ai minatori sardi sulle banchine di Civitavecchia. Non tollero che ci si indigni quando va a fuoco un auto e non ci si indigni quando la paga di un immigrato, sfruttato da buoni e cattivi borghesi, è da fame. E' la maschera di chi ritiene (o forse, riteneva) di dovere 'esportare la democrazia', seminando bombe al fosforo ma guai a sporcare il salotto buono delle passeggiate in centro. Non tollero che si dia a queste cavolo di tute nere (che mi stanno pure sui coglioni) l'epiteto di 'vigliacchi', chi parla, chi ne scrive, non sa neanche se è vivo o se è morto. Non sa quel che dice. Quella gente, nel bene e nel male, rischia e pure tanto. Vigliacchi erano quelli che hanno ammazzato Cucchi, quelli sì che lo erano. Vigliacchi erano i massacratori della Diaz e di Bolzaneto. Quelli che manco vogliono un numerino sul casco per continuare a massacrare impunemente. Dopodiché, 'sti qua, 'sti black block, sono degli stronzi patentati, per una ragione: in primis, laddove ti metti a fare casino, devi evitare che ci vadano di mezzo ragazzi e ragazze che non sono preparati alla guerriglia urbana e che diventano, in questi casi, carne da macello. I più piccoli, i più deboli, vanno tutelati e difesi sempre.

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