28 maggio 2015

IL PESO DELLA MAFIA NEI PAESI SICILIANI



      Ci siamo già occupati in questo blog dell’ultimo lavoro dell’amico Santo Lombino. Torniamo volentieri a farlo anche per invitare i nostri lettori a partecipare alla presentazione del libro che si terrà domani sera, alle 20.30,  al Castello Beccadelli di Marineo (PA). Ne parleremo,  insieme all' autore, con Antonino Di Sclafani, Nino Scarpulla e Nino Triolo.
        Oggi ci soffermiamo brevemente a parlare di uno dei temi centrali analizzati con acribia dal libro.

         Giovanna Fiume e Pasquale Marchese trent’anni fa, nell’introdurre un prezioso libretto che parlava di Marineo ( G. Cirillo Rampolla, Suicidio per mafia. Ricorso al Ministro dell’Interno (1887), La Luna, Palermo 1986) notavano giustamente come i mafiosi che hanno occupato la scena della Sicilia Occidentale ( dai piccoli centri a Palermo) nel XIX secolo non erano dei briganti emarginati dalla “società civile” ma esponenti delle stesse classi dirigenti del tempo, insediati “legalmente” nei Municipi con a capo, spesso,  gli stessi sindaci: “Qui, come altrove, la mafia rappresenta il modo degenerato di gestire le risorse locali, detenendo saldamente le leve del potere politico nei municipi” (pp.16-17). 
     D'altra parte già Leonardo Sciascia, molto tempo prima, aveva parlato delle collusioni, ormai universalmente riconosciute, tra mafia e classi dirigenti e denunciato i danni prodotti dalla "borghesia mafiosa" che ha governato la Sicilia nel 900.

       La storia di Bolognetta di Santo Lombino, tra i tanti altri suoi meriti, ha quello di fornire ulteriori documentate prove di quanto sopra affermato.

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