Ci siamo già occupati in questo blog dell’ultimo lavoro dell’amico Santo Lombino. Torniamo volentieri a farlo anche per invitare i nostri lettori a partecipare alla presentazione del libro che si terrà domani sera, alle 20.30, al Castello Beccadelli di Marineo (PA). Ne parleremo, insieme all' autore, con Antonino Di Sclafani, Nino Scarpulla e Nino Triolo.
Oggi ci soffermiamo brevemente a parlare di uno dei temi
centrali analizzati con acribia dal libro.
Giovanna Fiume e Pasquale Marchese trent’anni fa, nell’introdurre
un prezioso libretto che parlava di Marineo ( G. Cirillo Rampolla, Suicidio per mafia. Ricorso al Ministro dell’Interno
(1887), La Luna, Palermo 1986) notavano giustamente come i mafiosi che
hanno occupato la scena della Sicilia Occidentale ( dai piccoli centri a
Palermo) nel XIX secolo non erano dei briganti emarginati dalla “società civile”
ma esponenti delle stesse classi dirigenti del tempo, insediati “legalmente”
nei Municipi con a capo, spesso, gli
stessi sindaci: “Qui, come altrove, la mafia rappresenta il modo degenerato di
gestire le risorse locali, detenendo saldamente le leve del potere politico nei
municipi” (pp.16-17).
D'altra parte già Leonardo Sciascia, molto tempo prima, aveva parlato delle collusioni, ormai universalmente riconosciute, tra mafia e classi dirigenti e denunciato i danni prodotti dalla "borghesia mafiosa" che ha governato la Sicilia nel 900.
La storia di Bolognetta di Santo Lombino, tra i tanti
altri suoi meriti, ha quello di fornire ulteriori documentate prove di quanto sopra
affermato.
Nessun commento:
Posta un commento