Recensione di Luca Menichetti ripresa da http://www.lankelot.eu/letteratura/dorfles-gillo-pittura-e-filosofia.html
Probabilmente il titolo "Pittura e
filosofia" del piccolo libro edito dalla Campanotto poteva essere
sostituito senza troppi problemi anche con "Pittura e poesia" o "Pittura
e scienza". Difatti la lettura dei due articoli giovanili di Gillo
Dorfles e le riflessioni contenute negli scritti di Luca Cesari e Luigi
Sansone evidenziano una personalità multiforme che intendeva valorizzare
la connessione tra forme artistiche e ricerca scientifica. Sappiamo che
Gillo Dorfles, partendo da un'approfondita e precoce conoscenza
dell'antroposofia steineriana, fu protagonista di un percorso culturale
che lo portò anni dopo a fondare il MAC (Movimento Arte Concreta) e a
mettere nero su bianco i principi della propria estetica nel "Discorso
tecnico delle arti" (1952). Una corrispondenza tra le arti che, come in
maniera diversa sottolineano Cesari e Sansone, parte appunto da lontano e
trova conferma anche nelle opere pittoriche più recenti. Se
l'attenzione dell'artista e intellettuale triestino era ed è volta a
riconoscere la totalità dell'espressione artistica, allora diventa più
chiaro il significato degli articoli pubblicati da Dorfles su "Le arti
plastiche" del 1933, che anticipano le riflessioni teoriche compiute
degli anni '50. Con "Raffello, un pittore fuori moda" Dorfles ha
proposto un articolo in qualche modo controcorrente, almeno in un tempo
in cui il grande Urbinate veniva sottovalutato dalla critica di Longhi e
Venturi: la proposta di accostare Raffaello "con completa
comprensione", e perciò i riferimenti alla "bellissima donna vista di
spalle e al "ragazzo invasato" (pp.23), secondo Luca Cesari, mostrano
una consonanza con quanto dichiarò Steiner sempre sulla
"Trasfigurazione": "vi compare una straordinaria premonizione delle
difficoltà che la natura artistica del Bello e la sua Idea, esaltati da
Raffaello avrebbero incontrato nell'avvento di un'epoca misurata sul
mito del Bello per il Bello e per l'Arte per l'Arte che, a discapito del
concetto fattosene dal Venturi non è quella predominante in Raffaello"
(pp.16). Così Steiner citato dalla sua "Storia dell'arte, specchio di
impulsi spirituali": "Solo ora viene il tempo in cui si comincerà sempre
più a non comprendere Raffaello, a comprenderlo di meno perché l'epoca
stessa è diventata più vecchia di quanto Raffaello potesse dare al suo
tempo" (pp.16).
L'orientamento di Dorfles nei confronti
della corrispondenza delle arti lo possiamo cogliere ancora più
esplicito nell'articolo "Goethe, grande disegnatore": una sorta di
premessa a quanto poi l'artista triestino andrà definendo in futuro,
ovvero l'espressione artistica come “globalità di attività gnoseologica”
e quindi "inclusiva d’arte, filosofia, critica, chiamate a integrarsi".
Coerentemente gli studi di Dorfles sull'arte contemporanea -
ricordiamolo - si sono sempre caratterizzati per una rivendicata
attenzione agli aspetti sociali, antropologici, linguistici dei fenomeni
estetici e culturali. In questo senso possiamo comprendere l'importanza
della figura di Goethe, genio della "totalità", nella formazione
culturale del giovane Dorfles. L'articolo del 1933 merita quindi una
citazione: "Nella sua Farbenlehre, la dottrina dei colori, Goethe parla
per il primo di colori caldi e freddi: il richiamo a questa sensazione
profonda del colore da parte di tutto l'organismo e non solo degli
occhi, ricorre spesso nella sua opera [...] Questa intima percezione
delle cose e della natura è uno dei caratteri fondamentali della mente
goethiana [...] comprese come all'osservazione della cose fosse legata
la loro essenza artistica [...] Questo nesso estetico e spirituale che
lega fra di loro gli organi del corpo umano per farne un tutto armonico e
non un semplice accumulo di cellule e di fibre, sfugge all'occhio miope
del naturalista attuale che ha sepolto in sé ogni interesse estetico, e
non interessa l'artista di oggi che vive in una completa ignoranza
d'ogni fenomeno naturale" (pp.24).
Il libro della Campanotto contiene poi
delle illustrazioni di alcune opere pittoriche recenti di Dorfles,
efficacemente precedute dalle osservazioni di Luigi Sansone: "Mi trovavo
al Museo d'Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto [...]
decine di occhi mi fissavano in ogni direzione, erano gli occhi delle
creazioni di Dorfles: inedite creature, organismi indefinibili, nati da
contaminazioni tra mondo umano, animale e vegetale, fluttuanti e
dinamici in un perenne processo di evoluzione" (pp.29). Un percorso
creativo lunghissimo e che lo stesso Dorfles, citato da un'intervista
del 2001, ha inteso esprimere con parole ancora una volta molto
esplicite e che si richiamano ad una visione dell'arte che già si poteva
cogliere nei suoi scritti giovanili: "Ciò che a me interessava nelle
ricerche che ho fatto era sopratutto di identificare quello che è
il nostro modo di esprimere la realtà del mondo interno e del mondo
esterno [...] Comunque non è dal macro che dobbiamo partire bensì dal
micro, dalle nostre percezioni, dal nostro modo di creare, dal nostro
modo di porci di fronte all'opera d'arte e non solo di fronte alla
stessa, ma anche di fronte a tutto quello che fa parte della nostra
vita" (pp. 32)
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE:
Gillo Dorfles, (Trieste, 12
aprile 1910), è un critico d'arte, pittore e filosofo italiano. Laureato
in medicina, con specializzazione in psichiatria, è stato professore
universitario di estetica e a partire dall’immediato dopoguerra si è
imposto in Europa e nelle Americhe come una delle personalità più
attente agli sviluppi dell’arte e dell’estetica contemporanee. Tra le
sue opere più note ricordiamo: Simbolo comunicazione consumo (1962), Nuovi riti, nuovi miti (1965), Artificio e natura (1968), Il Kitsch (1968), Le oscillazioni del gusto (1970), Introduzione al disegno industriale (1972), Dal significato alle scelte (1973), Mode & Modi (1979), Elogio della disarmonia (1986), L’intervallo perduto (1988), Il feticcio quotidiano (1990), Preferenze critiche (1993).
Gillo Dorfles, “Pittura e filosofia”,
Campanotto Editore (collana “Zeta Rifili”), Pasian di Prato 2014, pp.
48. Testi di Luca Cesari e Luigi Sansone.
Luca Menichetti. Lankelot, maggio 2015
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