Il modello di rapporto tra potere e società al quale si ispirano i finti riformatori è vecchio di qualche secolo. Eccolo puntualmente descritto in un articolo tratto da La tecnica della scuola, il quotidiano della scuola online.
Nel lontano medioevo il re, i vassalli, i valvassori e i valvassini
rappresentavano una precisa struttura piramidale utile a esercitare il
potere dei potenti sul territorio. Il re nominava il vassallo come suo
fedele rappresentante. Il vassallo diventava così il responsabile di un
feudo acquisendo il diritto di goderne i frutti ed i benefici, in altre
parole il comando delle terre, dei braccianti e dei castelli.
In cambio i vassalli garantivano piena obbedienza al loro Re. I vassalli a loro volta potevano nominare i valvassori, altri nobili di rango inferiore, che diventavano loro fedeli e gestivano parte dei possedimenti. Il valvassore (etimologicamente, dal latino: vassus vassorum) era quindi un vassallo non direttamente dipendente dal sovrano ma da un altro vassallo. Infine c'erano i valvassini, ultimo gradino della piramide, scelti dai valvassori che potevano ancora suddividere ed investire altri nobili di rango più basso. Questa ragnatela di potere permetteva di controllare il territorio e di padroneggiare la servitù della gleba. Nella scuola di oggi pare esistere la stessa struttura piramidale.
Il Re che decide di annunciare riforme che impattano sull'impegno lavorativo dei docenti, i vassalli che cercano di far apparire il cambiamento delle regole come unica soluzione per uscire dalla situazione di stallo organizzativo in cui si trova la scuola, i valvassori di rango inferiore che dicono: "Io sto con il Re" e infine i valvassini che dicono: "Io sto con il valvassore".
Questo potere vorrebbe far sfumare le proteste della servitù della gleba, ovvero di quella docenza che non conta, ma deve solo ubbidire e possibilmente non fiatare, perché indebolire l'immagine del Re non fa bene a quell'Europa sempre prodiga nel chiedere sacrifici e austerità.
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La tecnica della scuola, 8 maggio 2015
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