29 aprile 2016

LA LINGUA, I DIRITTI E IL LAVORO IN FRANCIA




       Condivido pienamente l'opinione di una cara amica secondo la quale i francesi capiscono la sporcizia della riforma del mercato del lavoro, proposta da Hollande sulla falsariga del Job-act renziano,  anche perché usano la loro lingua per definire le cose. Da noi, invece, l'anestesia passa anche attraverso l'inglese, questo sconosciuto. Ma non solo attraverso di questo.
        Di seguito la cronaca delle giornate di lotta  dei giovani francesi che mi ricordano tanto un maggio lontano...

Mezzo milione in piazza contro la «Loi Travail»

Francia. In tutto il paese quarta giornata di proteste di giovani e sindacati contro il «Jobs act» di Hollande.  

di Anna Maria Merlo
 
Quarta giornata di mobilitazione in due mesi in tutta la Francia contro la loi Travail, mentre il 3 maggio inizia il dibattito all’Assemblea sulla contestata riforma che porta il nome della ministra El Khomri.
A Parigi, la polizia ha cercato di dividere il corteo, anche con l’aiuto di un drone e di un elicottero, isolando i casseurs, circa 300 giovani, che si sono piazzati in testa al corteo, sfidando le forze dell’ordine. All’altezza della Gare d’Austerlitz sono cominciati gli scontri, lacrimogeni in risposta a lanci di oggetti contro gli agenti, poi ancora scene di guerriglia urbana al di là della Senna verso Nation, sono arrivati i pompieri per spegnere gli incendi di pattumiere.
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Il ministro degli Interni, Bernard Cazeneuve, ha affermato che 24 poliziotti sono stati feriti, tre gravemente, uno è in codice rosso, 124 fermi in tutta la Francia.
Feriti anche tra i manifestanti. L’Unef, sindacato degli studenti, condanna l’uso «sproporzionato della forza» da parte della polizia.
La partecipazione non è stata lontana da quella del 9 aprile (500mila in tutta la Francia per la Cgt, 170mila per la polizia), in calo rispetto al 31 marzo soprattutto nella capitale (a scuola ci sono le vacanze di primavera).
Come in precedenza, c’è stata la coesistenza di due cortei a Parigi: in testa, gruppi molto ostili alla polizia, presente in forza, con slogan aggressivi e viso coperto, il grosso sono militanti del Mili (Movimento inter-lotte indipendente, nato nell’autunno del 2013, dopo l’espulsione di Leonarda, una liceale kosovara), seguiti da una marcia sindacale e studentesca tradizionale, con i leader delle sette organizzazioni che hanno invitato alla protesta (Cgt, Fo, Fsu, Solidaires, Unef, Fidl, Unl, non la Cfdt, che ha trattato con il governo per modificare alcuni punti della loi Travail).
Nel corteo, forte presenza visibile della Nuit Debout. La manifestazione, da Denfert a Nation, non è passata per place de la République ma in serata l’assemblea Nuit Debout ha invitato dei rappresentanti sindacali.
La Prefettura, che temeva tensioni, ha proibito ogni corteo da place de la République dopo le ore 19 e anche la musica è stata vietata.
Ci sono stati scontri in varie città, i più gravi a Rennes, Marsiglia, Tolosa, Lione, Nantes e Le Havre. Ci sono stati alcuni scioperi.
In testa al corteo, che ha proceduto con molta lentezza, slogan molto ostili alle forze dell’ordine, «tutti detestano la polizia», «abbasso lo stato, i flic (poliziotti, nda) e i padroni». In testa, all’inizio del corteo, anche un «Pink Bloc» di rappresentanti della commissione Lgtb della Nuit Debout. Poi un collettivo di studenti «interfac» con alla guida Paris VIII
. Critiche alla Cfdt, che tratta con il governo: «Berger, non siamo delle pecore» (Berger è il cognome del segretario della Cfdt e significa «pastore»).
Liceali, disoccupati, lavoratori, dobbiamo lottare tutti assieme, vinceremo tutti assieme», «Notte in piedi, giorno in sciopero», «Stasera restiamo tutta la notte», oltre ad appelli allo sciopero generale e un molto più terra-terra «crescita ritorna!».
In serata, prima del divieto della Prefettura, era previsto un appuntamento all’assemblea di place de la République, con i sindacati invitati da Nuit Debout. La relazione non è semplicissima. Quando François Ruffin, l’autore del documentario Merci patron!, tra gli iniziatori di Nuit Debout, ha proposto una manifestazione comune il 1° maggio, l’accoglienza non è stata scontata.
La «convergenza delle lotte» ricercata da Nuit Debout si scontra con il pragmatismo dei sindacati. In particolare, Fo, più tradizionale, insiste nel voler limitare la mobilitazione contro la loi Travail, per ottenerne il ritiro. La Cgt è più aperta al dialogo, c’è stato un incontro di Nuit Debout anche con il segretario Philippe Martinez. Solidaires invece fin dall’inizio è presente a Nuit Debout.
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Il governo cerca di disinnescare la protesta. Nella notte tra mercoledì e giovedì è stato raggiunto un accordo sugli intermittenti dello spettacolo, che la Cgt giudica «buono»: 507 ore di lavoro in 12 mesi (finora dovevano essere realizzate in 10,5 mesi) per ottenere la disoccupazione, 90 milioni dal governo per un fondo di sostegno che dovrebbe compensare il 50% dei tagli chiesti dal padronato. La ministra della Cultura, Audrey Azoulay, ha chiesto di mettere fine all’occupazione di vari teatri e di «restituirli al pubblico».
All’Odéon e alla Comédie française l’occupazione è sospesa ma ieri sera gli spettacoli previsti sono stati comunque annullati (l’Unedic, la struttura che gestisce la disoccupazione, intende respingere l’accordo, giudicandolo troppo favorevole ai lavoratori e rischioso per i conti).
In tarda serata l’Odéon è stato comunque sgomberato dalla polizia.
Martedì la legge El Khomri arriva all’Assemblée nationale, dove sono già stati presentati più di 3mila emendamenti. Il testo iniziale è stato modificato in alcuni punti, su pressione della Cfdt. Ma il Medef (padronato) minaccia di ritirarsi dalle trattative in corso con i sindacati se alcune promesse del governo – come la tassazione dei contratti a tempo determinato – non saranno annullate. In altri termini, tensione e confusione continuano, dopo i passi indietro del governo, dai tetti agli indennizzi dei tribunali del lavoro in caso di licenziamento abusivo diventati solo più «indicativi» e non obbligatori, all’estensione della «garanzia giovani», al conto personale di attività ecc. Per la destra la legge è ormai «svuotata e denaturata».
I giovani, anche se la legge El Khomri non li riguarda esclusivamente, accusano la riforma di istituzionalizzare il precariato, di annacquare le 35 ore, di facilitare i licenziamenti e di lasciare mano libera al padronato nelle imprese, immolando i diritti acquisiti sull’altare della competitività. Ai socialisti al governo ribattono «valiamo più di questo» e li accusano di aver ceduto all’ideologia di destra che considera la protezione del lavoro nemica dell’occupazione. In altri termini, li considerano «traditori».
François Hollande, ieri in visita a un sito di Thales, ha ribadito che la legge El Khomri non verrà ritirata: «L’obiettivo della loi Travail è di fare in modo che le assunzioni siano a tempo indeterminato». Il governo potrebbe scegliere la forza, mettendo la fiducia.

da  IL MANIFESTO 29 APRILE 2016

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