Riprendo alcuni passi di una recente intervista rilasciata da Tullio De Mauro a La Voce di New York che ci aiuta a comprendere meglio l' Italia d'oggi:
Professor De Mauro, nel 2010 aveva condotto uno studio sull’analfabetismo in Italia. Ci fa il punto sui dati raccolti allora, sulle novità e come si dividono?
“Da molti anni, perlomeno dalla Storia linguistica dell’Italia unita
del 1963, ho cercato di raccogliere dati sull’analfabetismo strumentale
(totale incapacità di decifrare uno scritto) e funzionale (incapacità
di passare dalla decifrazione e faticosa lettura alla comprensione di un
testo anche semplice) e ho cercato di richiamare l’attenzione dei miei
illustri colleghi sul peso che l’analfabetismo ha sulle vicende
linguistiche e, ovviamente, sociali in Italia. Avevamo dati
sull’analfabetismo strumentale, ma per l’analfabetismo funzionale
avevamo solo sondaggi parziali e ipotesi, a elaborare le quali abbiamo
lavorato a lungo in diversi, ricordo qui almeno e soprattutto il
professor Saverio Avveduto a lungo presidente dell’UNLA (Unione
Nazionale per la Lotta all’Analfabetismo). Dai tardi anni
novanta dello scorso secolo per merito di Statistics Canada (il centro
statistico nazionale canadese) sono state promosse accurate indagini
comparative e osservative su estesi campioni statistici delle
popolazioni per determinare diversi
gradi di analfabetismo nei diversi paesi del mondo. Già nel 2005 ho
potuto utilizzare questi dati. Nel 2014 è giunta a compimento la terza
indagine comparativa internazionale gestita dall’OCSE (l’Organizzazione
di cooperazione e sviluppo economico). L’indagine è chiamata PIAAC, Programme for International Assessment of Adult Competencies), e per quasi trenta paesi del mondo, tra cui l’Italia, ha definito cinque livelli di alfabetizzazione in literacy e numeracy delle popolazioni in
età di lavoro (16-65 anni), dal livello minimo di analfabetismo
strumentale totale, a un secondo livello quasi minimo e comunque
insufficiente alla comprensione e scrittura di un breve testo, ai
successivi tre gradi di crescente capacità di comprensione e scrittura
di testi, calcoli, grafici. Dati analitici sul nostro e altri paesi possono trovarsi in un mio libro più recente, Storia linguistica dell’Italia repubblicana (Laterza,
Bari 2014). Qui il nostro focus è l’Italia. Come in Spagna il 70% della
popolazione in età di lavoro si colloca sotto i due primi livelli.
Soltanto un po’ meno di un terzo della popolazione ha quei livelli di
comprensione della scrittura e del calcolo dal terzo livello in su che
vengono ritenuti necessari per orientarsi nella vita di una società
moderna. Ma il fenomeno ha gravi dimensioni in tutti i paesi studiati
anche se nessuno raggiunge i livelli negativi di Italia e Spagna. Più
della metà della popolazione è in condizioni che potremmo dire
“italo-spagnole” negli USA e (a decrescere), in Francia, Gran Bretagna,
Germania ecc. Perfino in paesi virtuosi, per eccellenza dei sistemi
scolastici e diffusione della lettura, si trovano percentuali di
analfabeti prossime al 40%: così in Giappone, Corea, Finlandia, Paesi
Bassi.
Il problema dunque, pur a diversi livelli di gravità, non è
solo italiano. Anche dopo avere acquisito buoni, talora eccellenti
livelli di literacy e numeracy in età scolastica, in età
adulta le intere popolazioni sono esposte al rischio della regressione
verso livelli assai bassi di alfabetizzazione a causa di stili di vita
che allontanano dalla pratica e dall’interesse per la lettura o la
comprensione di cifre, tabelle, percentuali. Ci si chiude nel proprio
particolare, si sopravvive più che vivere e le eventuali buone capacità
giovanili progressivamente si atrofizzano e, se siamo in queste
condizioni, rischiamo di diventare, come diceva Leonardo da Vinci, transiti di cibo più che di conoscenze, idee, sentimenti di partecipazione solidale”.
L’analfabetismo fa credere che la realtà sia diversa da
quella vissuta. Quali sono i problemi che il nostro paese affronta a
causa dell’inconsapevolezza dei cittadini?
“I problemi sono molti. Mi limiterò qui a ricordare solo
quel che illustri economisti come Luigi Spaventa o Tito Boeri hanno
spiegato: il grave analfabetismo strumentale e funzionale incide
negativamente sulle capacità produttive del paese e, a loro avviso, è
responsabile del grave ristagno economico che affligge l’Italia dai
primi anni novanta”.
Qual è la percentuale degli italiani che ha una
comprensione dei discorsi politici o che capisca come funzioni la
politica italiana?
“È certamente inferiore al 30%”.
Secondo Socrate “c’è un solo bene: il sapere. E un solo
male: l’ignoranza”. Oggi si combatte l’analfabetismo altrui oppure si
usa come arma di sfruttamento per arrivare al potere?
“Purtroppo l’analfabetismo è oggettivamente un instrumentum regni, un mezzo eccellente per attrarre e sedurre molte persone con corbellerie e mistificazioni”.
Il testo integrale dell'intervista lo trovate in http://www.lavocedinewyork.com/arts/lingua-italiana/2016/03/28/analfabetismo-italiano-e-la-repubblica-fondata-sullignoranza/
Nessun commento:
Posta un commento