Siria, aprile 2016
Mercoledì notte un ospedale di Medici Senza Frontiere è stato colpito in un attacco aereo compiuto sul quartiere Sukkari di Aleppo, una città nel nord della Siria. Nel bombardamento sono state uccise almeno 27 persone, tra cui tre bambini e sei membri dello staff medico, scrive il New York Times citando fonti locali.
In uno dei suoi ultimi libri, Me-ti. Il libro delle svolte, Bertolt Brecht scrive una serie di apologhi in cui, con linguaggio cifrato, prende le distanze dallo stalinismo che aveva finito per stravolgere le idee politiche a cui aveva creduto da giovane.
Questa mattina mi piace dedicare uno di questi apologhi a mio figlio Gaetano che svolge onestamente il suo lavoro di medico anestesista in un Ospedale pubblico della nostra Repubblica.
Il medico apolitico
Il filosofo Me-ti si intratteneva con alcuni medici sulle cattive
condizioni dello Stato e li esortò a collaborare alla loro soppressione.
Essi rifiutarono adducendo il motivo che non erano uomini politici. Al che egli
replicò narrando la storia seguente.
Il medico Shin-fu prese parte alla guerra dell’imperatore Ming per la conquista della provincia di Chensi. Egli lavorava come medico in diversi ospedali militari, e la sua opera fu esemplare, in quanto ancora molto tempo dopo si insegnò nelle scuole di medicina che quella sua opera di medico doveva appunto essere chiamata esemplare. La mano artificiale da lui costruita per i soldati che avevano perso una mano fece parlar molto di sé. Come medico, egli poteva considerare risolto il problema della sostituzione di membri con protesi. Soleva dire che egli doveva questo perfezionamento della sua arte medica solo alla severa rinuncia a tutti gli altri interessi al di fuori di quelli medici. Interrogato sullo scopo della guerra cui partecipava, diceva: Come medico non posso giudicarla, come medico io vedo solo uomini mutilati, non colonie redditizie. A corte non gli si prendevano queste dichiarazioni in malaparte a causa dei suoi meriti come medico. La corte poté chiudere un occhio quando, richiesto del suo atteggiamento nei confronti degli scritti del sovversivo Ki-en, che respingeva la guerra, la conquista, l’obbedienza dei soldati, l’impero e la bassa mercede dei contadini e dei coolies, egli rispose soltanto: Come filosofo potrei avere un’opinione in proposito, come uomo politico potrei combattere l’impero, come soldato potrei rifiutarmi di obbedire o di uccidere il nemico, come coolie potrei trovare troppo bassa la mia mercede, ma come medico non posso far nulla di tutto questo, posso fare solo quello che tutti costoro non possono, e cioè guarire ferite. Purtuttavia si dice che una volta, in una certa occasione, Shin-fu abbia abbandonato questo punto di vista elevato e coerente. Durante la conquista da parte del nemico di una città in cui si trovava il suo ospedale, si dice che sia fuggito precipitosamente per non essere ucciso come seguace dell’imperatore Ming. Si dice che, travestito, come contadino sia riuscito a passare attraverso le linee nemiche, come aggredito abbia ucciso delle persone e come filosofo abbia risposto ad alcuni che gli rimproveravano il suo comportamento: Come faccio a continuare a prestare la mia opera come medico, se vengo ucciso come uomo?
Il medico Shin-fu prese parte alla guerra dell’imperatore Ming per la conquista della provincia di Chensi. Egli lavorava come medico in diversi ospedali militari, e la sua opera fu esemplare, in quanto ancora molto tempo dopo si insegnò nelle scuole di medicina che quella sua opera di medico doveva appunto essere chiamata esemplare. La mano artificiale da lui costruita per i soldati che avevano perso una mano fece parlar molto di sé. Come medico, egli poteva considerare risolto il problema della sostituzione di membri con protesi. Soleva dire che egli doveva questo perfezionamento della sua arte medica solo alla severa rinuncia a tutti gli altri interessi al di fuori di quelli medici. Interrogato sullo scopo della guerra cui partecipava, diceva: Come medico non posso giudicarla, come medico io vedo solo uomini mutilati, non colonie redditizie. A corte non gli si prendevano queste dichiarazioni in malaparte a causa dei suoi meriti come medico. La corte poté chiudere un occhio quando, richiesto del suo atteggiamento nei confronti degli scritti del sovversivo Ki-en, che respingeva la guerra, la conquista, l’obbedienza dei soldati, l’impero e la bassa mercede dei contadini e dei coolies, egli rispose soltanto: Come filosofo potrei avere un’opinione in proposito, come uomo politico potrei combattere l’impero, come soldato potrei rifiutarmi di obbedire o di uccidere il nemico, come coolie potrei trovare troppo bassa la mia mercede, ma come medico non posso far nulla di tutto questo, posso fare solo quello che tutti costoro non possono, e cioè guarire ferite. Purtuttavia si dice che una volta, in una certa occasione, Shin-fu abbia abbandonato questo punto di vista elevato e coerente. Durante la conquista da parte del nemico di una città in cui si trovava il suo ospedale, si dice che sia fuggito precipitosamente per non essere ucciso come seguace dell’imperatore Ming. Si dice che, travestito, come contadino sia riuscito a passare attraverso le linee nemiche, come aggredito abbia ucciso delle persone e come filosofo abbia risposto ad alcuni che gli rimproveravano il suo comportamento: Come faccio a continuare a prestare la mia opera come medico, se vengo ucciso come uomo?
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