20 dicembre 2017

LA SVENDITA DEI BENI DEMANIALI


Castello Orsini, Sicilia



Brucoli, Augusta

      L'emendamento di cui Salvatore Settis ragiona nell'articolo seguente, a quanto pare, è stato ritirato. Non è improbabile tuttavia che altri ci riprovino. Non sbaglia, secondo me, "Il Fatto" nel pubblicare ugualmente l'intervento dell'illustre studioso e anch'io lo "posto" qui, a futura memoria.

Beni del demanio in vendita per pochi spiccioli. 

L'allarme di Salvatore Settis

Pare una storia alla Houellebecq: in una capitale europea, il ministero della Difesa vuole cedere a un emiro del Golfo Persico la sede dello Stato Maggiore. Ma è quanto sta accadendo, e questa capitale è Roma. Un emendamento al bilancio di previsione dello Stato per il 2018, proposto dal ministero della Difesa l’11 dicembre (e ritirato ieri sera), prevede la cessione di beni immobili dello Stato, anche appartenenti al Demanio, a Stati esteri, con conseguente sdemanializzazione del bene venduto. “I proventi della cessione che si concluderanno entro il 31 marzo 2018 sono riassegnati allo stato di previsione del ministero interessato per le esigenze di funzionamento e di investimento”. Dietro l’apparente neutralità di questo linguaggio, si cela un abisso: la negazione di un carattere essenziale delle proprietà demaniali, la totale inalienabilità.
Ma perché questo pubblico suicidio dello Stato? Il linguaggio generalizzante della legge (che deve comunque riferirsi a caserme o altri immobili di competenza della Difesa) cela un caso concreto assai particolare, anzi urgente dato che si allude a una trattativa da concludersi entro marzo 2018. Dato che lo Stato Maggiore si sposterà nella nuova sede di Centocelle, uno Stato del Golfo Persico (a quel che pare, il Qatar) avrebbe offerto di acquistare la sede di Via XX Settembre (per intenderci: a un passo dal Quirinale) per destinarla alla propria Ambasciata. E, con una sottomissione degna di miglior causa, la Difesa propone una norma che possa servire da foglia di fico di questa operazione. Il ministero, lo dice l’emendamento, ha evidentemente bisogno di introiti per non meglio specificate “esigenze di funzionamento e di investimento”.
La relazione illustrativa prevede che la norma, se approvata, si estenda a tutti gli edifici pubblici, anche a immobili del demanio culturale: la procedura di cessione agli Stati esteri prevede un decreto del Presidente del Consiglio su proposta del ministro degli Esteri e del ministro di volta in volta interessato (oggi la Difesa, domani le Infrastrutture o la Giustizia), con l’intesa del ministro dei Beni Culturali. Tutti i ministeri sono invitati da ora in poi, se hanno esigenze di bilancio, a mendicare all’estero. Impallidisce, al confronto, il fallimentare programma di cartolarizzazioni e dismissioni avviato da Tremonti e Berlusconi nel generale ludibrio. E si inaugura, se questa norma passerà, la stagione di una grande svendita dello Stato ai petrodollari. Complimenti al ministro della Difesa, che sta provando a pugnalare alle spalle il Demanio e lo Stato. Sarà per celebrare degnamente il centenario di Caporetto?

Salvatore Settis su Il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2017

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