11 ottobre 2021

PUO' ESISTERE UN "FASCISMO LIBERTARIO"?

 

Disegno originale del Dott. Carlo Greco



Riprendo dal sito http://www.leparoleelecose.it/?p=42554 questo bel pezzo di Sergio Benvenuto


FASCISMO LIBERTARIO

1.

Mi stupisce che non ci si sia molto stupiti del fatto che, da quando è scoppiata l’epidemia da coronavirus, i corifei dei “diritti civili”, delle “libertà elementari del cittadino”, del “diritto alla libera scelta se vaccinarsi o meno”, insomma, di tutto ciò che è protesta libertaria contro divieti e imposizioni di uno stato severo, siano per lo più esponenti della destra, soprattutto estrema.

Proprio mentre scrivo (9 ottobre) manifestanti neo-fascisti “no-vax” devastano il centro storico di Roma al grido “Libertà!”

 

Trump si è distinto per una sistematica sottovalutazione dell’epidemia da coronavirus, gli stati repubblicani degli USA sono stati i più restii a imporre un rigido lockdown. In Italia, Lega e Fratelli d’Italia si sono fatti paladini della difesa della libera scelta se mantenere la distanza sociale, se vaccinarsi o meno… La stessa destra che nega alla donna la libertà di abortire, che vuole più polizia e più Ordine, che vorrebbe negare agli omosessuali certi diritti, che ammira despoti vecchi e nuovi (a cominciare da Putin e Orbán)… questa stessa destra si fa portavoce di anarchismo individualista.

 

Molti hanno denunciato la contraddizione. Ma denunciare le contraddizioni di un discorso politico non è mai veramente capirlo. In fondo, qualsiasi narrazione politica, vista dall’esterno, è sempre piena di contraddizioni. Capire una narrazione politica non è accettarla, ovviamente, ma è mettere allo scoperto i suoi moventi profondi, “inconsci”. Anche le idee, le teorie, hanno un loro inconscio. Le narrazioni politiche contraddittorie esprimono sempre una loro “logica”.

 

2.

 

Gran parte di quello che si riconosce come elettorato di destra ha un solo vero interesse fondamentale: che gli si risparmi di dover pensare politicamente. È la donna e l’uomo che dice “Mi si lasci lavorare in pace! Voglio occuparmi solo degli affari miei”. Il punto è che la politica è occuparsi non solo degli affari propri, ma anche di quelli degli altri. Politica è sempre immischiarsi nelle faccende altrui. Pensare politicamente significa non accontentarsi della Mano Invisibile di Smith, ma porsi il problema di una Mano ben visibile, quella dello stato, delle leggi per tutti, degli interessi non solo miei.

 

Siccome però ogni tanto occorre andare a votare, per quale partito voterà chi vuole essere liberato dalla politica? Per un partito, di solito di destra, che dice in modo esplicito o implicito quel che lei o lui vuole sentire: “Continua a occuparti tranquillamente degli affari tuoi! Alla politica ci pensiamo noi”. Si tratta ovviamente di un progetto insostenibile, ingannevole: quando un governo decide, necessariamente deve accontentare qualcuno e scontentare qualcun altro, è difficile fare una politica di vantaggio universale per tutti. (Questa è un’evidenza che bisognerebbe ricordare anche alla sinistra, che parla spesso di Popolo come se esso non fosse diviso.) E si decide di scontentare qualcuno e accontentare qualcun altro sulla base di una certa idea di Bene sociale comune. Ma l’elettore tipicamente di destra non vuol sentir parlare del Bene comune. Essere di destra è volere un quadrato rotondo: avere una politica che dispensi dalla politica.

 

La demagogia di destra si basa di solito su questa turlupinatura. Per esempio, quando Berlusconi cavalcava il populismo, disse “con le tasse lo stato mette le mani nelle vostre tasche!” È quel che l’Uomo Qualunque vuol sentirsi dire. Non è soltanto un invito sghembo a evadere le tasse, è affermare la narrazione secondo cui “conta soltanto il tuo interesse personale!”, e in effetti nessuno di noi è contento di pagare le tasse. Anche persone di estrema sinistra del ceto medio trovano che le tasse che loro devono pagare sono sempre troppo alte… Ma il demagogo non dice che senza le tasse non possono funzionare i beni comuni che assicura lo stato: scuole, ospedali, strade, ferrovie… (E così Mario Monti, da presidente del consiglio, rovesciò la blandizia berlusconiana dicendo “Chi evade le tasse mette le mani nelle tasche di chi le paga!”) Il demagogo sfrutta l’illusione che ci possa essere una politica in-politica, una politica che mi dispensi di pensare alla Polis.

 

Si è tentati di dire che la destra si caratterizza allora per la negazione della realtà, come accade con il negazionismo ecologico. Tutta la destra detesta Greta Thunberg, per essa il riscaldamento globale dovuto all’uomo è una bufala. Ora, a fil di logica, preoccuparsi dello stato fisico del pianeta non dovrebbe essere né di sinistra né di destra, dovrebbe essere un problema degli esseri umani in generale. Eppure essere di destra equivale spesso a negare il cambiamento climatico prodotto dall’uomo. La ragione profonda, a mio parere, è che il rigetto della politica da parte del “qualunquista” si estende a quella Polis che è l’umanità intera: egli non vuole che il proprio particulare venga disturbato dalla considerazione dell’universale. Se l’homo di destra rifiuta di occuparsi degli interessi generali della propria società, figurarsi degli interessi generali dell’umanità! Come disse Trump, “America first!”, ovvero pensiamo soprattutto a noi americani, che gli altri si arrangino. Che il pianeta se la sbrogli da solo!

 

3.

 

Ho detto l’Uomo Qualunque. Prese questo nome un movimento fondato da un commediografo napoletano (già la politica-spettacolo!), Guglielmo Giannini, nel 1945. Durò solo un paio d’anni, ma ottenne risultati elettorali clamorosi soprattutto al Sud. La politica dell’Uomo Qualunque coincideva con un appello all’anti-politica: “diamo voce all’uomo qualunque che paga troppe tasse, che non vuole che gli si rompano le scatole!” Appunto, la politica è rompi-scatole. La politica mi impone la mascherina e il vaccino, oggi.

 

Di fatto, l’Uomo Qualunque era un movimento che ricompattava l’opinione fascista. Lo stesso Giannini, poi, rifluì nel partito monarchico di destra. Nell’immediato Dopoguerra non ci si poteva dire filo-fascisti, perché non bisogna mai schierarsi con i perdenti. Allora i fascisti presero a dire: siamo Gente Qualunque. Da qui viene Cetto La Qualunque, l’eroe grottesco di Antonio Albanese. Ma qui è la terribile complicazione di quella che chiamiamo mentalità di destra.

Il paradosso è che del fascismo si può dire ogni male, tranne che fosse qualunquista. Al contrario, il fascismo puntava su una politicizzazione intensa della società (in questo simile al comunismo): la società doveva diventare tutta fascista, insomma tutta politica. “Credere, obbedire, combattere”: Mussolini sognava un paese di eroi, non di gente qualunque. Da dove viene allora questa promiscuità tra fascismo e qualunquismo?

 

Come si vede, è la stessa contraddizione delle destre di oggi. Da una parte agitano ideali trascendenti (la patria, l’identità nazionale, la religione), dall’altra dicono alla gente “occupati soprattutto degli affari tuoi!” Come riesce la destra a essere allo stesso tempo idealista e qualunquista? Patriottarda e menefreghista? In effetti lo slogan fascista “Me ne frego!” ha lasciato spesso interdetti. Fregarsene di che? Non certo della guerra patriottica, del duce, dell’Impero italiano, del “Dio patria famiglia” (trinità di ogni destra)! Qual era l’oggetto di cui fregarsene? (Lacan avrebbe detto: fregarsene dell’oggetto a…)

 

Da dove viene questa doppia faccia dell’homo di destra, una affascinata da valori sovrumani e l’altra invece individualista anarchica?

Il punto è: se tutte le restrizioni dovute all’epidemia fossero venute non da un governo democratico, foss’anche di destra, ma da un Putin o da un Xi, l’homo di destra le avrebbe accettate? Secondo me sì. Da qui il sospetto: l’homo di destra rivendica le proprie libertà individuali, proclama “del Bene comune me ne frego”, quando non c’è un Duce. In termini psicoanalitici: il proprio narcisismo è la sua risposta all’eclissarsi dell’Altro.

 

In sostanza, quest’homo non ha rispetto per la democrazia, anche se dice di accettarla. Uno stato democratico, che quindi tende a esprimere le varie componenti della società, anche quelle più contraddittorie, non ha veramente autorità per lei o lui. Solo il Duce ha autorità. Il sistema di valori dell’homo di destra è tutto in bianco o nero: se c’è un Duce, allora Gli obbedirò e combatterò; se non c’è, allora sono uno qualunque che bada solo agli affari propri. Tra questi due estremi, non c’è spazio per la democrazia, ovvero non c’è spazio per la politica.

 

4.

 

Questa scissione – Freud la chiamava Ichspaltung, divisione dell’io – è molto sottile, fino al punto che molta politologia non la coglie. La scissione è in questa oscillazione tra tutto o niente: o ci si assoggetta a quello che Ernesto Laclau chiamava un significante vuoto (duce, Führer, Patria, Razza…) o si è solo un soggetto anonimo e anomico. Per un certo verso l’homo di destra è ateo, cinicamente egoista; per un altro verso si sottomette, si assoggetta, a un Altro monumentale. Un personaggio del film Salò-Sade di Pasolini (1975), un sadico gerarca fascista, dice a un certo punto “noi fascisti siamo i veri anarchici!” Affermazione paradossale, dato che l’ideale fascista era di trasformare la nazione in una caserma. Perché gratta gratta nel militante fascista troverai un anarchico? E perché molto anarchismo spesso si mostra attratto dal fascismo, come fu il caso di personalità del tutto anticonformiste come Knut Hamsun e Céline, per dirne alcuni?

 

Ci troviamo qui di fronte a uno dei grandi problemi della soggettività politica. Non meno problematica di quella che chiamerei la Singolarità Max Weber: come è potuto accadere che delle sette calviniste, nate sulla base di un rigetto totale della società mercantile, siano divenute, di lì a poco, le religioni ambientalmente più propizie al grande sviluppo finanziario del capitalismo? Quale “logica” regge questi rovesciamenti in realtà così frequenti?

 

Vorrei qui contribuire ad aprire la riflessione, non certo a chiuderla, perché non ho nulla per chiuderla.

Dirò solo che il fascismo mi pare essere un sotto-prodotto politico – paradossale – dell’individualismo borghese, di una società insomma che ha fatto dell’emancipazione individuale, della libertà del singolo, dell’autenticità delle sue scelte, i suoi ideali fondativi. Questo ideale per molti può reggersi solo se un altro lato della soggettività si assoggetta a qualcosa di trascendente, all’Altro. È come se la soggettività moderna potesse reggersi, come un tavolino, su almeno tre piedi: un piede è il menefreghismo individuale, un altro piede è l’abbracciare una Causa, il terzo piede è l’assoggettamento all’Altro, umano o non-umano. Il fascismo è allora un prezzo necessario da pagare, una spada di Damocle costante, della democrazia moderna, che punta all’emancipazione di tutti e di ciascuno. È come se l’ideale emancipativo del soggetto, la “soggettivazione” come la si chiama oggi, avesse molto spesso bisogno, per sostenersi, o della deriva verso un cinismo anarchico, o verso l’obbedienza cieca all’Altro.

Sergio Benvenuto  10 ottobre 2021







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