Per LEONARDO SCIASCIA Pirandello è stato un padre. Gran parte dei suoi libri sono scaturiti dal dialogo e talvolta dallo scontro con l'immensa opera dell'autore agrigentino. Di seguito mi piace riproporre un suo breve ritratto fatto da Giuseppe Giglio. (fv)
La vera solitudine è quella che si avverte proprio stando in mezzo agli altri, diceva Pirandello. Quel gigante (non soltanto novecentesco) della letteratura e del teatro che sempre (ogni volta che lo leggiamo o rileggiamo, ogni volta che lo vediamo o rivediamo in scena) solleva i velari sui fantasmi e sulle maschere che abitano ciascuno di noi; quell'eterno padre che sempre ci mette davanti la trappola del vivere, del vivere così come viviamo: prigionieri di quella doppiezza, di quella ambiguità, di quel pirandellismo di natura con cui non possiamo non fare i conti. Da "Il fu Mattia Pascal" a "Uno, nessuno e centomila", da "L'umorismo" ai "Quaderni di Serafino Gubbio operatore", da "Sei personaggi in cerca d'autore" all'incompiuto "I giganti della montagna", passando per la foltissima selva dei personaggi delle novelle, si sentono le medesime note, così luminosamente piene di verità, che schiudono l'abisso di tanto vivere: l'incomunicabilità, l'angoscia, l'alienazione. Già, l'abisso: «Nietzsche diceva che i greci alzavano bianche statue contro il nero abisso, per nasconderlo. Sono finiti i tempi. Io le scrollo, invece, per rivelarlo». E mi pare di sentirlo sussurrare anche oggi, il grande vegliardo, l'instancabile cercatore di verità, nel flusso incessante della vita: «Così è, se vi pare». Lui a cui il destino aveva dato in sorte - in questa notte di giugno, centocinquantaquattro fa - di cadere «come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d'olivi saraceni affacciata agli orli d'un altipiano d'argille azzurre sul mare africano». Lui che da quel Caos, da quella minuscola finestra sul mondo, il mondo, il caos del mondo, avrebbe attraversato: sempre in fuga, con i propri tormenti esistenziali. Per svelare gli inganni della vita, e per ingannarla, la vita. Contro tutti i Giganti, tutti i barbari: gli uomini sordi alla bellezza, al teatro specchio/coscienza dell'umanità. Già, il teatro: là dove il mago Cotrone salva «i sogni, la musica, le preghiere, l'amore», insomma «tutto l'infinito che è negli uomini».
GIUSEPPE GIGLIO, Un breve ritratto (2021)
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