Norma Rangeri
Una sconfitta capitale
Il numero clamoroso che
crolla in testa a Renzi sarebbe da scrivere a caratteri romani perché
si tratta della valanga 5Stelle che ieri si è abbattuta sulla
Capitale con percentuali bulgare. Le prime proiezioni sfioravano il
70% per la giovane Raggi, a vanificare la fatica di Sisifo del povero
Giachetti, doppiato dai consensi della futura sindaca di Roma.
È la prima donna nella
storia ad agguantare il governo della Capitale. E non c’è dubbio
che nella scelta di far correre due donne in città importanti del
paese, Raggi a Roma e Appendino che vince a Torino, c’è una marcia
in più del Movimento 5Stelle.
Si compensa
l’inesperienza di queste future prime cittadine (hanno alle spalle
una consiliatura nei precedenti governi comunali), con l’attenzione
alla domanda di cambiamento radicale reclamato dalla cittadinanza:
specialmente, come si è visto dalla geografia dei quartieri, di
quella parte della società che paga i prezzi più pesanti della
crisi.
La pesante, e
inaspettata, sconfitta di Fassino a Torino è l’altro risultato che
mette il piombo all’avventura nazionale di Renzi. Cade proprio sul
fronte torinese la linea d’attacco del renzismo-marchionnismo
rappresentata da un renziano ante-litteram come Fassino, antico
dirigente del Pci-Pds-Ds-Pd, il partito che oggi perde una città che
guidava da più di vent’anni.
E neppure la difficile
vittoria di Sala a Milano, raggiunta con fatica e probabilmente
ottenuta grazie al soccorso rosso della sinistra e dei radicali,
riesce a pareggiare il pesante debito elettorale del partito
democratico.
Con la conferma piena
della vittoria di De Magistris a Napoli, il Pd di Renzi esce dal
match delle urne come un pugile suonato, perché ai risultati dei
ballottaggi va affiancato quello del crollo registrato dal Pd già al
primo turno. Dalle europee del 2014 sembra passata un’era
geologica.
È basso ma non inedito
il dato dell’affluenza che si profila intorno a un 50% dei votanti.
Le elezioni comunali, un tempo le più partecipate, fin da quando
inaugurarono, nel 1993, l’elezione diretta dei sindaci, oggi si
rivelano poco amate e meno frequentate dagli elettori italiani. E
tutto fa pensare allo scenario possibile dell’Italicum, quando ci
potremmo ritrovare in una situazione analoga alle elezioni politiche,
con una nuova legge elettorale che prevede il ballottaggio senza
nessuna soglia per il premio di maggioranza. Configurando così un
governo nazionale espressione di una minoranza di votanti. Un
obiettivo del resto perseguito con tenacia e perseveranza da Renzi,
politico allergico alla filosofia decoubertiana, l’importante per
lui non è partecipare ma vincere. Le urne dicono che da solo perde.
La strategia dell’autosufficienza fa solo terra bruciata.
Il Manifesto – 20
giugno 2016
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