A trent’anni dalla
scomparsa, la filosofa, femminista e scrittrice francese, non smette
di interrogare intere generazioni. Un recente ebook di Bastiana
Madau, «Simone, le Castor» (Cuec), ne ripercorre alcuni testi per
la costruzione di una morale.
Francesca Maffioli
Lo splendore del pensiero
«Sono nata il 9 gennaio
1908, alle quattro del mattino, in una stanza dai mobili laccati in
bianco che dava sul boulevard Raspail. Nelle foto di famiglia fatte
l’estate successiva si vedono alcune giovani signore con lunghe
gonne e cappelli impennacchiati di piume di struzzo, e dei signori in
panama, che sorridono a un neonato: sono io. Mio padre aveva
trent’anni, mia madre ventuno, e io ero la loro primogenita». Con
queste parole, tratte da Memorie di una ragazza perbene, Simone
de Beauvoir esordisce nel racconto della sua esistenza con il piglio
irriverente che la caratterizzerà sempre. Sono trascorsi ormai
trent’anni dalla sua scomparsa nella stessa città in cui era nata
e vissuta, Parigi, all’Hôpital Cochin – il più prossimo
all’arrondissement dove era situata anche la sua casa natale.
Soggetto in rivolta
Simone de Beauvoir resta
una voce indimenticabile e maestra nel panorama europeo della
modernità. Il suo contributo resta infatti di portata fondatrice
nella storia della filosofia, della letteratura e in quella del
femminismo. Pensatrice di riferimento per le generazioni a venire,
dentro e fuori dall’Europa, ha collaborato ed è stata in relazione
con artisti e intellettuali che hanno marcato il Novecento: fra i più
noti Maurice Merlau-Ponty, Michel Leiris, Boris Vian e Jean-Paul
Sartre, con i quali fondò la rivista Les Temps Modernes (1945),
ma anche Albert Camus e molti altri.
La sua attività
personale debutta nel 1943 con la scrittura de L’invitata; il
romanzo, narrante un ménage à trois nella Parigi alla vigilia della
seconda guerra mondiale, da una parte tocca i grandi temi del
pensiero filosofico esistenzialista beauvoiriano e dall’altra
esemplifica come la forma romanzesca, non ortodossa nell’esposizione
del pensiero filosofico, riesca a sostanziare l’impossibilità
della sistematizzazione definitiva e l’incompiutezza di
qualsivoglia metafisica. Con un’agilità straordinaria, De Beauvoir
passa poi alla scrittura più tradizionalmente saggistica: risale
infatti al 1947 Per una morale dell’ambiguità, uno dei
capisaldi del pensiero esistenzialista francese, testo che parla del
riconoscimento dell’esistenza umana nella sua totalità, compreso
il carattere contraddittorio e indefinibile dell’ambiguità insita
nella condizione umana. Del 1958 sono le Memorie di una ragazza
perbene, racconto autobiografico degli anni giovanili; nella
narrazione leggiamo in quali modi si sviluppa la ricerca identitaria
di Simone come soggetto in rivolta nei confronti del milieu familiare
e culturale della Parigi alto borghese di inizio secolo.
Partendo da questi tre
testi di riferimento e ampliando poi sulla vasta produzione
beauvoiriana, Bastiana Madau realizza il saggio intitolato Simone,
le Castor. La costruzione di una morale, (CUEC, ebook saggistica,
euro 5,99).
Il tentativo di
costruzione della morale é messo in atto grazie e attraverso la
ricerca della felicità, che Simone de Beauvoir descrive in termini
chiari anche in L’età forte (1960): «Fino ad allora mi ero
preoccupata di arricchire la mia vita personale e d’imparare a
tradurla in parole; a poco a poco avevo rinunciato al quasi
solipsismo, all’illusoria sovranità dei miei vent’anni; avevo
acquistato il senso dell’esistenza altrui; ma la cosa che più
contava per me erano i miei rapporti personali con gli individui
presi uno a uno, e desideravo aspramente la felicità».
La ricerca della felicità
ha rappresentato infatti per Simone de Beauvoir la forza motrice per
guardare alla separazione tra l’io e il mondo, inteso anche come
l’Io e l’Altro – quest’ultimo sentito come il corrispettivo
di un ambiente sociale ostile o estraneo. Il carattere energico ed
entusiasta dello slancio felice costituirà la prerogativa per
evolvere dall’assoluto psicologico alla coscienza impegnata, anche
mediante la coscienza critica sui privilegi della classe sociale
d’appartenenza.
Nella nota introduttiva
al testo, Alessandra Pigliaru sottolinea come: «In questo risveglio
che intreccia teoria e prassi, parola e impegno, Bastiana Madau
decide di consegnare un ritratto di Simone De Beauvoir ai bordi di
una promessa – quella che lambisce solo in parte gli anni Sessanta
che si stanno affacciando e che puntellano la mappa più grande di
ciò che arriverà. In questo stato di attesa, di qualcosa a venire
che sarà la donna come soggetto imprevisto della storia, per dirla
con Carla Lonzi, o dello sgretolamento di una rivoluzione implosa, la
strada verso la morale appartiene a un ambito molto più intimo di
quanto non si pensi». La strada verso la morale a cui si allude
rappresenta per la filosofa francese l’orientamento da seguire per
agire il tentativo di superaramento della scissione apparentemente
incolmabile tra l’io e il mondo.
Le quattro età
L’autobiografismo in De
Beauvoir rappresenta anche questo, cioé l’esternazione del suo
pensiero filosofico tramite il racconto della propria vita,
dall’infanzia e la giovinezza de Le memorie di una ragazza perbene,
fino alla maturità. Le Memorie e gli altri tre volumi che narrano la
vita della filosofa e scrittrice francese (seguiranno L’età
forte, La forza delle cose, nel 1963, e A conti fatti, nel
1972) si realizzano infatti come uno speciale calendario di
riflessioni sull’evolversi del ruolo delle donne nella Francia del
secondo dopoguerra, fino ai movimenti di liberazione degli anni
Sessanta e dei primi anni Settanta. Bastiana Madau così ci descrive
il percorso esistenziale che Simone de Beauvoir percorre attraverso
il suo speciale autobiografismo: «Lontane da qualsiasi tentazione di
esibizionismo morale, infatti, le pagine delle memorie ci mettono al
cospetto di un’esistenza vissuta nell’autenticità, che osa
svelare, contestare e contestarsi pubblicamente nel tentativo di
agire per il cambiamento, consapevole che la parola può essere
azione, e che si può togliere il velo dall’opacità dell’esistenza
soltanto progettandone la trasformazione».
A ben guardare, già nel
titolo dell’ebook di Madau si allude a Simone de Beauvoir in quanto
soggetto, altresì biografico, teso nella progettazione di una
trasformazione – nell’attività di edificazione di una morale
alternativa. «Castor» era infatti il soprannome inventato nel 1929
da René Gabriel Eugène Maheu, professore di filosofia a Londra e
amico di Simone, pensando a «beaver» (castoro in inglese) per
similarità di pronuncia con il cognome di De Beauvoir.
Erodere lo scacco
Il soprannome viene
mutuato in seguito da Sartre, che amava chiamare così la compagna di
vita e di filosofia, per la sua similarità d’attitudine con questi
roditori d’acqua e di terra. «Un giorno – come ricorda De
Beauvoir nelle Memorie – scrisse sul mio taccuino, a lettere
cubitali : BEAUVOIR = CASTORO. Voi siete un castoro dice lui. I
castori girano in gruppo e hanno uno spirito costruttore».
Il settimo capitolo del saggio di Madau si intitola «Morale», e al suo interno viene enunciato in quali modi e in che senso Simone de Beauvoir, in seno al pensiero esistenzialista degli anni del dopoguerra, cerca di costruire le strade per una nuova morale – di aprire le prospettive di una nuova etica.
Il settimo capitolo del saggio di Madau si intitola «Morale», e al suo interno viene enunciato in quali modi e in che senso Simone de Beauvoir, in seno al pensiero esistenzialista degli anni del dopoguerra, cerca di costruire le strade per una nuova morale – di aprire le prospettive di una nuova etica.
Constatando come le
morali tradizionali non integrino lo scacco subito nel momento in cui
l’essere umano percepisce la propria incompiutezza, De Beauvoir
mostra come questo rifiuto conduca a una fede in un assoluto esterno
all’esistenza, un assoluto rifiutante i limiti della stessa.
Comprendere invece la
verità originaria del limite, la sua ricchezza, con il suo corteggio
di ambiguità (ambivalenza, separazione, scacco) costituirebbe già
di per sé una tappa verso la costruzione di una morale nuova. Tale
costruzione contempla anche il tentativo da parte dell’essere umano
di giustificare la propria esistenza attraverso la categoria del
trascendente, che per la filosofa rappresenta la realizzazione del
soggetto in moto continuo verso il poter essere e una sorta di
espansione indefinita verso l’avvenire; il suo senso indefinito
sempre labile e in perenne conquista costituisce infatti il fulcro
della cosidetta morale ambigua.
In questo percorrere la vita «espansivamente», ci parla in particolare di come la donna, soggetto-Altro culturalmente e socialmente subalterno, sia costretta a vivere una condizione di sottrazione della trascendenza e di oppressione della creatività. Madau spiega come ne Il secondo sesso (1949), noto al grande pubblico per la tesi avanguardista sul rapporto di dominazione tra uomo e donna come frutto di una radicante e radicata costruzione storica e sociale, De Beauvoir mostri la portata dell’oppressione.
Immanenze
Il testo, messo
all’indice dal Vaticano con un editto del Sant’Uffizio del 1956,
spiega come la ripetizione inconsapevole e passiva di un ruolo
predeterminato costituisca per la donna il grande vincolo
esistenziale: «nella mera ripetizione del suo ruolo di madre e di
sposa la donna vincola la propria esistenza all’immanenza, alla
ripetizione, alla reiterazione, all’impossibilità creativa,
all’assenza di progettualità nella propria esistenza, determinando
la propria condizione di subalternità rispetto all’essere umano di
sesso maschile. Quest’ultimo non ha mai abdicato ai suoi privilegi,
al contrario servendosene per assoggettare la donna al suo bisogno di
dominio». Bastiana Madau ci suggerisce di guardare al percorso di
ricerca che Simone de Beauvoir stessa aveva intrapreso.
A fronte di secoli di dominazione maschile Simone vedeva una possibile via di liberazione nella tenace volontà da parte delle donne di vedere, riconoscere, sottrarsi ai condizionamenti storici e di rifiutare l’idea della predestinazione, il giogo della profezia autorealizzante: «Ed è anche ciò che, d’altronde, Simone de Beauvoir ha fatto in prima persona – come ha testimoniato attraverso le sue lunghe memorie autobiografiche – mettendosi sempre in discussione, svelando le fragilità e i conflitti interiori, mai proponendo alcun modello da seguire, ma ha anzi, dall’interno di una instancabile lotta contro gli stereotipi, accentuando la singolarità dell’esperienza individuale. La sua morale è un discorso sulla libertà».
Il manifesto – 21
luglio 2016
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