La paura dello
straniero come paura della vita. Una riflessione sulle
pulsioni di morte che agitano nel profondo la nostra società e di
cui l'odio straripante dalle pagine di Facebook è una delle
manifestazioni più chiare.
Raffaele K. Salinari
Erotismo e xenofobia
Erotismo e xenofobia, due
sentimenti a volte totalizzanti, che mai comunque lasciano
indifferenti. La loro relazione è profonda poiché sono l’uno il
risvolto dell’altro. Se l’erotismo è, secondo la celebre
definizione di Bataille «portare la vita sin dentro la morte»la
xenofobia, al contrario, può essere considerata un «portare la
morte sin dentro la vita». Quando, infatti, analizziamo l’essenza
dell’uno e dell’altra, ci accorgiamo che hanno la stessa matrice.
L’erotismo è una forza creatrice, poietica, potentissima, messa
dalla Vita, dalla Zoé senza caratterizzazioni, a disposizione della
nostra specifica e caratterizzata Bios umana,affinché la sua
continua ricombinazione la faccia prosperare.
Per questo Eros è una
divinità antica, nata quando tutto al mondo aveva una forma ed un
nome, una ipostasi che ricadeva nell’immenso e pauroso dominio del
sacro e del numinoso. Nelle civiltà arcaiche ogni Potenza,
sentimento o fenomeno della natura fisica o metafisica che fosse, era
allora un dio o una dea, una ninfa o un daimon, a significare così
la possibilità stessa della relazione tra l’umanità e queste
forze.
Dalla loro conoscenza e
riconoscimento nasceva, in primis, il rispetto che gli si
doveva, pena la punizione per averle offese. In questo senso, il
massima peccato nel mondo classico, l’unico in comune anche con la
morale giudaico cristiana, è appunto quello di hybris: la
presunzione umana di oltrepassare i limiti imposti dall’ordina
cosmico, immutabile, delle cose. Gli dei punivano gli uomini per
causa della loro tracotanza, sempre, mentre altri peccati, o almeno
considerati tali dal cristianesimo, potevano venir giudicati
altrimenti. Dante mette Ulisse nella bolgia dei fraudolenti, non
certo tale lo consideravano Omero e gli dei a lui favorevoli. Ma
anche Dante punisce la tracotanza, come gli antichi.
L’hybris, dunque, è
questo non riconoscimento del limite e, per analogia, delle forze
naturali che governano ed ordinano la vita degli uomini. Massima
saggezza, allora, deriva dal riconoscimento dell’ordine delle cose,
mentre massima pena è comminata per il suo superamento, dovuto ad
ignoranza o presunzione. Eros, dunque, non a caso, in alcune
cosmogonie è posto come figura protogena, come vero e proprio
Demiurgo della creazione.
Poi, con la
trasformazione del divino in qualcosa di sempre più lontano, col
crescente protagonismo dell’umanità che si allontana dalla Natura
per sottometterla, illudendosi così di uscire così dal suo ciclo
vitale, in una parola: il passaggio dalla Grande Dea al Pantheon
greco, ecco Eros degradato a semplice strumento di Afrodite, Dea
comunque dell’Amore e della Bellezza, anch’essa in debole
continuità cosmologica con la Grande Dea ricreatrice, il cui epigono
cristiano è la Madre di Dio.
E allora, se Eros era, ed
è, tutto questo, la sua funzione è chiaramente ricombinatoria e
dunque, per definizione, xenofila. Èdalla diversità che la Vita
trae la sua forza, è dalla sintesi tra opposti che trae alimento;
per questo le sue Bios sono miliardi, e tutte leggermente diverse
l’una dalle altre. Sul piano umano esisterebbe l’attrazione tra
genti diverse se tutto questo non servisse alla Vita? A cosa serve la
differenza culturale se non a dare alla nostra specie una chance in
più? Ecco che tutto quello che attrae fa anche paura, come pure
quello che fa paura attrae, poiché è tra queste polarità che
scorre il novumdella vita.
Questo rappresenta lo
Straniero, la Straniera, anche se il suo incontro significa a volte
tradire, cioè portare altrove, la propria appartenenza. Lo Straniero
è l’agente per antonomasia del sovvertimento, a volte violento,
degli equilibri stantii ma che, inevitabilmente, porta ad altri
equilibri, che a loro volta dovranno essere rotti. Ciò che cambia
permane, ciò che si fissa decade, ci ricorda Lao Tzu.
Per questo sono tragiche
le figure delle eroine e degli eroi nella mitologia classica;
compiono scelte di rottura, gesti emblematici del
sovvertimento: non hanno forse tradito i loro popoli affinché la
storia potesse ripartire? Elena ha creato i presupposti di Roma, come
pure Latino nel dare Lavinia in sposa ad Enea il profugo troiano.
Medea ha aperto all’Occidente le porte dell’Oriente attraverso
l’amore criminale con Giasone, mentre Arianna decreta nella
relazione con Teseo la fine di Creta e l’affermazione del dominio
Greco nel Mediterraneo.
Tanto più lontane le
culture che si incontrano, che si mischiano, tanto più ampio
l’orizzonte della Vita. Ecco perché, al contrario, la xenofobia è
una pulsione prepolitica, scaturita, se non dalla morte dell’Eros,
certo dalla sua mortificazione. Da cosa nasce, infatti? Dall’ansia
di non poter essere sempre uguali a se stessi, dallo sgretolamento
della falsa rassicurazione insita nella ripetizione. Lo straniero
rimette continuamente in discussione non tanto lo statusidentitario
quanto il suo stallo.
Ma senza cambiamento non
si vive, al massimo si tira a campare. E senza alterità chi ci dirà
chi veramente siamo? Senza questo non potremo mai incontrare
eroticamente l’altro. E dunque, se lo straniero tocca in superficie
la nostra realtà materiale e la sua espressione culturale, nel
profondo fa emergere la frustrazione erotica, il fatto che la
soddisfazione che si cerca nel consumo e nella ripetizione di sé non
genera più nessuna potenza libidica profonda, appagante, anzi, nutre
e si nutre del suo contrario nevrotizzato.
La xenofobia è allora
una nevrosi fobica da fissazione necrica che bisogna rivoltare
rivoltandosi ad essa. Lo straniero, il suo corpo, la sua aura,
svelano con la loro presenza, con la loro capacità di
attrazione-repulsione, che il nostro erotismo è congelato come
quello dei nostri avatar-manichini, pietrificato dagli occhi di
Medusa delle vetrine nei centri commerciali.
Lo straniero potrebbe
distoglierci da questo incantamento, magari chiedendoci qualche
soldo, o passandoci accanto con un odore diverso, con parole
incomprensibili, con gesti che non capiamo; portarci verso
l’orizzonte dell’avventura libidica, dell’oltre,
dell’immaginale, di un altro noi stessi. Ma questa vaga
consapevolezza viene, ancora una volta, intercettata dalla merce, che
ci da la sua eterna e soporifera risposta: consumami e sarai
soddisfatto, allontana da te il diverso, a meno che tu non lo possa
comprare; respingi, l’idea di una soddisfazione attraverso
l’apertura all’altro, non rischiare l’incontro con una libido
della trasformazione, dell’ibridazione.
Resta con me, con la tua
roba, con l’aria stantia della vecchia casa che nessun
condizionatore potrà rinfrescare. La merce cerca di mortificare in
questo modo l’erotismo; la xenofobia è il suo dispositivo
politico. Dunque, Eros contro Thanatos; e così, ancora una volta,
ancora per una ri-volta, egli ci chiama a diventare tutti stranieri a
noi stessi perché la Vita che vive nei corpi sarà erotica o non
sarà.
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