12 luglio 2018

IL GRAMSCI DI MARIA CHIARA DI SCLAFANI

La mappa concettuale della tesina di Maria Grazia Di Sclafani

Carissima mamma, non ti vorrei ripetere ciò che ti ho spesso scritto per rassicurarti sulle mie condizioni fisiche e morali. Vorrei, per essere proprio tranquillo, che tu non ti spaventassi o ti turbassi troppo qualunque condanna siano per darmi. Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione.

Antonio Gramsci, Lettere dal carcere, Einaudi 
Dalla lettera alla madre del 10 maggio 1928

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 MARIA CHIARA DI SCLAFANI "MATURA" CON GRAMSCI


      Le tesine che si presentano agli esami di maturità, a parte qualche rara eccezione, non sono una cosa seria. Nella maggior parte dei casi non sono altro che un esercizio retorico utile solo a conquistare qualche punto in più nella valutazione finale.

     Il caso di cui mi piace parlare oggi rappresenta un’ eccezione: Maria Chiara Di Sclafani è una ragazza seria che, dopo avere seguito con amore i suoi studi superiori al Liceo Classico di Corleone, ammessa all’esame di Stato con una media superiore all’8, ieri è stata ufficialmente proclamata “matura”, con un voto più basso di quello che meritava.
 Maria Chiara ha studiato con passione e profitto tutte le materie comprese nel suo corso di studi. Ma ha particolarmente amato quelle che una volta si chiamavano “ umane lettere”. Anche per questo non si è limitata a leggere i libri di testo, cosicchè una delle sue letture, non previste dal programma ministeriale, è diventata il perno attorno a cui ha ruotato la sua originale tesina di cui pubblico la breve introduzione e la “mappa concettuale”. (fv)

 Dalla tesina di MARIA CHIARA DI SCLAFANI
 (V L  Liceo Classico di Corleone)

      Prima di leggere Antonio Gramsci (1891-1937) ho conosciuto, sin da piccola, la figura di Enrico Berlinguer, attraverso i discorsi di mio nonno; successivamente, avendo acquisito una certa maturità, ho cominciato a studiare meglio la storia del Partito Comunista Italiano, imbattendomi presto con la figura straordinaria di Gramsci.

      Per comprendere meglio il suo carattere, il suo carisma, nonché il suo pensiero, ho cominciato a leggere le sue bellissime “LETTERE DAL CARCERE”. Un’opera che può considerarsi la sua autobiografia.

     Gramsci, prima di essere eletto come rappresentante del nascente PCI, è stato un giovane socialista, grande difensore degli operai, considerati dei "produttori", proma ancora che dei salariati. Nel primo dopoguerra, a Torino, si fa promotore dei “Consigli di Fabbrica” per sostenere gli operai che avevano occupato le fabbriche metallurgiche torinesi. Redattore principale de “L’Ordine Nuovo”, Rassegna Settimanale di cultura socialista e, successivamente, dopo la rottura con il Partito Socialista, fondatore, insieme a Bordiga, del PARTITO COMUNISTA d’ ITALIA, nato a Livorno il 21 Gennaio 1921.


In questo lavoro ho deciso di concentrarmi nell'esame della Lettera alla madre, di cui cito un brano in epigrafe, perché tra tutte quelle che ho letto, a mio parere, è quella dove meglio risalta il carattere determinato e coraggioso dell’uomo. E, in un tempo come il nostro, dove prevalgono le persone prive di ideali, l'esempio di Gramsci dovrebbe essere tenuto in maggiore considerazione. Gramsci, nel corso della sua breve vita, è stato sempre fedele alle sue idee, che maturerà anche nel periodo di prigionia tanto da scrivere i Quaderni (pubblicati postumi). Egli è stato una fonte inesauribile di intelligenza, di razionalità ma anche di passione e amore per la vita. Leggendo le sue lettere mi sono accorta che in ogni sua azione, vi era consapevolezza, anche in quella più banale.



·         Trovo una profonda analogia tra la sua vita e quella di Dante Alighieri. Quest'ultimo ha vissuto nel 1300 a Firenze, città di grande rinomanza, sede della cultura e motore dei cambiamenti socio-politici laddove erano prevalsi i Guelfi i quali, a loro volta, si dividevano in due fazioni: Guelfi neri e bianchi. Dante, in particolare aveva aderito, nel 1295, ai guelfi bianchi, più moderati rispetto agli estremisti di parte nera. I bianchi lottavano per l’autonomia fiorentina, al contrario, i neri appoggiavano le mire espansionistiche del Papa Bonifacio VIII. Quest’ultimo, non a caso, sarà la causa della disgrazia di Dante e così egli, a seguito di una sorta di "colpo di stato", viene condannato all’esilio. 

     Facendo le dovute differenze tra tempo e contesto storico, ritrovo proprio  in una epistola del fiorentino una profonda affinità e analogia  tra il coraggio del toscano  e quello del sardo. (Maria Chiara Di Sclafani)




              Nella sua tesina Maria Chiara propone altri confronti, come si evince dalla Mappa che illustra questo post che in questo spazio non riprendiamo. (fv)
 

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