08 luglio 2018

LA LEGA DI MIGLIO e IL RAZZISMO ITALIANO


Razzismo italiano. Miglio 1999: lo "sdoganamento" della schiavitù

Secondo me Salvini si è montato la testa. Pensa davvero di essere lui l'artefice del consenso diffuso, soprattutto tra i ceti popolari, alle politiche razziste. Così lo sbruffoncello, gonfio di sé, separa la sua Lega da quella dei Bossi, dei Maroni e dei Calderoli e nega ogni debito verso il passato. E non solo per quanto riguarda i “fondi neri” che sono oggetto di indagini.
Ci sono, alla base del razzismo montante, ragioni “strutturali”, di lungo periodo,  che meriterebbero analisi attente e spregiudicate. Ma anche limitandosi alla “sovrastruttura”, alle forme ideologiche, la diffusione massiccia di veleno razzista da parte dei leghisti, oltre che dei neofascisti e simili non è cosa recente: non si dimentichi la Bossi-Fini. 
Salvini, in verità, per quel che attiene al “patrimonio politico”, alla costruzione del consenso intorno alle sue politiche antiumanitarie, al blocco feroce degli ingressi, alla discriminazione contro gli immigrati regolari, è debitore dai suoi predecessori: non ha bisogno di diffondere razzismo, si giova di quello che è già stato messo in giro. 
Non penso solo ai politicanti e ai propagandisti. Anche agli ideologi, a quel Gianfranco Miglio inventore della “Padania” tanto ammirato dal governatore Zaia, che vent'anni fa "sdoganava" lo schiavismo.  (S.L.L.)
 
Professore, come regolerebbe il flusso migratorio degli extracomunitari?
Il destino dell'Europa è di rivivere le invasioni barbariche: Anche nella Gallia di Cesare c'erano i servitori. La difficoltà è mantenere la distinzione tra schiavi e liberi.

Sta teorizzando la schiavitù?
Dovremo incorporare alcuni milioni di immigrati che svolgeranno i lavori rifiutati dagli europei. Ma bisogna evitare i mescolamenti, se vogliamo far sopravvivere l'Occidente. Sono proprio gli extracomunitari che ce lo chiedono. È questo Occidente, così come lo vediamo, che li induce a lasciare la loro terra: Vogliamo distruggerglielo?

Intervista di Stefano Lorenzetto, Libero, 20 marzo 1999

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