I partigiani calabresi
di Piero Bevilacqua
Un importante contributo alla storia, alla memoria civile e
all’immagine pubblica della Calabria – forse la regione più gravata di
stereotipi denigratori dell’intera Penisola – è appena uscito presso un
editore calabrese, per merito di Pino Ippolito Armino, Storia della
Calabria partigiana, Luigi Pellegrini Editore Cosenza, 2020, pp. 351.
Si tratta di un voluminoso testo di ricerca che corrisponde
pienamente all’ambizione del titolo, e che innanzi tutto si fa
apprezzare per la luce che getta su un aspetto poco esplorato della
nostra storia, oltre che per meriti morali. Vale a dire per l’onore che
rende ai tanti ignoti, o dimenticati, che pagarono con la vita la loro
generosità e il loro coraggio di combattenti.
Dopo un originale saggio di storia economica comparativa, meritevole
di più ampia diffusione, Quando il Sud divenne arretrato, pubblicato nel
2018, Ippolito torna ai suoi temi di storia politica con un lavoro che
muove da una dichiarata intenzionalità etico-politica, come diremmo con
vecchio linguaggio crociano. La illustriamo con le stesse parole
dell’autore, che contengono, in breve, anche una sacrosanta
rivendicazione storiografica del carattere non casuale e forzato, ma
volontario e progettuale della Resistenza italiana.
Se, ricorda Ippolito, «accertato è il contributo niente affatto
marginale, che i meridionali diedero alla lotta di liberazione nei venti
mesi in cui l’Italia del Nord si oppose all’occupante tedesco. Se tutto
questo può considerarsi ampiamente acquisito, è ancora dura a morire
l’opinione che i meridionali vi parteciparono in quanto soldati
sbandati, impossibilitati a far ritorno alle proprie case, in un certo
senso costretti dalle circostanze a entrare nella Resistenza.
La tesi contiene elementi di verità ma non può essere considerata
assorbente ed esplicativa di ogni situazione, per non cadere nella
trappola di chi, con analoga semplificazione, ritiene che i partigiani
settentrionali fossero in larga parte giovani che sfuggivano alla leva
della Repubblica Sociale Italiana(RSI) o alla tradotta in Germania».
Tesi importante che Ippolito convalida persuasivamente in 350 pagine di
testo con uno sforzo documentario davvero ammirevole, portando un
ulteriore contributo alla stessa storia della Resistenza italiana, oltre
che al ruolo svolto dai calabresi nelle sue file.
Il libro ha un carattere sistematico e ad ampio raggio, geografico e
temporale. Inizia con la Resistenza prima della resistenza, come titola
il primo capitolo e ricorda i primi tentativi e i primi programmi
insurrezionali nel marzo 1943 a Reggio Calabria, da parte di gruppi di
operai, studenti e professionisti, seguiti più tardi da vere forme di
mobilitazione armata. È quella che si svolge in seguito allo sbarco
degli inglesi fra Roccella e Caulonia, sullo Jonio, e a Palmi, sul
Tirreno, che vede già protagonista Pasquale Cavallaro.
Il futuro artefice della Repubblica di Caulonia. In questa area della
Calabria si ha la prima vittima della lotta antitedesca. In seguito a
un atto di sabotaggio, contro le armate tedesche in ritirata, a
Taurianova, viene ucciso Cipriano Scarfò, socialista, fucilato dopo un
rito sommario.
Comincia da qui il racconto di stragi e uccisioni in cui i calabresi
hanno sempre, a diverso titolo una parte. Ancora in Calabria, i
tedeschi, che il 6 settembre cannoneggiano il paese di Rizziconi,
lasciando a terra 17 morti, per lo più adolescenti, e 56 feriti, si
fanno esecutori della fucilazione, ad Acquappesa, di 5 giovani militari
originari della piana di Gioia, che avevano abbandonato il loro
reggimento, probabilmente per unirsi agli anglo-canadesi appena
sbarcati, e combattere contro i tedeschi.
Dalla Calabria, secondo un ordine temporale e al tempo stesso, come
abbiamo detto, geografico, da Nord a Sud, quasi a ridosso della
direzione della stessa guerra, Ippolito passa alla resistenza romana. E
qui troviamo in posizioni spesso di primo piano, calabresi che vivono
nella capitale, da più o meno tempo, come Giuseppe Albano, originario di
Gerace, noto come il Gobbo del Quarticciolo, che si batte con altri
sottoproletari contro i tedeschi a Porta San Paolo. Accanto a lui una
figura presente nell’immaginario di tutti noi, Teresa Talotta Gullace,
immortalata da Anna Magnani in Roma città aperta, di Roberto Rossellini.
E ritroviamo anche uno studente marinaio, Ettore Arena, di Catanzaro,
militante di Bandiera Rossa, una delle principali formazioni
antifasciste di Roma, fucilato a 21 anni a Forte Bravetta. Arena ha
ricevuto la medaglia d’oro alla memoria. Ci sono anche quattro calabresi
fra i morti nel massacro alle Fosse Ardeatine, tutti esponenti della
Resistenza romana, a 3 dei quali sarà conferita la medaglia d’argento al
valor militare.
Con grande passione documentaria l’autore segue vicende e destini dei
calabresi anche fuori d’Italia, come per quei soldati che alla data
dell’8 settembre si trovavano, ad esempio, in Montenegro, Slovenia,
Erzegovina, dove si sviluppò la resistenza armata. Naturalmente l’autore
non si limita a inseguire i singoli casi personali di eroismo, ma
racconta le vicende storiche complessive, sia che si tratti, poniamo,
della tragedia di Cefalonia, in Grecia, sia della Resistenza nel Regno
del Sud e poi della Resistenza nel suo nucleo armato più consistente,
sulle montagne del Nord d’Italia.
In una breve recensione non è possibile dar conto analiticamente di
un libro, tanto più, come in questo caso, se si tratta di un testo ricco
di vicende e di eventi, alcuni peraltro poco noti, che gettano luce su
una pagina drammatica e dolorosa, ancora con tanti punti oscuri, della
nostra storia. Ma quel che va detto e ripetuto al lettore, è che
Ippolito non si limita a ritagliare, per amore di campanile, la vicenda
dei suoi tanti eroi calabresi – in appendice si contano 165 partigiani
caduti, molti dei quali con rispettiva città e provincia – dalla massa
dei grandi fatti storici.
Rischio che naturalmente corre chi possiede una prospettiva culturale
e storiografica provinciale. Accade, in questo libro, il contrario. E
cioé che dalla ricostruzione dei grandi fatti collettivi della
Resistenza italiana, dall’Appennino Umbro- Marchigiano alla Valle
d’Aosta, Dall’Ossola alla Valsusa, finiscono con l’emergere anche i
singoli eroismi in cui spesso si consumano le vite dei giovani
combattenti calabresi. Quelle vicende singole che insieme fanno la
stoffa di una storia complessa, ma unitaria , su cui si fonda la nostra
Repubblica.
da “il Quotidiano del Sud” del 31 maggio 2020
ripreso da
http://www.osservatoriodelsud.it/2020/05/31/partigiani-calabresi-piero-bevilacqua/