L’accelerazione impressa alle nostre vite dalla rivoluzione tecnologica porta a una dilatazione del presente. Il copioso e continuo flusso di informazioni, immagini, dati che ci avvolge ogni giorno, ricorda Marco Aime, lascia poco tempo alla sedimentazione. Nel mondo che sopprime il legame tra presente e futuro bastano due mesi di arresto, peraltro neppure totale, per mettere in ginocchio il mondo capitalistico-industriale. Serve una resistenza alla prepotenza del presente
La dittatura del presente
Marco
Aime 10 Maggio 2020
L’accelerazione
impressa alle nostre vite dalla rivoluzione tecnologica che ha segnato questo
inizio di millennio, ha portato a una dilatazione del presente, a scapito delle
altre due dimensioni temporali con cui eravamo abituati a convivere: il passato, fondato sulla memoria personale e collettiva,
e il futuro, prodotto dalla nostra immaginazione. Il copioso e
continuo flusso di informazioni, immagini, dati che ci avvolge e ci percorre
quotidianamente, lascia poco tempo alla sedimentazione e alla memorizzazione
dei dati stessi. Così come una generale e diffusa mancanza di
immaginazione e di programmazione (a cominciare da chi governa i processi
globali) ha portato a una politica dal fiato corto e a una conseguente mancanza
di visione del futuro, persino quello più immediato.
Questa
dittatura del presente, ha riconfigurato completamente le nostre esistenze in
quanto parti di un sistema che ha anch’esso il fiato corto e una scarsissima
visione del domani. La dimostrazione ci è stata data da questa pandemia.
Tralasciamo per un instante l’aspetto clinico e soffermiamoci su quello
economico: sono stati sufficienti due mesi di arresto (peraltro neppure
totale) per mettere in ginocchio l’intero mondo capitalistico-industriale.
Per ridurre il mercato globale a qualche bancarella sparsa qui e là. Ma
che sistema è quello che non ha un minimo di resistenza a un evento negativo?
Che non ha saputo prevedere alcuna forma di riserva per eventuali crisi? Un
mondo incapace di pensare al domani, che non riesce o meglio non vuole vedere
al di là dell’immediato. Il trionfo della cicala, ma almeno lei si
godeva la vita: molti abitanti di questo pianeta non potevano dire altrettanto
neppure quando tutto andava bene.
Abbiamo
lasciato che costruissero un mondo finto, fatto di promesse (è così che funziona la finanza) e siamo stati al
gioco, illudendoci che la tecnologia ci avrebbe aiutati a governare i processi.
Guai a pensare al domani, di cui non c’è certezza, carpe diem. E ora scopriamo
di non avere scorte, di non avere fieno in cascina per l’inverno, perché quando
era ora di immagazzinarlo lo abbiamo venduto, per fare profitto, perché le
scorte costano. Basta! Viviamo al presente. Purtroppo, come diceva Samuel
Taylor Coleridge, il domani cammina già nell’oggi.
Marco
Aime
Testo ripreso da https://comune-info.net/la-dittatura-del-presente/
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