DIECI ANNI
SENZA EDOARDO SANGUINETI
di Gilda Policastro
Edoardo Sanguineti era nato a Genova il 9 dicembre 1930. Il
modo migliore per rendergli omaggio, a dieci anni dalla morte, è riconsegnarli
volto, voce, e soprattutto la sua rinomata arte di conversatore. In rete ci
sono diversi video che possono restituire a chi non l’abbia mai incontrato la
sua facondia e l’incredibile ricchezza dei riferimenti culturali, davvero a
tutto campo (poesia, letteratura, anzi, letterature di più paesi e in più
lingue, da cui traduceva – e tradusse, praticamente, fino agli ultimi mesi di
vita -, e poi musica, cinema, pittura, filosofia, linguistica, psicoanalisi,
sociologia e ancora e ancora). Un documento inedito per la rete è la lunga
intervista realizzata nella sua casa di Genova da Rossana Campo per la regia di
Uliano Paolozzi Balestrini. Era il 2006 e le oltre cinque ore di conversazione
furono consegnate all’abecedario, edito da DeriveApprodi, in due dvd.
Ringrazio particolarmente Ilaria Bussoni e Sergio Bianchi per aver autorizzato
la pubblicazione, in esclusiva per i lettori de «Le parole e le cose», della
voce finale dell’intervista: Zero. Sia perché si tratta di una parola
scelta, come si vedrà, dallo stesso Sanguineti, sia perché le ultime immagini
sembrano davvero un congedo, per l’irrompere a sorpresa (per lo stesso autore)
delle note dell’Alfabeto apocalittico (l’opera in ottave realizzata
nell’82 in occasione dell’installazione mantovana di Enrico Baj e poi messa in
musica da Scodanibbio nel 2003).
Nel suo discorso sulla “cifra
del nulla”, Sanguineti parla tra l’altro di una delle più belle poesie di Laborintus,
l’ottava, che inizia con ritorna mia luna, stilema ingannevolmente
leopardiano, per poi concentrarsi su una temporalità dilatabile, che ricorda
piuttosto gli orologi deformati di Dalì. La menzione del “cronometro sepolto”
andava a connotare la Palus Putredinis del caos post-atomico come luogo di
nascita, morte e rinascita, all’interno di una dimensione fluttuante in cui l’impasto
tra sogno e realtà, mondo lunare e mondo terreno, gettava un ponte sull’“abisso
tra percezione e rappresentazione”, alla maniera di Breton. Erminio Risso,
commentatore integrale della prima opera in versi di Sanguineti per Manni, nel
2006, parla opportunamente di “storia critica dell’immaginazione”, che dalla
deriva onirica conduce alla “formazione dell’io”. L’ “indemoniato nulla”
dell’ultimo verso è così un piccolo enigma che il video riprende, ma non
risolve. Per chiudersi infine sulla parola Niente, contraltare al Tutto che
intitolava quel quaderno giovanile cui Edoardo aveva consegnato l’ambizione,
alla fin fine soddisfatta, di catalogare il mondo.
Pezzo ripreso da http://www.leparoleelecose.it/?p=38371
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