Non ho dimenticato la presentazione del gran libro di Claudia Calabrese svoltasi a Marineo un anno e mezzo fa. Non mi stanco di dire che è stata una delle più belle che sono riuscito a fare fino ad oggi.
Di seguito ripropongo quello che, qualche giorno fa, Claudia ha scritto in un blog parlando del suo libro:
Quando si pensa a Pasolini non viene certo immediata l’associazione del Poeta con la musica, da quale spunto ha preso avvio il suo lavoro, quale è stato il metodo per la redazione del testo e quali le conclusioni?
Questo
libro nasce dalla combinazione di due mie passioni: la musica e la
letteratura. Già al tempo dell’università, leggevo le poesie di
Pasolini con un orecchio attento alle sonorità del friulano. Nel
2014 ho iniziato a lavorare al libro nell’ambito di un dottorato di
ricerca. E’ un lavoro interdisciplinare, il che è necessario
trattandosi di Pasolini per la natura della sua opera sempre rivolta
al pastiche. La specularità del titolo del libro allude alla
divisione in due movimenti del tema: c’è un movimento di Pasolini
verso la musica ma c’è anche un movimento della musica verso
Pasolini. È interessante questa reciprocità, vi chiedo di provare a
cercare notizie sulle intonazioni dei versi di Pasolini o sulle
composizioni musicali che s’ispirano all’opera e alla stessa vita
del poeta. Si tratta di compositori appartenenti a generi, stili ed
epoche diversissimi, dal pop all’indie, al cantautorato, alla
musica colta d’avanguardia, al folk, che hanno dialogato e
dialogano tuttora, in un flusso inarrestabile, con l’opera del
poeta. L’analisi approfondita di alcune di queste opere – Sylvano
Bussotti/Pasolini: “Memoria”/”Alla bandiera rossa”, Ettore De
Carolis/Pasolini: “Danze della sera”/”Notturno”, e Domenico
Modugno/Pasolini “Che cosa sono le nuvole?” Canzone dell’omonimo
cortometraggio – vuole essere uno spunto di riflessione utile a chi
voglia comprendere su quali incastri poggi il rapporto di reciprocità
tra Pasolini e la musica. Il sostantivo baudelairiano correspondances
rinvia a questo scambio e ancora di più evoca il rapporto segreto
fra il poeta e le cose del mondo cariche di simboli che esprimono la
loro più natura anche attraverso i suoni. Le conclusioni sono
sospese sia per la natura della materia sia perché il tema è
talmente vasto che richiederebbe altri studi approfonditi. Posso dire
si scopre che Pasolini nell’arco della vita e nell’opera affida a
Musica e suoni un compito, a mio avviso, non tanto di natura estetica
ma antropologico e culturale: come Orfeo con la cetra o Gesù con la
parola, Pasolini con musica e suoni non vuole incantare e
meravigliare ma vorrebbe smuovere le montagne e indicare che è
possibile raggiungere un altrove sacro che riveli all’uomo un senso
profondo al proprio esistere. Questo “altrove” fa parte della sua
ricerca di verità che non ci deve far pensare a qualcosa che è
lontana ed esterna all’uomo ma alle viscere che sono presenti nel
profondo dell’uomo e sono la sorgente da cui tutto proviene dove
risiede il sacro (sacralità laica) che è eterno e inesprimibile,
che la musica e i suoni hanno il potere di evocare e portare in
superficie.
Il 2022 porta con sé l’anniversario della nascita di Pasolini. Sono trascorsi 100 anni e in molti si apprestano a celebrarlo con uscite commemorative, seriali e di tal sorta. Nel tentativo di considerare un bilancio o una possibile germinazione del suo passaggio nel panorama culturale e letterario, quali tracce individua ad oggi nella cultura italiana che possano essere ricondotte all’opera del Poeta?
Cosa
risulta oggi del lascito culturale di Pasolini credo sia sotto i
nostri occhi. Pasolini negli anni Settanta inveisce contro il “Nuovo
Fascismo” dei consumi che rende gli uomini sudditi di un Potere che
mercifica ogni cosa, persino i corpi. Sulla cosiddetta “mutazione
antropologica” e sulle conseguenze del desiderio dei consumi che
omologa e agisce nell’esistenza di ognuno di noi e sul fatto che
questo è in grado di recidere le radici di un popolo, ma anche
quelle individuali, Pasolini aveva sicuramente visto giusto. Aveva
ragione anche sul fatto che in una situazione di questo genere l’uomo
in qualche modo debba ripartire dal recupero dell’arcaico che c’è
in sé, passando attraverso la cultura greca (Medea, Edipo re, ecc.).
Quanto agli strumenti espressivi di cui Pasolini si è servito credo
che ci abbia lasciato la consapevolezza che se vogliamo evocare la
“realtà” nel suo insieme che è qualcosa di più complesso delle
singole parti di cui si compone dobbiamo ricorrere al pastiche,
l’unico modo di rappresentare la complessità del reale. Oggi
qualsiasi forma di comunicazione che passa dal web è improntata al
pastiche, la realtà è ancora più complessa rispetto al tempo di
Pasolini; con la globalizzazione, i nuovi media, Internet, in cui
reale e virtuale si mescolano, i rapporti vissuti sempre più
attraverso i ‘social’, anche i codici espressivi sono diventati
“liquidi”. Ma contemporaneamente credo anche sia cresciuta la
necessità di ricercare identità e autenticità. In questo senso, le
ricerche di Pasolini, linguistiche ma anche esistenziali,
sopravvivono, mi sembra, soprattutto tra i giovani. Per rimanere in
campo musicale basti pensare a tanta produzione indie che di Pasolini
riprende il messaggio e lo ripropone dandogli nuova vita. C’è una
cosa sulla quale Pasolini non è riuscito a lasciare alcuna eredità:
mi riferisco al ruolo dell’intellettuale che si interroga sui
grandi problemi della propria epoca, accettando anche la
persecuzione. Non è accattivante quel ruolo, ma insomma se
l’intellettuale, e l’artista, non lo assume, o non affronta
questo problema, il rischio è quello della mercificazione, più oggi
di ieri, perché oggi la potenza del capitale è molto più evidente.
https://www.massimilianocitta.it/blog/pasolini-e-la-musica-la-musica-e-pasolini-di-calabrese/
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