17 marzo 2022

LE ARMI NON CI SALVERANNO

 



Le armi non ci salveranno

Carmen Magallón
17 Marzo 2022

Attivismo e riflessione femminista

Fin dai primi giorni del conflitto le femministe russe hanno diffuso un Manifesto che ha avuto grande risonanza (si veda la traduzione in italiano: feministpost.it). Nel manifesto rivolgevano un appello alle femministe di tutto il mondo affinché dessero il loro sostegno e si opponessero alla guerra. “Negli ultimi dieci anni – scrivono – il movimento femminista ha guadagnato un enorme potere mediatico e culturale. È ora di trasformarlo in potere politico. Siamo l’opposizione alla guerra, al patriarcato, all’autoritarismo e al militarismo. Siamo il futuro che prevarrà”. A livello internazionale molte sono le femministe impegnate per la pace. La più antica organizzazione pacifista femminista, e una delle più attive, è la Women’s International League for Peace and Freedom. Da quando scoppiò il conflitto nel 2014, la WILPF si è impegnata in progetti di pace, ha elaborato una filosofia pacifista femminista, ha accusato i paesi europei di inerzia nel promuovere la pace. “Sulla base della nostra tradizione storica di resistenza – si legge in un comunicato del gennaio 2022 – e delle nostre esperienze come costruttrici di pace – leviamo la nostra voce contro la logica militarizzata distruttiva” (Wilpf Calls to De-escalate conflict in Ukraine). Nelle pagine che seguono due interventi, rispettivamente del 3 e del 7 marzo 2022, riflettono su pace e diritto internazionale e pace e resistenza nonviolenta. Sulla attività della WILPF dalla sua fondazione si veda il saggio di Maria Grazia Suriano, La Wilpf. Cento anni di impegno per la pace e i diritti delle donne. (pdf).

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Le armi non ci salveranno

(3 marzo 2022 https://www.wilpf.org/weapons-will-not-save-us/)

Losbruch (Scoppio), Kaete Kollwitz1

di Carmen Magallón

Carmen Magallón è presidente onoraria della Women’s International League for Peace and Freedom di Spagna. Fisica ed esperta in Storia delle donne nella scienza è autrice, con Sandra Blasco, del volume Feministas por la paz: la Liga Internacional de Mujeres por la Paz y la Libertad (WILPF) en América Latina y España (2020).

Mentre la decisione europea di inviare armi all’Ucraina è accolta con grande favore, lasciatemi levare una voce di dissenso: le armi non ci salveranno. Al contrario ci faranno ricadere nella turbolenza della storia, dell’uccidere del morire. La violenza insita nell’uso delle armi ci conduce solo ad una spirale di morte, in cui ci sarà sempre un vincitore nella contesa, quello che ha più armi. Egli raggiunge il suo miserabile fine: dominare, espandere il suo territorio, elevate il proprio ego… ma tutti perdono perché delle vite sono state perdute, ciò che possediamo di maggior valore. Marian Cao, artista e docente di Arte alla facoltà di educazione all’Università Complutense di Madrid, ha condiviso con noi una delle opere più potenti dell’artista tedesca Kaete Kollwitz (1867-1945). Cao, che ha pubblicato una biografia di Kollwitz, conosce l’agonia che come madre Kollwitz ha vissuto dopo aver incoraggiato il figlio ad arruolarsi e averlo perso in guerra. Questi sentimenti sono espressi in una delle sue opere in cui una donna spinge gli uomini a disertare: “non macinate le sementi”, scrisse più tardi.

Le sementi sono i giovani uomini. Essi non sono obbligati a morire, essi devono vivere.

Detto questo, che fare quando un’invasione, come quella dell’Ucraina, si compie davanti ai nostri occhi? La prima cosa da dire è che non abbiamo una risposta che abbia lo stesso grado di immediatezza come quello delle armi. Eppure, noi proponiamo di resistere senz’armi. Non si tratta di giudicare quelli che fanno ricorso alla resistenza armata, non siamo qui per giudicare qualcosa di così umano e così complesso. Anche Gandhi stesso parlò di resistere in questo modo, se necessario. Si tratta di pensare a come agire nel medio e lungo termine senza ricadere per inerzia nell’uso di vite umane come carne da cannone. Parto dalla premessa che non è possibile tirar fuori dal cappello una soluzione. Questa riflessione si limita a sottolineare l’importanza dell’educazione alla conoscenza e al rispetto del diritto internazionale, come parte della educazione alla pace. Si tratta di pensare all’interno di un paradigma che si distanzia dalla classica affermazione che “per raggiungere la pace, occorre essere preparati alla guerra”. In questo modo ripetiamo la storia delle guerre. Per raggiungere la pace dobbiamo preparare la pace. E da lì dobbiamo educare, non solo nelle scuole, ma anche a livello sociale a difendere la legislazione internazionale che è stata costruita con grande sforzo, legislazione e istituzioni che, come recita il Preambolo della Carta delle Nazioni Unite, sono nate per “salvare i nostri figli dal flagello della guerra”.

Ciò implica il dovere di educare la popolazione all’importanza di un governo globale democratico e ad avere un forum per discutere i conflitti tra i paesi. Abbiamo bisogno di una educazione che sia attenta alle decisioni che possono erodere l’equilibrio degli accordi e delle leggi che formano l’architettura giuridica internazionale. Una educazione che elegga i suoi rappresentanti responsabilmente in modo tale che essi non distruggano quell’architettura.

In questi giorni viviamo nell’angoscia per la minaccia di Putin di usare le armi atomiche. Ci sono state decisioni prese in precedenza che hanno spianato la via a questa possibilità e contro le quali la comunità internazionale avrebbe dovuto levare la sua voce. Nel 1987 Gorbaciov e Reagan firmarono il trattato sui missili nucleari a raggio intermedio (INF) ritirando quei missili e rinunciando al loro uso. Bene, nel 2018 Trump, ovvero gli Stati Uniti, si ritirarono dal trattato, abbandonando un importante accordo che preveniva la minaccia dell’uso delle armi nucleari, lasciando così mano libera a Putin di farlo ora.

Vediamo dunque che se i trattati internazionali non sono sostenuti, invece di procedere, torniamo indietro, nelle mani di capi di stato folli. L’Istituto internazionale per la sicurezza globale ha riferito che nel 1994 l’Ucraina, la Russia, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno firmato a Budapest un Memorandum sulle garanzie di sicurezza a cui si sono in seguito unite Francia e Cina. In base a questo Memorandum l’Ucraina, che aveva un arsenale gigantesco di armi nucleari nel suo territorio, vi rinunciava e aderiva al trattato di non proliferazione nucleare come stato libero da armi nucleari. Tutto ciò in cambio dell’integrità dei suoi confini e della sua sovranità. Ora Putin ha violato quella promessa legalmente formalizzata a detrimento della sicurezza mondiale.

Possiamo educare a valorizzare e rispettare il diritto internazionale? Possiamo e dobbiamo. A partire dal rispetto e dal riconoscimento del ruolo delle Nazioni Unite come forum di dialogo e diplomazia in cui tutti gli attori internazionali sono rappresentati e che, nonostante tutti i suoi difetti, se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.


1 L’opera in realtà fa parte di una serie di sette incisioni dal titolo “Bauernkrieg” (Guerra dei contadini) prodotti tra il 1901 e il 1908. L’interpretazione corrente dell’opera è che la donna anziana di spalle con le braccia alzate stia incitando alla rivolta.

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