"Stalin non amava, è certo, gli eroi di Dostoewskij. Non posso perdonare a Stalin le repressioni, le ingiustizie, i campi di concentramento. Il comunismo è perfettamente inutile se non considera sacro il rispetto per la persona umana. Il capitalismo, e non solo nelle sue punte estreme - fascismo e nazismo - è odioso appunto perché non prova questo fondamentale rispetto: e, in nome dei suoi supremi interessi - che si ammantano sempre di pseudo-ragioni idealistiche - umilia la persona umana.
Il popolo russo che con la Rivoluzione d'Ottobre si è affacciato alla storia - a parte le aristocrazie operaie che l'hanno guidato - era un popolo di contadini, con immense masse sottoproletarie. Era fatale dunque, che la rivoluzione, applicandosi su questo corpo immenso, potente, vitale ma storicamente acerbo, subisse delle attrazioni dal passato: un passato di pura vitalità, di immatura violenza. Stalin è stato il simbolo vivente, dipinto, di questa forza per certi aspetti regressiva imposta al ciclo storico della rivoluzione. Almeno così mi sembra. La mia non è l'opinione di un politico competente, ma di un uomo sensibile ai problemi politici. Ora quel tanto di cieco, di irrazionale, di fanatico, di arcaico, di infantile che le enormi masse russe hanno apportato 'alla forza rivoluzionaria, proprio per il fatale avanzare della rivoluzione, è andato esaurendosi: e Stalin appare veramente come un uomo di altri tempi, completamente esaurito.
Forse egli è stato necessario. Ora non lo è certamente più. Ed è inutile rimpiangerlo, o farne nostalgiche palinodie."
Dialoghi con Pasolini, settimanale Vie Nuove, n. 42, 28 ottobre 1961. Ora in PASOLINI, Le belle bandiere, Editori Riuniti
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