L’arte della similitudine. Foucault e Magritte
È’ piuttosto insolito incontrare, negli scritti di un pittore, riferimenti ai filosofi. Eppure, nell’ampio corpus
di quelli redatti nel corso dei decenni da René Magritte, capita a
volte di imbattersi nei nomi di Eraclito, Socrate, Platone, Descartes,
Berkeley, Kant, Hegel, Schopenhauer, Marx, Nietzsche, Bergson,
Bachelard, Heidegger, Sartre, Merleau-Ponty (cfr. Magritte, 2009a).
Inoltre, anche se i testi dell’artista belga non sono certo di carattere
filosofico, in alcuni di essi si può ravvisare un’originale riflessione
sul linguaggio. Ricordiamo per esempio un celebre scritto illustrato
del 1929, Les mots et les images, che contiene enunciati
lapidari come i seguenti: «Un oggetto non è mai tanto legato al suo nome
che non se ne possa trovare un altro che gli si adatti meglio»;
«Un’immagine può prendere il posto di una parola in una proposizione»;
«Tutto tende a far pensare che ci sia scarso rapporto tra un oggetto e
ciò che lo rappresenta»; «A volte il nome di un oggetto può sostituire
un’immagine»; «In un quadro, le parole sono della stessa sostanza delle
immagini»; «Si vedono in un modo diverso le immagini e le parole in un
quadro» (Magritte, 2009b, p. 60; trad. it. p. 58).
Date queste premesse, non desta
sorpresa il fatto che Magritte si sia affrettato a leggere un libro di
Michel Foucault dal promettente titolo Les mots et les choses
(Foucault, 1966), senza farsi intimorire dalla mole e dalla complessità
della trattazione. Resta strano, però, il fatto che, a poco più di un
mese dall’uscita del volume, un pittore anziano e affermato come lui
abbia sentito l’esigenza di scrivere a Foucault una lettera al fine di
comunicargli le proprie idee su una questione specifica, ossia il tema
della somiglianza. In effetti nel libro, riferendosi alla cultura del
Cinquecento, il filosofo aveva evidenziato l’onnipresenza, in vari campi
del sapere, dell’idea di somiglianza o similitudine. Tra le varie forme
da essa assunte in quell’epoca, ne distingueva in particolare quattro:
la convenientia, l’aemulatio, l’analogia e la simpatia
(Foucault, 1966, pp. 1061-1070; trad it., pp 31-39). Egli non mancava
però di segnalare che, già nel secolo successivo, un mutamento generale
dell’episteme aveva portato a un drastico ridimensionamento dell’idea di
similitudine, destinata ormai a «ricadere fuori dall’ambito della
conoscenza» (ivi, pp. 1115-1116; trad. it., p. 83).
Nella sua lettera, Magritte sostiene
che andrebbero tenuti separati due concetti che di solito si
considerano equivalenti (e che infatti Foucault usava
indifferentemente), ossia quelli di somiglianza e similitudine. Secondo
il pittore: «Le “cose” non hanno fra loro una somiglianza, ma hanno o
non hanno similitudini. Spetta solo al pensiero essere somigliante.
Somiglia essendo ciò che vede, sente o conosce» (ivi, p. 639; trad. it.,
p. 273). Per comprendere quali siano le premesse di tali
considerazioni, occorre risalire indietro di qualche anno, a una
conferenza che Magritte aveva tenuto a Bruxelles nel 1959. In essa il
pittore ricordava che «la pittura è chiamata familiarmente: un’arte
della somiglianza», ma aggiungeva che conviene «distinguere somiglianza e
similitudine. Da un lato, la somiglianza appartiene solo al pensiero, e
dall’altro un’immagine dipinta ha soltanto similitudini possibili con
aspetti del mondo visibile. È opportuno anche osservare che le
similitudini e le differenze sono rivelate esclusivamente da atti
possibili del pensiero, ossia dagli atti di considerare, comparare,
distinguere e valutare. […] Si ha un’immagine pittorica solo quando
l’aspetto dei colori stesi su una superficie coincide con un’immagine
che presenta similitudini col mondo visibile» (Magritte, 2009e, p. 494;
trad. it., pp. 122-123). Anche se le formulazioni non sono chiarissime,
sembra che egli voglia contrapporre il pensiero – capace di adeguarsi ai
vari elementi materiali o ideali con cui entra in contatto, e nel
contempo di cogliere somiglianze fra cose diverse – all’immagine
pittorica, che invece può offrire una rappresentazione visibile della
propria similitudine con dati del mondo reale. In ogni caso non bisogna
confondere la similitudine con l’identità, giacché il quadro resta
qualcosa di eterogeneo rispetto agli oggetti concreti in esso
raffigurati: «L’immagine pittorica di una fetta di pane con marmellata
non è sicuramente né una fetta di pane vera, né una fetta di pane finta»
(ibidem; trad. it. p. 122).
(Leggi l’intero saggio su Philosophy Kitchen)
Articolo tratto da https://rebstein.wordpress.com/2016/11/14/foucault-e-magritte/
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