Antico come i Veda,
diffuso ovunque dai soldati romani, poi cancellato dall'avvento del
cristianesimo, il culto di Mithra continua a suscitare l'interesse
degli storici. Silvia Ronchey ci spiega perchè non possiamo non
definirci mitraici.
Silvia Ronchey
Il ritorno di Mithra
il dio rimosso dalla storia
Àgnostos theòs, il dio
ignoto, il dio sconosciuto. O forse misconosciuto, nascosto, rimosso.
Ogni epoca ne ha uno. Il suo volto si cela perché troppo prossimo a
un altro, che lo eclissa e lo oscura, come l'altra faccia, non
colpita dal sole, di un'erma bifronte. Finché la luce, lentamente,
non gira. Quando ad Atene scoprì l'ara del Dio Ignoto, san Paolo
disse: «Quello che adorate senza conoscerlo, io ve lo annuncio »
(Atti 17, 23). Rendeva omaggio alla lungimiranza degli ellèni, che
avevano presentito il nuovo dio di cui portava il verbo; o forse
all'insondabilità del divino, appunto al dio in ombra che cela il
suo volto dietro quello del dio maggiore su cui un'epoca dirige il
suo sguardo frontale.
Se è vero, come Hillman
insegna e già Jung scrive, che gli dèi, oltreché archetipi, sono
sintomi, individuare il dio ignoto di un'epoca è salutare per
l'anima del mondo. È ciò che il mondo rimuove, prima di ciò che
contempla, a definire i contorni sommersi del suo inconscio. Se oggi
esiste un dio misconosciuto ai molti, questo è Mithra.
Nel revival della storia
delle religioni, nel proliferare di libri sui culti orientali o sul
paganesimo grecoromano, da anni l'editoria italiana trascura il dio
emerso dalla profonda Persia mazdèa, che a sua volta lo importava
dall'India vedica. L'ultimo saggio pubblicato in Italia, che
chiarisce genesi e rapporti, è Il culto di Mitra di Julien Ries,
uscito da Jaca Book ormai tre anni e mezzo fa, mentre non sono stati
ancora tradotti capisaldi come quelli di Franz Cumont.
Ora però alcune uscite
imminenti nel mondo anglosassone e germanico (R. Beck — O.
Panagiotidou, The Roman Mithras Cult, Bloomsbury Academic; AA.VV.,
Images of Mithra, Oxford University Press; AA.VV., Entangled Worlds:
Religious Confluences between East and West in the Roman Empire, Mohr
Siebeck) spezzano il riserbo del mondo cattolico sul culto che gli
studiosi tra fine Ottocento e metà Novecento hanno indicato come il
più prossimo a quello di Cristo nonché, per almeno due secoli, il
suo più diretto rivale. Come ha scritto Ernest Renan, «se il
cristianesimo fosse stato fermato nel suo sviluppo da qualche
malattia mortale, il mondo sarebbe diventato mitraico».
A lungo, tra i debiti del
mistero cristiano verso i culti pagani, quello nei confronti di
Mithra è stato considerato il più sorprendente. Le coincidenze sono
innumerevoli. Il Natale di Mitra è celebrato il 25 dicembre, al
solstizio d'inverno, come si addice a un dio della luce. Il dio nasce
in una grotta ed è adorato dai pastori. Per questo sono detti in
latino spelaea, "grotte", i mitrèi che ancora oggi
traforano il sottosuolo delle città romane, coi loro due banchi per
i fedeli lungo i lati maggiori, l'altare per il sacro banchetto, gli
affreschi catechetici e la grande lastra marmorea coi rilievi
misterici, in cui il giovane dio dal mantello svolazzante trapunto di
sette stelle uccide con la spada il toro cosmico: è la tauroctonia,
che come all'inizio dei tempi si riavrà alla loro fine, quando
nell'ora del Secondo Avvento il sangue del toro nuovamente ucciso,
mescolato a vino, verrà dato da bere ai giusti e donerà loro vita
eterna.
Queste "speranze
d'oltretomba", come le chiamava Cumont, erano il segreto della
forza del mitraismo, che prometteva non solo la sopravvivenza
dell'anima, ma la resurrezione della carne. Non solo il Primo
Giudizio, cui Mithra presiedeva al momento della morte del singolo,
poteva farne accogliere l'anima, se meritevole, in paradiso, o
altrimenti respingerla alle torture dell'inferno; ma il Giudizio
Finale avrebbe risuscitato i morti dalle tombe e tutti avrebbero
ripreso le loro sembianze e si sarebbero riconosciuti gli uni con gli
altri.
Ma il più importante
nucleo del mitraismo in occidente, importato nell'impero romano dalle
legioni che i cesari mandavano a combattere e morire sul limes
orientale, era l'idea di militia. Nessun culto pagano precedente la
esibiva, anche perché nessuno quanto Mithra era stato il dio dei
soldati e degli eserciti. L'iniziato mitraico al terzo grado di
ascesa astrale era miles (qualifica tecnica, dopo corvo e crisalide e
prima di leone).
Il mitraismo esaltava la
condizione interiore di militanza, la sacralizzava, e d'altra parte
assimilava esteriormente l'esercizio della religione al servizio
militare: il nome di sacramentum non era diverso da quello del
"giuramento" che come le reclute dell'esercito gli iniziati
dovevano prestare per combattere, nel nome del dio invincibile le
potenze del male. Proviene secondo alcuni dal mitraismo, o in ogni
caso vi si sovrappone, quell'ostinato concetto di militia Christi,
che compare fin dalle epistole di Paolo o da quelle di Clemente, e
che non ci aspetteremmo in una religione basata su una predicazione
di pace come quella del Vangelo.
In principio il cristiano
è miles Christi: lo è costantemente il martire, o "testimone",
nella fase originaria e antiautoritaria del cristianesimo, studiata
ed esaltata dalla prima letteratura protestante sui più antichi Acta
martyrum, ossia sugli "atti" dei processi intentati dallo
Stato romano contro i cristiani. Il cristianesimo "rivoluzionario"
dei primi secoli promuoveva una "lotta armata", pur
incruenta, allo Stato, contrapponendo la militanza religiosa (per
dio) alla militanza laica (per l'imperatore) e rifiutando la seconda.
È forse la militanza
religiosa il vero oggetto della nostra rimozione? Lo spettro di una
bellicosità che vogliamo considerare esclusiva di altre fedi? È
forse il timore e nello stesso tempo la tentazione di un'idea di fede
militarizzata a farci temere di riscoprire Mithra, e con lui una
radice del cristianesimo? Il fatto è che gli studiosi sono incerti:
potrebbe ben essere stato il mitraismo ad avere assorbito elementi
ideologici dei primi cristiani, e ad averli peraltro disinnescati.
Se la militanza del
cristianesimo primitivo era eversiva e antistatale, la militanza
mitraica era invece lealista all'imperatore. Cosicché il culto di
Mithra potrebbe essere stato incoraggiato proprio come risposta alla
militia protocristiana. Che rientra infatti nel III secolo, quando la
penetrazione della nuova religione tra le élite è ormai compiuta e
l'apologetica, a partire da Tertulliano, sigla il grande compromesso
tra cristianesimo e Stato romano. Ed ecco che anche il mitraismo,
nella sua accezione originaria, sfuma nel culto orientale del Sol
Invictus, assunto a religione ufficiale dagli imperatori: Diocleziano
consacra il proprio carisma deo Soli Invicto Mithrae fautori imperii
sui.
Nel IV secolo, nonostante
Costantino, il mitraismo continuerà ad affiancare il cristianesimo
quasi come culto gemello, e ancora sotto Giuliano e poi
nell'Alessandria del V secolo, capitale delle filosofie, della gnosi
e dei sincretismi, le campane di Mithra continueranno a chiamare a
raccolta i fedeli insieme a quelle delle chiese cristiane. Ma da
questo momento in poi, dall'affermarsi, con i decreti teodosiani, del
cristianesimo come religione di stato, l'iniziazione mitraica resterà
ancora più sotterranea.
Le rovine dei mitrei, coi
loro scheletri incatenati, rivelano la violenza della damnatio di
Mithra nel mondo occidentale, ma la sua liturgia rimarrà viva, se
pure clandestina, lungo il Medioevo orientale. Tutta la teologia
della salvezza, nel mitraismo, è legata a una sapienza zodiacale e a
una dottrina dell'ascesa dell'anima che si fonde con quella del
neoplatonismo, in particolare nella sua versione romana, attraverso
cui i misteri mitraici entrano nel bagaglio esoterico delle accademie
platoniche e di qui si trasmettono, via Bisanzio, ai segreti del
Rinascimento.
Il revival del mitraismo
nelle corti europee influenzerà tra Otto e Novecento la letteratura
oltre che gli studi religiosi, dove troverà negli eruditi
ecclesiastici, come Alfred Loisy, i suoi grandi divulgatori.
Oggi, in un'epoca di
nuove guerre, in cui si è estinta la militanza ideologica per le
fedi di redenzione terrena, forse il volto del dio rimosso non ha
ancora ritrovato la sua luce diretta, la sua immagine frontale, la
sua versione concordata fra gli studiosi. Ma la figura di un miles
sacralizzato, iniziatico, in lotta non per un'idea, come nella
militanza politica del Novecento, ma contro le forze di un male
sempre più astratto e demoniaco, è esaltata dal cinema, dai
cartoni, dai fumetti.
Mithra rivive nei
supereroi dualisti acquerellati nelle cupe tinte di un postmoderno e
grafico crepuscolo mazdèo. Come le vestigia dei mitrei nel
sottosuolo di Roma o di Ostia, i residui della più antica e diffusa
Religione della Militanza si incidono sguainando le loro armi,
volando coi loro mantelli, nel tenebroso underground della cultura
pop.
La Repubblica - 2 novembre 2016
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