Una edizione
multilingue della Bibbia (ebraico, greco, italiano), per evitare il
tradimento della traduzione.
Gianfranco Ravasi
La Bibbia si fa in
quattro
Forse esagerava ma non aveva del tutto torto Karl Kraus quando nei suoi Detti e contraddetti affermava che «il linguaggio è la madre, non l’ancella del pensiero». E continuava: «Il linguaggio dev’essere la bacchetta del rabdomante che scopre sorgenti di pensiero». Proprio per questo lo studio di una lingua permette di leggere un testo – anche (e soprattutto) sacro – nella sua matrice originaria tematica e culturale, impedendo che – attraverso la versione – accada quello che Cervantes segnalava per ogni traduzione: «è come contemplare un arazzo dal retro».
Si spiega, così, il
moltiplicarsi di strumenti che favoriscono l’approccio diretto al
testo originale, anche attraverso i supporti informatici. Ad esempio,
la società texana Silver Mountain Software già dal 1999 ha
approntato le Bible Windows che si affacciano su tre orizzonti:
l’analisi grammaticale dell’ebraico e del greco biblico; il
dizionario ebraico-inglese e greco-inglese; la concordanza dei
termini con un filtro grammaticale.
Se, invece, vogliamo
fermarci alla carta stampata e a strumenti più “testuali”
diretti, dobbiamo segnalare l’impresa messa in cantiere dalle
edizioni Dehoniane di Bologna in una collana destinata a coprire
tutti i 73 libri di cui si compone la Bibbia e intitolata
suggestivamente “Doppio verso”, anche perché si hanno due
copertine con testi rispettivamente capovolti. L’uno è riservato
all’originale ebraico o greco di un libro biblico nel quale ogni
parola ha la sua versione italiana interlineare quasi a ricalco
letterale; l’altra sezione del volume offre, invece, una traduzione
dello stesso libro biblico in modo continuo secondo la versione della
Conferenza Episcopale Italiana (2008), accompagnata dall’apparato
di introduzioni e di note desunte dalla ormai famosa “Bibbia di
Gerusalemme”. Ad eseguire con pazienza certosina questa impresa è
Roberto Reggi, un teologo che ha consacrato anni a questa operazione
di fedeltà alla Parola sacra espressa nelle parole umane.
Ora, ha messo in cantiere un nuovo modulo analitico intitolato “La Bibbia quadriforme” e l’ha applicato a due libri biblici tra i più usati nella storia giudaica e cristiana, cioè la Genesi e i Salmi. La tetralogia che regge le doppie pagine di questa opera è facilmente comprensibile: al testo ebraico masoretico (cioè approntato dalla tradizione rabbinica con la vocalizzazione e altri segni di lettura), accompagnato sempre dall’interlineare italiano, si appaia l’antica versione greca detta dei “Settanta”, anch’essa sostenuta dall’interlineare italiano; infine, in calce si offrono la versione latina dei Salmi – secondo la cosiddetta Neovulgata, elaborata sulla base della celebre Vulgata di s. Girolamo, dopo il Concilio Vaticano II – e naturalmente la citata traduzione CEI. In sintesi, nei bifogli vivono in armonia e, in alcuni casi in contrappunto, i testi ebraico, greco, latino, italiano.
È questa una via per
venir incontro al desiderio di molti di avere un approccio diretto
alle Scritture, scoprendone le matrici primigenie in modo accurato e
filologico, un desiderio – e lo affermo per esperienza personale –
che sboccia anche in molti “laici” che, pur non considerando la
Bibbia un testo “ispirato” da Dio, sono consapevoli della sua
realtà di “grande codice” della cultura occidentale.
Ovviamente questi sussidi
linguistici sono fondamentali per la teologia e, attraverso essi, si
spera di superare quel vuoto indotto da una scuola superiore sempre
più incline a soffocare le radici umanistiche classiche, un vuoto
che, conseguentemente, si ripercuote sulle stesse scuole teologiche i
cui alunni sono spesso estranei al contatto coi testi originali sacri
ed ecclesiali. La giovanissima carmelitana s. Teresa di Lisieux
(1873-97), in un’epoca in cui gli studi teologici erano preclusi al
mondo femminile, confessava: «Se io fossi stata prete, avrei
studiato a fondo l’ebraico e il greco così da conoscere il
pensiero divino come Dio si degnò di esprimerlo nel nostro
linguaggio umano».
Per fortuna ora c’è un manipolo molto fitto e qualificato di teologhe ed esegete che possono, ad esempio, elaborare quel commentario ai quattro Vangeli pubblicato dall’editrice Ancora di Milano lo scorso anno (del quale abbiamo dato conto su queste pagine), accompagnandolo con la battuta “Le donne prendono la Parola” con evidente doppio senso... Inoltre si deve segnalare che paradossalmente questa fedeltà paziente e amorosa alla lettera è un antidoto al fondamentalismo letteralista, quello che san Paolo bollava con la frase lapidaria: «La lettera uccide, lo Spirito invece dà vita» (Corinzi 3,6).
Infatti, l’accurata
definizione delle singole parole svela non solo la necessità di
coordinarle in un contesto, ma ne mostra anche la molteplicità delle
iridescenze semantiche che le versioni cercano di recuperare e,
quindi, suggeriscono la necessità dell’interpretazione. Questo
processo è ignorato dai movimenti fondamentalistici di ogni
religione che usano le parole sacre come pietre avulse dal contesto e
dalla loro complessità strutturale e le scagliano come aeroliti
sacrali contro gli altri (talora anche in senso fisico e non solo
metaforico).
Proprio per questo la
collana “Doppio verso”, dopo aver puntato l’obiettivo sulle
singole parole vedendole come cellule viventi di un textus, cioè di
un tessuto di significati specifici che si aprono a un significato
globale, propone la versione unitaria commentata, cioè interpretata
nella sua totalità. Aveva ragione Victor Hugo quando dichiarava che
le mot est un être vivant, una realtà vivente che non può essere
scarnificata dal corpo in cui è inserita e non può essere isolata
dalla vitalità che sparge attorno a sé.
Infine, per stare ancora
nell’orizzonte della letteratura francese, dobbiamo riconoscere che
on a boulversé la terre avec des mots, come scriveva Alfred de
Musset. Sì, attraverso le parole è stata ed è spesso sconvolta la
terra e insanguinata la storia, come purtroppo sperimentiamo nella
cronaca odierna; ma con la potenza delle parole si è anche
trasformata, fecondata, trasfigurata la vicenda di tanti uomini,
donne e popoli.
Il Sole 24 Ore – 23 ottobre 2016
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