07 novembre 2016

UNA LETTERA DI ANNA KULISCIOFF AD ANDREA COSTA



In libreria dal 10 novembre, Io in te cerco la vita. Lettere di una donna innamorata della libertà, raccolta epistolare di Anna Kuliscioff, a cura di Elena Vozzi per L’orma editore, nella collana I Pacchetti.
Di seguito, un estratto.

ANNA  KULISCIOFF AD ANDREA COSTA

Napoli, 4 dicembre 1884
Mio carissimo,

la tua lettera buona e affettuosa m’ha fatto del bene, ma… c’è sempre quei ma e se maledetti, che inciampano e che avvelenano ogni gioia, ogni speranza. Io non dubito e sento che mi vuoi bene come me l’hai voluto, come forse me lo vorrai sempre, il guaio è solamente che questo bene se avesse potuto rendere felicissima un’altra donna, a me, infelice disiquilibrata, mi lascia tanto e tanto a desiderare che mi fa perfino cattiva ed ingiusta, incapace d’apprezzare quel poco di bene che posso ricevere, e che tu, presa la tua natura, le tue occupazioni ed il resto, puoi darmi. Ti ricordi una tua frase significante prima della tua partenza nel mese di ottobre, quando ti scongiuravo istericamente piangendo di lasciarmi per la tua e mia tranquillità? Tu mi dicesti «siamo infelici ambedue» e qui è la sintesi delle nostre relazioni. Tu cerchi in me il riposo, io in te la vita. Io sono per te poco donna, tu per me sei un’astrazione. Io non ho la maternità. Tu non mi dai l’umano del contatto fra i sessi diversi. Tu non vuoi o non puoi capire che l’abbandono e la pienezza non sono che la conseguenza d’una vita reciproca piena di comprensione dei pensieri, dei sentimenti, delle aspirazioni. Questo concetto è una vera mosca bianca, che non si è trovata nemmeno nella nostra relazione. L’uomo non sente questo bisogno; tu pieno di vita, d’attività, d’ingegno e di ricchezza morale proprio è naturale che non puoi sentire il bisogno d’un salice piangente, i cui rami sono già piegati a toccare presto la terra, che cosa puoi tu trovare in questa decrepitezza fisica e morale? Lo riconosco, purtroppo, lo sento fino a piangere nel momento in cui ti scrivo, ma non voglio illudermi, non voglio illuderti. Ho portato la mia critica fino a sviscerarmi completamente, e qui è la ragione d’essermi trovata come perduta. Sì, ho perduta l’illusione di me stessa, ho perduto l’illusione che possiamo mai esser soddisfatti. Tanto più che tu sai quanto in una donna un poco non volgare è forte il lato morale nell’amore; Gretehen perfino s’informa al Faust se crede alla religione, e perciò capirai che svanita questa armonia morale, questo legame non esistendo più, quanto doloroso è di conservare il convivere per semplice abitudine, per semplice memoria del passato. Adesso sento per te maggiore tenerezza, sento per te un affetto profondo, ma sento più tranquilla la mia coscienza, quando non pretendo più d’essere la tua amante, e non esigo da te le attenzioni d’un amante… Dimmi sinceramente non consideri anche tu l’amore, come lo sento io? Tu sei per me sempre quello che fosti prima: dire che sei il padre della mia salvezza, della Ninuccia, è dir tutto. Tu sai quanto poco entra la sensualità nelle mie relazioni con te, non voglio che rimanga essa sola l’ultima cosa nell’amore quando non v’hanno tutti gli altri attributi che costituiscono l’essenza dell’amore. Non sono romantica, ma desidero la realtà umana, questo è impossibile; perché dobbiamo dunque battere la strada tradizionale dei mariti e delle mogli? So che sono forse crudele verso di noi ambedue, ma la critica inesorabile di due mesi ha maturato questo frutto, è amaro per noi ambedue ed io piango. Ti bacio di cuore anche per la nostra adorabile Ninuccia.

Sempre tua Nina

Da    https://www.nazioneindiana.com/2016/11/07/


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