Oggi
è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Aderiamo a
modo nostro con un brano di Fenoglio. Sono passati sessant'anni da
queste righe ma il modo di pensare descritto nel racconto ancora per troppi uomini
non è cambiato.
Beppe Fenoglio
La sposa bambina
Arrivarono a Savona verso
mezzogiorno.
Lo sposo disse: –
Quello lì davanti è il mare, – che Catinina già ci aveva
affogati gli occhi.
– Che bestione, – diceva Catinina del mare, – che bestione!
– Che bestione, – diceva Catinina del mare, – che bestione!
Tutte le volte che pascolava le pecore degli altri in qualche prato sotto la strada del mare e sentiva d’un tratto sonagliere, si arrampicava sempre sull’orlo della strada e da lì guardava venire, passare e lontanarsi i carrettieri e le loro bestie in cammino verso il mare con grandi carichi di vino e di farine. Qualche volta li vedeva anche al ritorno, coi carri adesso pieni di vetri di Carcare e di Altare e di stoviglie d’Albisola, e si appostava per fissare i carrettieri negli occhi, se ritenevano l’immagine del mare.
Ora se lo stava godendo da due passi il mare, ma lo sposo le calò una mano sulla spalla e si fece accompagnare a stallare la bestia. Ma poi le fece vedere un po’ di porto e poi prendere un caffellatte con le paste di meliga. Dopodiché andarono a trovare un parente di lui.
Questo parente stava dalla parte di Savona verso il monte e a Catinina rincresceva il sangue del cuore distanziarsi dal mare fino a non avercene nemmeno più una goccia sotto gli occhi.
Ce ne volle, ma alla fine trovarono quel parente. Era un uomo vecchiotto ma ancora galante, e quando si vide alla porta i due ragazzi sposati fece subito venire vino bianco e paste alla crema ed anche dei vicini, ridicoli come lui.
Mangiarono, bevettero e cantarono. Catinina in quel buonumore prese a snodarsi e a rider di gola e ad ammiccare come una donna fatta, e teneva bene testa al parente galante ed ai suoi soci; lo sposo le era uscito di mente ed anche dagli occhi, non lo vedeva, seduto immobile, che pativa a bocca stretta e col bicchiere sempre pieno posato in terra fra i due piedi.
Quando si ritirarono per la notte in una stanza trovata dal parente, allora riempì di schiaffi la faccia a Catinina. E nient’altro, tanto Catinina non era ancora sviluppata.
Al mattino Catinina
aveva per tutto il viso delle macchie gialle con un’ombra di nero,
lo sposo venne a sfiorargliele con le dita e poi scoppiò a piangere.
Proprio niente disse o fece Catinina per sollevarlo, gli disse solo
che voleva tornare a Murazzano. E sì che si sarebbe fermata un altro
giorno tanto volentieri per via di quel parente così ridicolo, ma
ora sapeva cosa le costava il buonumore, e poi il mare le diceva
molto meno.
Lo sposo caricò in fretta i suoi stracci, la fece sedere sul molle e tornarono.
La mattina dopo, il panettiere di Murazzano, che si levava sempre il primo di tutto il paese, uscito in strada a veder com’era il cielo di quel nuovo giorno, trovò Catinina seduta sul selciato e con le spalle contro il muro tiepido del suo forno.
– Ma sei Catinina? Sei proprio Catinina. E cosa fai lì, a quest’ora della mattina?
Lei gli scrollò le spalle.
– Cosa fai lì,
Catinina? E non scrollarmi le spalle. Perché non sei col tuo uomo?
– Me no di sicuro!
– Perché te no?
Allora Catinina alzò la
voce. – Io non ci voglio più stare con quello là che mi dà del
voi!
– Ma come non ci vuoi più stare? Invece devi stargli insieme, e per sempre. È la legge.
– Ma come non ci vuoi più stare? Invece devi stargli insieme, e per sempre. È la legge.
– Che legge?
– O Madonna bella e
buona, la legge del matrimonio!
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