Pasolini a Calimera (Lecce) il 21 ottobre 1975
Riprendo da http://www.quotidianodipuglia.it/cultura/pasolini un bel pezzo che ricorda quanto e come si sia speso Pasolini, fino all'ultimo, per difendere le radici della nostra cultura.
Pochi hanno notato il fatto che, fino a pochi giorni prima di essere tolto dalla circolazione, Pasolini - al di là del clichè che, ancora oggi, lo rappresenta come un uomo stanco di vivere - andava in giro, anche per i paesi più sperduti d'Italia, ad ascoltare e a sostenere i valori in cui credeva.
Pasolini era tutt'altro che un uomo disperato e stanco della vita!
fv
Pasolini, le ultime parole in difesa del dialetto
di Marcello APRILE *
Correva il 21 ottobre 1975, e Pier Paolo Pasolini,
di cui ricorre oggi il 95° anniversario della nascita, era un’icona ben
prima di morire. Ma pochissimi, ancora oggi, sanno quali siano stati i
suoi ultimi appuntamenti pubblici prima della morte, e anche i pugliesi
ignorano che essi avvennero proprio nel Salento: a Lecce e poi a
Calimera. Il penultimo fu al liceo classico “Palmieri”, da sempre un
faro culturale della città. L’ultimo incontro pubblico di Pasolini
avvenne invece a Calimera, nel cuore dell’area grica: e, per gli
interessi linguistici e sociali dello scrittore friulano, che aveva
incluso alcuni testi in grico nel suo Canzoniere popolare, si
trattò di un fatto naturale, anche se l’incontro calimerese fu del tutto
improvvisato: ma gli si proponeva l’occasione imperdibile di ascoltare
dalla viva voce dei cantori popolari quello che conosceva ancora solo da
fonti scritte, e Pasolini la colse al volo.
L’incontro avvenne per merito di due professori: mio padre Rocco Aprile, infaticabile protagonista del movimento di riscoperta delle radici griche di Calimera con una forte propensione verso la lingua, la storia e la cultura dell’antica madrepatria greca, e Luigi Tommasi, detto per antonomasia ancora oggi “il professore”, che lo accompagnava. I due erano andati a vedere Pasolini a Lecce. Rocco Aprile, che conosceva già Pasolini, facendosi largo tra la folla, gli chiese se volesse venire a Calimera nel pomeriggio. E Pier Paolo, che evidentemente era un uomo tutt’altro che formale, gli disse che alle tre si sarebbe fatto trovare nella piazza del paese: detto fatto, il tempo di pranzare (fave e cicorie, testimonia Luigi Tommasi) e arrivò.
Trovare una location, come si dice oggi, per Pasolini a Calimera non fu affatto semplice. Le scuole del paese non diedero il permesso di ospitarlo con una serie di pretesti, e, fatto incredibile se letto con gli occhi di oggi, il sindaco e i consiglieri di allora non si fecero vedere. Lo scrittore friulano era un personaggio scomodo per i benpensanti di ogni colore, non solo per i democristiani che allora guidavano il Comune; Togliatti per esempio, da giovane, lo chiamava “il pederasta”, e non era un complimento, anche se il rapporto con il Pci era talmente profondo che non lo si può liquidare con un insulto, sia pure così pesante. Pasolini, al momento della morte, era peraltro iscritto al Partito radicale di Marco Pannella, che dava molto spazio alle battaglie libertarie come il riconoscimento della dignità degli omosessuali, e anche questo è un particolare molto poco noto.
Verificato che Pasolini nelle scuole non poteva mettere piede, si ripiegò allora verso uno stanzone di proprietà della famiglia del grande sindaco calimerese degli anni Cinquanta, lo scomparso Giannino Aprile, autore dell’ancora oggi migliore silloge di canti popolari grichi, intitolata Traùdia (che per l’occasione fu regalata a Pasolini). Si trattava di una delle vecchie fabbriche di tabacco di cui il Salento era allora pieno. Non un posto ripulito e pettinato come i locali “tipici” di oggi: era con la polvere e con le ragnatele, che nessuno aveva avuto il tempo di rimuovere.
La fabbrica si riempì di gente in poco tempo. C’erano musicisti che poi sarebbero diventati di un certo peso, come Roberto Licci del Canzoniere Grecanico Salentino, e cantori popolari come Cosimino Surdo, autentici e inconsapevoli di esserlo, a differenza di quelli che poi si sono autoproclamati tali. Secondo le testimonianze unanimi dei presenti (io c’ero, ma ero troppo piccolo per ricordare i dettagli, e in ogni caso fui l’unico a cui Pasolini rilasciò un autografo), lo scrittore era affascinato, ascoltava in silenzio, ogni tanto chiedeva chiarimenti; in particolare, rimase senza parole davanti a una canzone struggente e malinconica come Aremo rindineddha, che certo non rientra nei circuiti commerciali della pizzica, ma ha segnato l’identità dei calimeresi per decenni.
E non basta. Un dettaglio fondamentale dell’ultimo appuntamento pubblico di Pasolini fu il set di foto dell’evento, improvvisato da Antonio Tommasi, fotografo di Calimera e buon conoscitore del suo cinema. Si tratta, con ogni probabilità, del miglior set di foto pasoliniane oggi disponibili in Italia, con una serie di scatti bellissimi, in un bianco e nero efficace, poetico, a tratti graffiante, sia nei primi piani sia negli sfondi; memorabile, per chiunque l’abbia visto.
Proprio oggi, alle 11, l’Amministrazione di Calimera, memore di questo fantastico incontro, dedica a Pier Paolo Pasolini una targa rievocativa apposta sulla fabbrica di tabacco che fu teatro dell’evento; un gesto fortemente voluto dalla sindaca De Vito e dalla sua giunta. Una riparazione per il torto di allora e la riaffermazione di un’identità del paese che si cementò grazie anche a quella visita; l’occasione è impreziosita dalla riproposizione della mostra con le foto pasoliniane di Antonio Tommasi. Con Calimera Pasolini chiuse, per via della sua morte tragica, la sua attività di intellettuale tra i più grandi del Novecento. E forse fu allora, 12 giorni dopo quella data meravigliosa per il mio paese, che finì tutto, e anche per Calimera fu un brutto, brutto colpo.
* professore ordinario di Linguistica italiana all’Università del Salento
L’incontro avvenne per merito di due professori: mio padre Rocco Aprile, infaticabile protagonista del movimento di riscoperta delle radici griche di Calimera con una forte propensione verso la lingua, la storia e la cultura dell’antica madrepatria greca, e Luigi Tommasi, detto per antonomasia ancora oggi “il professore”, che lo accompagnava. I due erano andati a vedere Pasolini a Lecce. Rocco Aprile, che conosceva già Pasolini, facendosi largo tra la folla, gli chiese se volesse venire a Calimera nel pomeriggio. E Pier Paolo, che evidentemente era un uomo tutt’altro che formale, gli disse che alle tre si sarebbe fatto trovare nella piazza del paese: detto fatto, il tempo di pranzare (fave e cicorie, testimonia Luigi Tommasi) e arrivò.
Trovare una location, come si dice oggi, per Pasolini a Calimera non fu affatto semplice. Le scuole del paese non diedero il permesso di ospitarlo con una serie di pretesti, e, fatto incredibile se letto con gli occhi di oggi, il sindaco e i consiglieri di allora non si fecero vedere. Lo scrittore friulano era un personaggio scomodo per i benpensanti di ogni colore, non solo per i democristiani che allora guidavano il Comune; Togliatti per esempio, da giovane, lo chiamava “il pederasta”, e non era un complimento, anche se il rapporto con il Pci era talmente profondo che non lo si può liquidare con un insulto, sia pure così pesante. Pasolini, al momento della morte, era peraltro iscritto al Partito radicale di Marco Pannella, che dava molto spazio alle battaglie libertarie come il riconoscimento della dignità degli omosessuali, e anche questo è un particolare molto poco noto.
Verificato che Pasolini nelle scuole non poteva mettere piede, si ripiegò allora verso uno stanzone di proprietà della famiglia del grande sindaco calimerese degli anni Cinquanta, lo scomparso Giannino Aprile, autore dell’ancora oggi migliore silloge di canti popolari grichi, intitolata Traùdia (che per l’occasione fu regalata a Pasolini). Si trattava di una delle vecchie fabbriche di tabacco di cui il Salento era allora pieno. Non un posto ripulito e pettinato come i locali “tipici” di oggi: era con la polvere e con le ragnatele, che nessuno aveva avuto il tempo di rimuovere.
La fabbrica si riempì di gente in poco tempo. C’erano musicisti che poi sarebbero diventati di un certo peso, come Roberto Licci del Canzoniere Grecanico Salentino, e cantori popolari come Cosimino Surdo, autentici e inconsapevoli di esserlo, a differenza di quelli che poi si sono autoproclamati tali. Secondo le testimonianze unanimi dei presenti (io c’ero, ma ero troppo piccolo per ricordare i dettagli, e in ogni caso fui l’unico a cui Pasolini rilasciò un autografo), lo scrittore era affascinato, ascoltava in silenzio, ogni tanto chiedeva chiarimenti; in particolare, rimase senza parole davanti a una canzone struggente e malinconica come Aremo rindineddha, che certo non rientra nei circuiti commerciali della pizzica, ma ha segnato l’identità dei calimeresi per decenni.
E non basta. Un dettaglio fondamentale dell’ultimo appuntamento pubblico di Pasolini fu il set di foto dell’evento, improvvisato da Antonio Tommasi, fotografo di Calimera e buon conoscitore del suo cinema. Si tratta, con ogni probabilità, del miglior set di foto pasoliniane oggi disponibili in Italia, con una serie di scatti bellissimi, in un bianco e nero efficace, poetico, a tratti graffiante, sia nei primi piani sia negli sfondi; memorabile, per chiunque l’abbia visto.
Proprio oggi, alle 11, l’Amministrazione di Calimera, memore di questo fantastico incontro, dedica a Pier Paolo Pasolini una targa rievocativa apposta sulla fabbrica di tabacco che fu teatro dell’evento; un gesto fortemente voluto dalla sindaca De Vito e dalla sua giunta. Una riparazione per il torto di allora e la riaffermazione di un’identità del paese che si cementò grazie anche a quella visita; l’occasione è impreziosita dalla riproposizione della mostra con le foto pasoliniane di Antonio Tommasi. Con Calimera Pasolini chiuse, per via della sua morte tragica, la sua attività di intellettuale tra i più grandi del Novecento. E forse fu allora, 12 giorni dopo quella data meravigliosa per il mio paese, che finì tutto, e anche per Calimera fu un brutto, brutto colpo.
* professore ordinario di Linguistica italiana all’Università del Salento
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