Marta Abba sulla spiaggia
di Castiglioncello indossava uno scandaloso due pezzi, addirittura
leopardato, mentre tutta l'intellighenzia che allora popolava i
bagni si interrogava sulla natura del rapporto tra lei, assai
giovane, e il sessantenne Luigi Pirandello dal grande cappello
bianco. Non è certo un libro di gossip quello che Luigi Filippo
d´Amico ha pubblicato per Sellerio (L'uomo delle contraddizioni,
Pirandello visto da vicino, pagg. 175, euro 10). Con grande
delicatezza lo sceneggiatore, pittore, regista (Bravissimo,
San Pasquale Baylonne, L'arbitro, Amore e
ginnastica, l'episodio di Gugliemo il dentone nei Complessi...)
racconta tante piccole storie private del drammaturgo siciliano,
legate indissolubilmente ai suoi capolavori.
D'Amico è stato un
osservatore privilegiato: fin da bambino la sua famiglia tramite gli
zii Alberto Cecchi, Antonio Baldini, Silvio d'Amico era legata ai
Pirandello e lui stesso ha sposato una delle due figlie di Lietta. La
suocera era una miniera di particolari, un archivio della memoria
importante quanto la passione (e la conoscenza) che Luigi Filippo
d'Amico ha per l'opera del nonno di sua moglie. Ed è proprio la
passione, il suo pulsare quasi sempre doloroso, che lega gli episodi,
spesso inediti, riportati da Luigi Filippo d'Amico e che si ritrova
in tutti i romanzi, i drammi, le novelle. Sentimenti forti, carnali,
"repressi" da una rigida cortina di pudore che hanno avuto
il loro unico sfogo nelle creature inventate. E d'Amico,
attraversando la parabola letteraria e personale del premio Nobel - i
suoi continui disagi economici, il difficile rapporto con la
politica, con il cinema, con i capocomici, i soggiorni all'estero,
gli insuccessi prima e poi la gloria internazionale - ripropone tante
figure femminili vere o di "carta" che hanno segnato la
vita di Pirandello a cominciare dalla consorte, Antonietta, malata di
mente che comprometterà per sempre il suo rapporto con le donne
("Una volta accompagnai mia moglie a visitare la nonna
ricoverata in casa di salute. Indossava un vestito nero, accurato,
con merlettini bianchi alle maniche e un cappello... Pronta -
dicevano la monache - ogni giorno nell'attesa che Luigi venisse a
riprenderla. In terra, infatti, vidi una valigia"). Ecco le
allieve del Magistero dove Pirandello insegnava: «tra le scolare,
faceva strage... Ci voleva tutto il riserbo, la serietà dell'uomo,
il suo senso di responsabilità, perché quella lezione non si
trasformasse in una corte d'amore».
Ecco Marta Abba:
«Nell'estate del´32 non avevo ancora otto anni e mi innamorai di
lei» scrive d'Amico «fui sedotto da un odore - così diverso da
quello di mia madre e delle mie sorelle - che gli olii solari non
annullavano del tutto (è l'odore, pensai, delle vere donne)».
Quando la conobbe il Maestro aveva già chiuso da anni i suoi
rapporti con l'altro sesso; ne fu travolto ma «quasi fosse un padre,
in un testamento olografo istituisce la Abba erede per un sesto,
oltre ai diritti delle opere scritte da lei».
In Diana e la Tuda
Pirandello - sottolinea d'Amico - inserisce uno scoperto richiamo,
anche se probabilmente solo vagheggiato, ai suoi rapporti con la Abba
e «in una lettera del 1926 indirizzata alla diva, allude ad una
"atroce notte" a lei ben nota (erano a Como per una
recita); ancora una volta aveva pensato al suicidio, ma: la coscienza
dettava l'ordine imperioso di scrivere». Chissà se il drammaturgo
aveva considerato "atroce" l'offrirsi di una giovane donna
a un vecchio o, al contrario, quell'atroce poteva riferirsi a lui che
aveva insidiato Marta. L'attrice comunque sposò nel 1938 un
milionario di Cleveland, chiedendo, e ottenendo, poco dopo un
redditizio divorzio.
“la Repubblica”, 8
marzo 2007
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