Sottopongo alla vostra attenzione alcuni versi di Giorgio Piovano (1920-2008) .
Mi sembra straordinaria la
capacità mostrata dall’autore di trasformare in poesia la vita di milioni di uomini cancellati e dimenticati dalla storia.
Proemio
Questo è il poema degli uomini senza storia
Che alle cerimonie fanno sempre la parte del pubblico
E vengono a galla solo quando si compilano
Le statistiche dei cataclismi :
il poema degli uomini che non hanno mai
avuto una bandiera
e si sono sempre trovati
accodati a quelle degli altri.
Questo è un poema anonimo e materiale
Fatto solo di cose usuali
E di facce senza niente di speciale;
poema cosi povero e rozzo
che per spiegarsi non ha
se non parole di tutti i giorni
e di tutto il campionario
delle gioie e dei dolori
che la Vita mette in vetrina
sa commuoversi solo di quelli
che si possono chiamare
con nome e cognome.
E questo è il suo proemio
messo avanti per avvertire
le schive Anime Nobili
che qui non è aria per loro.
[...]
E questo è il suo proemio
messo avanti per avvertire
le schive Anime Nobili
che qui non è aria per loro.
[...]
Ultimo canto
[...]
Io non sono che uno
della mia generazione, uno
dei tanti che si credevano i soli
ad avere una storia.
Ma ora so
che un po’ tutti possiamo
parlare
della casa della nostra
infanzia
dei terrori davanti la porta
socchiusa
del corridoio deserto,
del gioco dei pellerosse nei
prati
vicino al gasometro, dopo
scuola,
delle principesse rapite dai
corsari,
di nostro padre che rantolava
nel letto su una montagna di
cuscini,
e del vento notturno alle
finestre della nostra stanza,
il vento nato sugli altipiani
tremila miglia lontano...
Fummo in molti che lungo le
mura
solitarie delle antiche città
erravano viandanti inquieti
tormentandosi per la gloria.
Fummo in molti che accanto a
una donna
ci affacciammo alle balaustre
dove splende la curva
del pianeta e s’inseguono
per stellari praterie
eternamente giovani
le comete scintillanti.
E fummo in molti a conoscere
la sapienza dei libri
i cieli d’ardesia sulle città
e il sapore acre del cloroformio,
gli andirivieni dei parenti
davanti alle sale d’operazione
e la guerra, il sangue rappreso nei fossi,
il rombo dei quadrimotori
i lampi dell’artiglieria nella notte
e il vecchio abbattuto sotto i ciliegi
che incarogniva nero
nella gramigna tra milioni di mosche
[...].
La mia storia è la storia di tutti
e la vostra è la mia.
Ascoltate come nel mondo
più incalzanti che nel filo
del telegrafo le linee e i punti
brusiscono i pensieri
di miliardi d'uomini.
[...]
Quanto ancora dovrà salire
l'amaro nella gola degli uomini
che contemplano nel riquadro
dell'inferriata le stelle
della loro ultima notte?
[...]
Io non ho che la mia vita
e la sapienza dei libri.
Io non sono che un cieco
sulla riva del mare
investito dall'uragano
che gli mulina intorno, lontane e vicine
le voci dei naufraghi che chiedono aiuto.
La mia storia è la storia di tutti
e la vostra è la mia.
Ascoltate come nel mondo
più incalzanti che nel filo
del telegrafo le linee e i punti
brusiscono i pensieri
di miliardi d'uomini.
[...]
Quanto ancora dovrà salire
l'amaro nella gola degli uomini
che contemplano nel riquadro
dell'inferriata le stelle
della loro ultima notte?
[...]
Io non ho che la mia vita
e la sapienza dei libri.
Io non sono che un cieco
sulla riva del mare
investito dall'uragano
che gli mulina intorno, lontane e vicine
le voci dei naufraghi che chiedono aiuto.
Giorgio Piovano, Poema
di noi, Effigie edizioni,Milano 2007.
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