![]()  | ||||||||
Se ce ne fosse stato bisogno una ulteriore conferma di quanta ragione
  avesse Leonardo Sciascia a cogliere, con straordinario anticipo, l’
  unica  reale unificazione avvenuta in
  Italia dopo più di cent’anni dall’impresa dei mille, arriva dalle odierne
  notizie di cronaca giudiziaria.  
Colpiscono, innanzitutto, le parole del procuratore aggiunto di Milano,
  Ilda Bocassini: “E’ la prima volta che un voto di scambio viene accertato
  durante le indagini.[…]. La democrazia e la libertà di voto sono state
  violate”. La prima volta, naturalmente, a Milano; perché, come tutti sanno,
  nel nostro Sud il voto non è mai stato libero! 
La Bocassini si riferisce alle vicende che hanno condotto all’arresto dell’
  assessore della Lombardia, Mimmo Zambetti, per aver dato 200 mila euro alla ‘ndrangheta in cambio di voti. Il
  procuratore ha rilevato, inoltre, che, nonostante l’infiltrazione ormai
  sistemica delle mafie nel nord Italia, nessun imprenditore denuncia. 
Sull’intera vicenda riproponiamo l’articolo di Gad Lerner pubblicato oggi
  su la repubblica: 
GAD LERNER – UN’ALTRA
  TANGENTOPOLI 
 | 
 
 Dalla Calabria alla Lombardia, come
  vent’anni fa, stiamo vivendo il tracollo rapidissimo di una classe politica
  che precipita nel vortice di una Nuova Tangentopoli. Con un’incoscienza che
  misuriamo anche nella prima reazione di Formigoni all’arresto del suo
  assessore rivelatosi complice della ‘ndrangheta: «È un fatto grave ma ne
  risponde Zambetti ». Si resta attoniti di fronte a questo tentativo di minimizzare,
  da parte di un potente aggrappato alla poltrona, l’«inquinamento della
  democrazia» denunciato ieri da Ilda Boccassini.
È un
  inutile tentativo di far sopravvivere una giunta già profondamente
  delegittimata da sistematici episodi di corruzione, per i quali lo stesso
  Formigoni è indagato.
Come già la Polverini nel Lazio,
  anche il presidente della giunta regionale lombarda è destinato a uscire
  presto di scena. I leghisti che l’hanno sorretto finora per meri calcoli di
  potere andrebbero incontro all’autodistruzione, perseverando in una scelta
  che contraddice la loro identità. Dopo decenni di rassegnazione a una
  politica ridotta ad affarismo, il sistema sta collassando. Dal dirigente Pdl
  che vuole posteggiare nello spazio riservato al disabile, e per questo gli
  buca le gomme dell’auto, al funzionario che lucra sulle colonie estive dei
  bambini, dall’assessore regionale alla Sicurezza, Romano La Russa, che
  affitta un suo capannone a venditori di merce contraffatta, ai capigruppo che
  si appropriano di denaro pubblico, fino al culmine dei voti di preferenza
  comprati dalla criminalità organizzata, di giorno in giorno la galleria degli
  orrori supera ogni immaginazione. Di questo passo torneremo al lancio delle
  monetine e magari al cappio esibito in Parlamento, trucchi buoni solo per
  allontanare la necessaria riforma della politica. Non a caso, l’apparato
  mediatico di proprietà dell’uomo che ha allevato questa razza predona, ha
  ricominciato con spregiudicatezza a cavalcare la sacrosanta indignazione dei
  cittadini contro la “magna casta” (è il titolo di un giornale berlusconiano
  che fino a ieri sparava contro le “toghe rosse”). Da Fiorito alla Minetti, i
  protagonisti del degrado vengono invitati a far mostra di sé nei salotti
  televisivi per essere sottoposti al dileggio di chi li aveva scritturati,
  nella speranza che il coro “tutti ladri!” stordisca l’opinione pubblica,
  manipolando il necessario discernimento delle responsabilità.
Gli stessi che hanno rigonfiato scandalosamente i
  costi della politica e hanno riempito le istituzioni di farabutti, ora si
  fingono nauseati in attesa di riproporsi magari come artefici della bonifica.
  Anche nel corso della prima Tangentopoli si comportarono così, da forcaioli,
  salvo rivoltarsi all’improvviso contro i giudici non appena emerso l’uomo
  forte della destra al cui servizio si misero in fila. Basta vedere, oggi,
  come hanno esaltato fin che possibile il “coraggio” della Polverini nella
  speranza che resistesse, per poi scaricarla. Faranno lo stesso con Formigoni.
  L’unica differenza è che l’uomo forte cui si aggrapparono vent’anni fa per
  resuscitare un sistema di potere ferito, non è più presentabile.
La Nuova Tangentopoli si manifesta in un contesto di
  emergenza democratica più acuta di quella vissuta nel 1992. Non solo per la
  recessione economica e l’impoverimento diffuso della popolazione. Ma anche
  perché l’influenza delle organizzazioni criminali e dei clan affaristici
  nelle istituzioni è ormai pervasiva, incontrastata da una politica priva di
  anticorpi, come dimostra l’inchiesta della magistratura lombarda. Qualcuno
  dovrebbe chiedere scusa a Roberto Saviano, dileggiato quando segnalò che
  anche in Lombardia la ‘ndrangheta controlla porzioni rilevanti di territorio
  e prospera con le sue attività di riciclaggio finanziario e imprenditoriale.
Dal cardinale Scola a Comunione e Liberazione, dalla
  destra pulita di Gabriele Albertini all’Assalombarda, c’è da augurarsi che si
  levi una sollecitazione univoca per indurre Formigoni a levarsi di mezzo,
  consentendo il ripristino di una normale dialettica democratica
sulle ceneri della giunta degli indagati e degli
  arrestati. Lo stesso governo tecnico deve affrettarsi, per esempio, a
  rimuovere il prefetto di Milano già dispensatore di favori a una delle
  favorite del Sultano, e ora compromesso in relazione improprie con dei
  corrotti da cui ha ottenuto a prezzi di favore la casa per il figlio.  
La compravendita di voti controllati dalla ‘ndrangheta a favore dell’assessore Zambetti, infine, dovrebbe seppellire il tentativo di reintrodurre nella legge elettorale nazionale quel sistema delle preferenze che già tanti danni produce nella politica locale. O vogliamo forse che dalla Nuova Tangentopoli usciamo inneggiando alle manette e a chissà quale nuovo uomo forte? L’indignazione dei cittadini deve produrre un vero ricambio di classe dirigente, cioè una riforma della politica. La Lombardia che ha già vissuto la pacifica “liberazione” di Milano, ha in sé tutte le risorse per farsene battistrada.  | 
 
La Repubblica, 11 0ttobre 2012


Mi sembra la solita Tangentopoli che conferma se stessa,con gli eredi dei ladroni e dei "Ponzio Pilato", i quali sebbene complici ed invischiati fino al collo delle stesse lordure hanno la tracotanza di manifestare disappunto per quanto successo sottolineando: E'stato lui!...E' stata lei!non è di mia competenza...che proclama l'Unità d'Italia nel noto adagio siciliano "Nenti vitti,nenti sacciu e si c'era durmiva."
RispondiEliminaRimane solo la speranza ed il grido di Falcone da recitare incessantemente "La mafia(così Tangentopoli) è un fenomeno umano e come tutti i frnomeni umani ha un principio ed una fine."