Non condividiamo molto della linea editoriale de Il Fatto, non
ci piace il suo manicheismo che tende a dividere il mondo in buoni e
cattivi. Crediamo che la realtà sia sempre più complessa e articolata. Ma
riprendiamo questo articolo perchè ci permette una brevissima considerazione
sul momento politico attuale.
Ricordate quanti film (da Il Candidato a Idi di Marzo)
abbiamo visto sulle primarie USA dove il candidato progressista e liberal si
rivelava dietro le quinte un cinico manipolatore del consenso? E'un film triste
che non vorremmo rivedere ancora.
Antonello
Caporale - Rappresaglia: l’ILVA chiude. Ora Bersani restituisca i soldi a
Riva.
È il sapore
acre della rappresaglia. È la manifesta volontà di rispondere all’inchiesta
della magistratura con la più minacciosa delle ritorsioni possibili. Chiudere
l’Ilva a Taranto significa non solo mandare nella disperazione cinquemila
famiglie, ma mettere i lucchetti ad altri cinque stabilimenti in Italia e provocare,
alla vigilia di Natale, il più acuto dei conflitti sociali. La famiglia Riva
chiude i cancelli dopo la pubblicazione dei faldoni che raccontano le
collusioni e connivenze di cui hanno goduto. Sputare sulla verità, piegarla
quotidianamente agli interessi di chi da quel veleno ha tratto milioni di euro
di profitti, sembra sia stato il compito dell’azienda, aiutata da una fetta del
mondo sindacale, da una parte del giornalismo e naturalmente dalla
politica.
I Riva hanno
sempre goduto di vasti appoggi. E spesso, benché lontani dal mondo romano,
hanno trovato ascolto le loro perorazioni, le richieste continue alla
diluizione nel tempo delle minime, essenziali opere di messa in sicurezza del
lavoro di migliaia di operai e della tutela della salute di una intera città.
Era questo il sistema Taranto. E oggi cosa dice Pier Luigi Bersani, cosa pensa
di dire davanti a questa crisi di legalità se egli stesso si trova a essere il
destinatario di un dono, pari a 98 mila euro, che i Riva hanno sottoscritto in
favore della sua campagna elettorale del 2006? Non serve a molto aggiungere che
il patron dell’Ilva ha naturalmente garantito un assegno (ben più cospicuo: 245
mila euro) a Forza Italia. E che le due donazioni erano legittime e previste
dalla legge e tutte documentate.
La vicenda è
purtroppo una bomba che torna a scoppiare nelle mani del segretario del Pd e
proprio mentre è impegnato nella decisiva battaglia per la leadership del
centrosinistra. È una questione irrisolta, una domanda inevasa: può un
dirigente di sinistra e riformista accettare un sostegno economico da un
imprenditore discusso senza essere coinvolto (e un po’ travolto) dal destino di
costui?
L’inchiesta
oggi rivela che un secondo candidato alle primarie, il governatore della
Puglia, Nichi Vendola, ha elargito simpatie quantomeno inopportune e
disponibilità irrituali. Bersani, prima di illustrare quali sono stati (se ci
sono stati) rapporti e richieste dei Riva, dovrebbe restituire al mittente con
un tardivo, ma necessario atto riparatore, la somma ricevuta. E Vendola
spiegare più approfonditamente se le sue telefonate con i dirigenti dell’Ilva,
e le premure e le rassicurazioni, hanno avuto seguito. E se il tono delle sue
conversazioni private sia plausibile. Oggi chiede a Bersani di dire parole che
emanino “un profumo di sinistra”. Gli chiediamo: quale profumo e quale
sinistra?
Da: il Fatto
del 27 novembre 2012
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