Luigi Pirandello è
stato, senza alcun dubbio, uno degli autori più grandi del 900. Eppure,
nonostante la sua indiscutibile grandezza, qualche debolezza l’ha avuta nella
vita. Tra queste si annovera senz’altro quella che un caro amico denuncia in
questo suo breve articolo. Per noi,
comunque, Pirandello rimane grande e la
sua opera non può essere valutata sulla base delle sue discutibili scelte
politiche.
Bernardo
Puleio - Pirandello, Mussolini e l’adesione al fascismo
Il 28 ottobre 1923 Pirandello dichiara a <<L’idea nazionale>>
che Mussolini per lui è benedetto perché incarna il dualismo di vita e forma sotto forma di movimento che debba
trovare, in una forma ordinata il suo freno. Il 19 settembre 1924 Pirandello pubblica su
<<L’impero>>, la richiesta di affiliazione al PNF:
Eccellenza, sento che per me questo è
il momento più propizio di dichiarare una fede nutrita e servita sempre in
silenzio. Se l’E. V.mi stima degno di entrare nel Partio Nazionale fascista,
pregierò come massimo onore tenervi il posto del più umile e obbediente gregario. Con devozione intera.
Il 23 settembre del 1924, Telesio Interlandi in un articolo
apparso su <<L’impero>>, intitolato Perché Pirandello è fascista, spiegava, anche a seguito di una sua
conversazione con l’autore le ragioni del fascismo di Pirandello:
Pirandello ha spiegato il suo atto
con una sola parola: Matteotti. L’oscena speculazione compiuta sul cadavere del
deputato unitario, l’industrializzazione di
quel cadavere spinta fino alle più rivoltanti conclusioni, la campagna di
menzogne e di falsità prosperante su quel macabro terreno, il tentativo, in
parte riuscito, di ridurre il Fascismo da fenomeno storico a fenomeno di
malavita politica, la chiara percezione del tremendo pericolo che corre il
paese abbandonato ai suoi avvelenatori; tutto questo ha spinto Pirandello a dar
forma concreta a quello che fu sempre un atteggiamento del suo spirito.
Oscene e rivoltanti sono le affermazioni di Interlandi: in
pratica, Pirandello non ha chiarezza, o peggio ce l’ha, di che cosa significhi
per la vita liberale del paese l’assassinio Matteotti: e proprio quando il
fascismo getta la maschera, decide di iscriversi.
Che Interlandi su questo punto abbia in pieno interpretato
il pensiero di Pirandello lo dimostra il fatto che Pirandello scriverà una
smentita delle opinioni attribuitegli dal giornalista solo relativamente alla
libertà di stampa per la quale fa notare
come inutili siano apparse le restrizioni che non hanno calmato il clima di
odio in chi quasi retoricamente si riempie il petto di libertà ma in effetti
(<<L’impero>>, 24 settembre 1924, bisognerebbe andare contro
risolutamente queste parole (libertà) e
farle scappare illividite di paura (dunque nella sostanza il letterato si
schiera a favore di leggi liberticide purché non siano colorate tanto di
sangue).
Ma un’altra cosa Interlandi attribuisce a Pirandello e
Pirandello non smentisce, quando afferma che a giudizio dello scrittore solo
errore di Mussolini e del fascismo era
stato p. 1252 valorizzare i loro avversari:
Mussolini e il Fascismo hanno avuto
il torto di valorizzare i loro avversari. Questo Pirandello non lo perdonerà
mai, specialmente al Duce. L’avere fatto d’un mediocre politicante una specie
di Anti – mussolini, l’avere parlato di Capi delle forze (?) avversarie,
l’avere discusso tutti i gesti e le
parole degli oppositori, anche dei più spregevoli, questo è il torto massimo
del fascismo.
E dunque Pirandello è pienamente fascista e spregevole nell’animo. Giovanni Amendola
replica in un articolo al vetriolo apparso su <<Il Mondo>> del 25
settembre 1924, titolo <<Un uomo
volgare>> prima facendo riferimento ad un geniale uomo che ha fatto
una di quelle pensate che nel paese di Pulcinella si chiamano mascole, p. 1255, diventando apostolo mussulmano della fede fascista.
Quindi dichiara che la sua pensata di sopprimere la Camera
dei deputati (in contrasto con l’intuizione fascista dello stato), di cambiare
il senato, in un’assemblea mista di tecnici (per metà di nomina regia e per
metà di nomina delle deputazioni provinciali), costituisce un’audacia, da far vergognare, come pantofolaio della più
deplorevole risma, il Duce medesimo ed i
suoi più accesi seguaci – che ancora non ci avevano pensato! Di fatto è quello che Mussolini farà minacciando e poi trasformando la Camera dei deputati: qualsivoglia
cosa si vuol pensare dell’intervento duro
e appassionato di Amendola qui l’analisi storica e politica del
liberale è chiarissima: Pirandello è più guerrafondaio e antiliberale, più
azionista, in senso autoritario e antidemocratico, del Duce: è più fascista del
capo per il suo atteggiamento di disprezzo verso gli organi di controllo
parlamentare inoltre, letto l’episodio col senno di poi e con i tanti pericoli
che giustamente Amendola scorgeva nel discorso unilaterale di Pirandello, il suo pensiero è l’anticamera del più becero
e violento e volgare controllo, della più inaudita soppressione di organi
giuridici indipendenti: questa minaccia coglie Amendola e per questo il suo
discorso è violento e non privo di
invettive: c’è in gioco la libertà e la dignità del Parlamento e della nazione e i suggerimenti di
Pirandello sono scandalosamente autoritari
e fascisti. Quindi, con sarcasmo
spregiativamente, Amendola chiamerà Pirandello autore di commedie:
Ahimè, povero autore di commedie! Si
sente, si sente in queste tue volgari scemenze l’umile origine del fabbricatore
nostrano di bella letteratura, prono dinanzi alla Dea réclame ed ai suoi sacerdoti . . . E così questo povero autore, che
peregrinò venti anni in cerca di fama – come uno dei suoi personaggi in cerca
d’autore – e che finalmente trovò il suo autore
e l’inventore della sua più generosa valutazione non troppo lontano dal
bersaglio odierno dei suoi strali sine
ictu – oggi generalizza da sé al prossimo e, cieco e sordo alla realtà che
lo circonda, proclama solennemente: senza la réclame del fascismo
l’Opposizione non esisterebbe.
No caro personaggio che ha trovato il
suo autore! Noi siamo di quelli che fabbricano i giornali, non di quelli – come
voi – che sono fabbricati dai giornali.
E restate pure con la coscienza
tranquilla: il vostro Duce e il vostro fascismo non ci hanno creato in alcun
modo, perché anzi ci avrebbero distrutti assai volentieri.
Come, poi, auspice anche il discorso, la pensata geniale di
Luigi Pirandello, sarebbe accaduto col
blocco delle attività delle camere.
Pirandello rispose un mese dopo, il 30 ottobre del 1924 su <<L’impero>> con una lettera
aperta ad alcuni amici che lo avevano spinto a intervenire dicendo:
Chi mi conosce sa bene che io non
sono <<un uomo volgare>>.
Precisando che non per ottenere un seggio al senato (di cui
con insistenza già da diversi mesi si discuteva) si era iscritto al Partito
fascista ma nulla rispondendo nella sostanza alle accuse rivolte alla sua bella
pensata sul ruolo della camera.
Bernardo Puleio
N. B. : Le citazioni sono tratte da L. PIRANDELLO, Saggi e interventi, a cura
di F. TAVIANI, <<I meridiani>>, Mondadori, Milano 2006, pp. 1249-57.
Ringrazio l'amico Francesco Virga per avere pubblicato sul suo interessantissimo e colto blog questo mio piccolo intervento sull'adesione al fascismo di Pirandello.
RispondiEliminaBernardo