Ieri è morto Remo Ceserani. Era uno dei maggiori studiosi italiani di letterature comparate. Ha scritto libri molto importanti, fra cui Raccontare la letteratura (1990); Treni di carta. L’immaginario in ferrovia: l’irruzione del treno nella letteratura moderna (1993); Il fantastico (1996); Raccontare il postmoderno (1997); Guida allo studio della letteratura (1999); L’occhio della Medusa. Fotografia e letteratura (2011). Con Mario Domenichelli e Pino Fasano ha curato per Utet il Dizionario dei temi letterari; insieme a Lidia De Federicis ha scritto un manuale, Il materiale e l’immaginario, che ha innovato profondamente lo studio della letteratura nelle scuole italiane e che ha formato un’intera generazione di studenti. Questo brano mette insieme due scritti usciti sulla rivista «Aracne», nella rubrica «Messa a fuoco», che Ceserani ha tenuto regolarmente dal 2012 fino a poche settimane fa.
Eclettismo e tolleranza
Elogio dell’eclettismo
Siamo in un periodo in cui i
fondamentalismi stanno invadendo le nostre vite; non solo i
fondamentalismi religiosi, ma anche i fondamentalismi del pensiero, gli
autoproclamati custodi dei nostri valori, gli autonominati legislatori
dei nostri comportamenti e della nostra condotta sociale e morale. I
fondamentalisti religiosi sono pericolosi, soprattutto quelli che
prendono alla lettera la Bibbia e il Corano in modi spesso grotteschi,
ignorando qualsiasi apporto della filologia e della storia su chi ha
scritto quei libri: non certo Dio o Allah, ma uomini come noi, abili
redattori e manipolatori delle parole pronunciate oralmente da profeti e
maestri spesso analfabeti, scribi che le hanno registrate in pagine
scritte, gradualmente rese immutabili e canoniche, da riassumere in
catechismi, da imparare a memoria.
Ma anche i fondamentalisti del pensiero
sono pericolosi. La libertà di parola viene continuamente condizionata
dalle arti retoriche della persuasione. La libertà di pensiero stenta a
staccarsi dalla parola e a muoversi liberamente fra le esperienze, le
emozioni, la materialità della vita.
Siamo in un periodo in cui credo sia
doveroso ribellarsi alle filosofie scolastiche rigide e chiuse, al
dogmatismo degli uni e al pragmatismo degli altri, alle costruzioni
misticheggianti della tradizione neo-platonica, ai sogni ingenui dello
storicismo, alle sentenze oracolari di Heidegger, ai tanti cattivi
maestri. E credo sia consigliabile andare a rileggersi la voce Eclettismo scritta da Denis Diderot per l’Encyclopédie: «L’eclettico è un philosophe
che, calpestando il pregiudizio, la tradizione, l’antichità, il
consenso universale, l’autorità, insomma tutto ciò che soggioga l’animo
del volgo, osa pensare con la propria testa, risalire ai princìpi
generali più chiari, esaminarli, discuterli, astenendosi dall’ammettere
alcunché senza la prova dell’esperienza e della ragione; che, dopo aver
vagliato tutte le filosofie in modo spregiudicato e imparziale, osa
farsene una propria, privata e domestica; dico ‘una filosofia privata e
domestica’, perché l’eclettico ambisce a essere non tanto il precettore
quanto il discepolo del genere umano, a riformare non tanto gli altri
quanto se stesso, non tanto a insegnare quanto a conoscere il vero».
Mi piace molto questa formulazione:
essere non tanto precettori quanto discepoli. Via quindi i cattivi
maestri, gli imam e i predicatori dal pulpito, gli editorialisti della
domenica. E imparare da cosa? Lo dice ancora Diderot: l’eclettico «non è
uomo che pianti o semini; è uomo che raccoglie e setaccia». Bella anche
questa immagine del setaccio, lo strumento dell’agricoltore e della
casalinga, che serve a scegliere pazientemente il grano dal loglio,
l’utile dal dannoso.
Diderot dà un altro saggio consiglio:
viaggiare, conoscere il mondo, non stare chiusi nella torre d’avorio (o
dentro le parole del libro pericolosamente proclamato «sacro»): «Per
formare il suo sistema, Pitagora mise assieme i contributi dei teologi
egiziani, dei gimnosofisti indiani, degli artisti fenici, dei
filosofi greci. Platone si arricchì con le spoglie di Socrate, di
Eraclito e di Anassagora; Zenone saccheggiò il pitagorismo, il
platonismo, l’eraclitismo, il cinismo: tutti intrapresero lunghi viaggi:
e qual era lo scopo di tali viaggi, se non quello di interrogare i
popoli più vari, raccogliere le verità sparse sulla terra, e tornare in
patria ricolmi della saggezza di tutte le nazioni?»
Ecco il destino dell’eclettico: «Come è
quasi impossibile, per un uomo che viaggi in molti paesi e si imbatta in
molte religioni, non vacillare nei propri sentimenti religiosi, è
altrettanto difficile per un uomo saggio, che frequenta molte scuole di
filosofia, legarsi esclusivamente a una setta, e non scivolare
nell’eclettismo o nello scetticismo».
Certo, lo scetticismo è un’attrazione
forte, una sirena al cui canto è facilissimo cedere. Ma l’eclettismo ha
qualcosa di più: una ricerca continua fra libri e esperienze, fra idee e
stimoli, un viaggiare ininterrotto e avventuroso fra impressioni e
riflessioni degli altri viaggiatori, ignorando le piste già tracciate e
segnate e le guide turistiche, setacciando le espressioni del libero
pensiero.
Per questo, nei giorni della violenza fondamentalista, è bello e giusto fare l’elogio dell’eclettismo.
Tolleranza e intolleranza
Si sente spesso dire che le
tre grandi religioni monoteiste hanno in comune, oltre a molti elementi
storici e teologici, una generale concezione dell’uomo con effetti
positivi sui nostri comportamenti e sui nostri atteggiamenti morali.
Questo è in gran parte vero e spiega
perché molti pensatori abbiano potuto di volta in volta dichiarare che
le nostre comuni radici affondano, oltre che nella cultura classica
greco-latina, in quella ebraica, in quella cristiana e in quella araba.
C’è per esempio, un’importante convergenza fra l’antico testamento, il
nuovo testamento e la tradizione hāditha dei detti di Maometto, che
consente di mettere una a fianco dell’altra le citazioni dal Levitico
(19.18) «ama il prossimo tuo come te stesso»; quelle del Vangelo
«Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Marco 12,31 e simile negli
altri sinottici); «Chiunque vuole sfuggire dal fuoco [dell’inferno] ed
entrare nel Paradiso dovrebbe trattare gli altri come desidera di essere
egli stesso trattato» (Sahih 20-4546).
È giusto e inevitabile, però, ricordare
anche che in tutte le tradizioni religiose, e nei libri «sacri» che esse
ci hanno tramandato, vi sono non pochi elementi che derivano da
concezioni della vita e dei rapporti sociali dei popoli che le hanno
espresse pieni di aggressività, crudeltà, spirito guerresco, istinto di
sopraffazione: posizioni storicamente spiegabili ma non più accettabili
nel mondo della democrazia, dell’illuminismo, della solidarietà fra
popoli e Stati, delle Nazioni unite, delle sacrosante battaglie per l’habeas corpus e contro la pena di morte. Si veda, per esempio, una frase come la seguente che si legge nel Corano
(9, 6): «Quando siano trascorsi i mesi sacri, uccidete gli idolatri
ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati.
Se poi si pentono, eseguono l’orazione e pagano la decima, lasciateli
andare per la loro strada. Dio è misericordioso» (dove c’è una curiosa
mescolanza fra un Dio misericordioso e certi suoi seguaci che non
dimenticano i loro interessi e chiedono ai pentiti di pagare la decima).
La frase del Corano va posta accanto alla seguente che si legge nella
Bibbia, nel molto aggressivo Libro di Giosuè (6, 21-24): «E
quando il popolo udì il suono delle trombe lanciò un gran grido, e le
mura crollarono. Il popolo salì nella città, ciascuno diritto davanti a
sé, e s’impadronirono della città. Votarono allo sterminio tutto ciò che
era nella città, passando a fil di spada uomini, donne, bambini,
vecchi, buoi, pecore e asini. […] Poi i figli d’Israele diedero fuoco
alla città e a tutto quello che conteneva; presero soltanto l’argento,
l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro, che misero nel tesoro della
casa del Signore» (anche qui accanto all’aggressività implacabile che si
estende a bambini e animali, non manca la sete dell’oro).
Le due frasi dai libri sacri vanno a
loro volta poste accanto all’esortazione al massacro forse pronunciata
(secondo la discussa testimonianza del monaco cistercense tedesco
Cesario di Heisterbach), ma plausibile nella circostanza, nel corso
dell’assalto, durante la crociata contro gli Albigesi, alla cittadina di
Béziers nel 1209. La frase sarebbe stata pronunciata nientemeno che dal
legato pontificio, l’abate Arnaud Amaury: «Massacrateli tutti, perché
il signore conosce i suoi» (anche qui si mescola con l’istinto della
ferocia il pregiudizio ideologico e la presunzione che Dio parteggi per
uno dei contendenti).
Quanto al posto della donna nella
società, in quei libri e in molta della tradizione delle tre religioni
si assiste a una paradossale doppia proiezione: da una parte la
sublimazione assoluta dell’essere femminile, trasformato nella grande
madre, nutrice e al tempo stesso asessuata, addirittura paradossalmente
vergine e madre al tempo stesso, dove il Corano (III, 42, 45,
47) ripete a modo suo la scena evangelica dell’Annunciazione: «E quando
gli angeli dissero a Maria: – In verità Allah t’ha prescelta e t’ha
purificata e t’ha eletta su tutte le donne del creato… – O mio Signore! –
rispose Maria – Come avrò mai un figlio se non m’ha toccata alcun uomo?
Rispose l’angelo: – Eppure Allah crea ciò ch’Egli vuole: allorché ha
deciso una cosa non ha che da dire: ‘Sii!’ ed essa è»; dall’altra parte
c’è la natura minacciosa e pericolosamente sessuata dell’essere
femminile discendente da Eva, donna del peccato che va ridotta al
silenzio.
Su questo tema ci sono una serie di
testi, a cominciare da quelli di san Paolo, ma anche della tradizione
gnostica e di quella islamica, la cui autenticità, con tipico
atteggiamento colpevole e difensivo, è spesso messa in discussione da
esegeti e commentatori. È il caso, per esempio, di due pronunciamenti di
Paolo: in I Corinzi 14.34: «Le donne devono restare in silenzio durante gli incontri; devono, anzi, essere sottomesse, come detta la Legge»; e in I Lettera a Timoteo
2, 11-13: «Una donna deve ricevere l’istruzione in modo silenzioso e
con piena sottomissione. E non permetto a una donna di insegnare o
esercitare autorità sull’uomo; deve invece restare in silenzio. Poiché
Adamo è stato creato per primo, non Eva». È possibile che si tratti,
come vogliono alcuni commentatori, di frasi non autentiche e interpolate
da qualche estremista nei testi dei primi secoli. In ogni caso si
tratta di posizioni ideologiche a volte irresponsabili, in ogni caso
inaccettabili, che, come quelle sulla guerra, gettano un’ombra su molti
seguaci delle tre religioni, soprattutto sui fondamentalisti che
prendono alla lettera i testi dettati, secondo alcuni di loro,
direttamente da Javeh o da Allah.
Simona Maggiorelli: grandissimo, non solo come critico e studioso...
RispondiEliminaGiovanna D'angelo: "il materiale e l'immaginario" è stato uno splendido ed innovativo manuale di letteratura. un piacere studiarlo