Ho
assistito l’altra sera all’Agricantus di Palermo ad uno spettacolo straordinario:
gli antichi pupi di zucchero, realizzati e venduti a Palermo per la festa dei
morti, sono tornati a muoversi, a parlare e a cantare grazie all’eccezionale
talento del cantastorie Salvo Piparo, della mezzosoprano Costanza Licata, del
percussionista Michele Piccione, della pianista Rosemary Enea, guidati dal
regista Luigi Maria Burruano che ha
saputo ridare vita ad una antica tradizione popolare. Ripropongo di seguito l’intervista ai protagonisti
dello spettacolo fatta da
E’ la vita di Mangiaracina che vende “pupaccene”
vestiti da paladini di Francia, immobili e sorridenti, che prendono vita
attraverso la sua fantasia. Abbiamo intervistato i protagonisti.E' una storia
di pupi, questa qui, anche se di pupi in scena non ce ne sono. Ci sono gli
attori in carne ed ossa, con parole, canti e musica a parlare per loro, per
quelle antiche marionette che forse Palermo non ricorda più. Lo spettacolo trae
spunto dall'Orlando fuorioso di
Ariosto, rivisto e rivoltato in mille sfaccettature volutamente diverse. Un'antica
storia di amori, di guerre e di viaggi sulla luna, raccontata da un cuntista
che è andato di vicolo in vicolo, a Palermo, raccogliendo il respiro delle
strade, raccogliendo storie e aneddoti delle vite incrociatesi con la sua. E
questo cunto ce lo hanno raccontato proprio gli interpreti dello spettacolo,
oltre che il regista stesso.
La prima cosa che ci siamo chiesti è cosa
significasse questo titolo, alla prima apparenza un po' strambo. Ci ha risposto
Burruano:
Questo
titolo innanzitutto allude a una storia di pupi, una storia fatta quindi di
duelli e di sfide tra paladini; in questo caso non si tratta di veri e propri
paladini però, poichè si vuole alludere allo zucchero scolpito e colorato, con
le sembianze dei paladini di Francia, le cosiddette "pupaccene"
insomma, tipiche durante la festa dei morti. E' un titolo, quindi, fortemente
onomatopeico: "pupiata" è proprio come se fosse una battaglia, rende
immediatamente l'idea.
Come mai è stata scelta come opera di spunto
proprio l'Orlando fuorioso di Ariosto? E com'è essere registi di questa nuova
storia, anzichè esserne un interprete?
Piparo
parte da uno spunto, che è l'opera dei pupi e il teatro popolare -
continua Burruano - , il tutto
arricchito dai suoi ricordi personali di vita, ricordi soprattutto dei maestri
che facevano l'opera dei pupi, che manovravano i fili e costruivano le
marionette dei paladini. Anche io ho questi ricordi conservati nella mia
memoria, di quando ero piccolo e con mio padre andavo a vedere queste opere dal
maestro Argento oda Cuticchio.
La regia
mi piace quanto lo stare sul palco a recitare. Anzi, forse mi piace anche di
più! E l'ho imparata a poco a poco, con le mie mani. E poi non può che essere
un piacere lavorare con una compagnia così preparata, soprattutto con Piparo: è
molto facile collaborare con lui, accoglie consigli e suggerimenti e
soprattutto è un attore di cuore, di sentimento.
Il cunto si basa soprattutto sui ricordi: ma
fra venti o trent'anni, quando Internet avrà preso pienamente il controllo
delle nostre vite, quali saranno i ricordi della società? Il cunto rischia
l'estinzione?
Malgrado
l'importanza e la supremazia di Internet, certi ricordi, per quanto preziosi e
particolari, andranno sempre conservati, come se fossero scolpiti nella nostra
memoria. Siamo andati sulla luna, eppure non puoi cancellare il momento in cui
invece tiravi le pietre; è sempre memoria dell'uomo: ne cancelli i ricordi,
allora ne cancelli una parte. Sarebbe come dimenticarsi della propria madre, si
può? No, è uno dei cardini della vita, non potrebbe accadere mai. E allo stesso
modo non può accadere al cunto che, secondo me, non rischia affatto
l'estinzione - conclude deciso Burruano.
Come si sposano, invece, in quest'opera il
canto e la musica con l'arte e la tradizione dei pupi? Ci ha risposto Costanza
Licata.
Prima
c'erano i pupi accompagnati dal cosiddetto "pianino" e tutto questo,
con la nostra musica, noi lo riportiamo a quello che sono i nostri suoni e le
nostre contaminazioni, sposandolo con la musica di oggma anche con la musica
classica, da Mozart a Vivaldi, che io stessa canto sulla scena.
Cosa si prova a dare voce e ritmo a maschere e
fili - seppur non presenti sul palco - e non, in realtà, a personaggi in carne
ed ossa?
Io sono
cresciuta con questi racconti di mio padre, quindi è una fortissima emozione:
lui mi raccontava sempre che nella sua borgata c'era un piccolo teatrino di
pupi, importantissimo per tutti, e che si sarebbe fatta qualsiasi cosa pur di
assistere agli spettacoli messi in scena. Purtroppo, oggi, il pubblico è
cambiato, non è più lo stesso. Paradossalmente noi palermitani questa
tradizione la stiamo perdendo ogni giorno di più, mentre i turisti la ricercano
e la apprezzano molto - ci racconta Costanza.
Ma come ci si avvicina all'arte del cunto? Per
esempio Salvo Piparo come si è reso conto di avere questa particolarissima
passione?
Si
scopre per caso, come quando un bruco diviene farfalla - risponde Salvo
- . All'inizio, quando ero solo un
bambino, stavo ad ascoltare i racconti di mio nonno, di quando andava a
sentirsi il cunto a piazza Bonanno. Cammin facendo, spicando come fa il
granturco, ho incontrato delle persone che mi hanno segnato molto. Uno di
queste è stato 'u zu Binirittu', un vecchietto che oggi avrà ottant'anni, che
mi ha fatto sentire per la prima volta un pezzo di cunto, mettendoci tutto il
sentimento di cui era capace e dicendomi 'Sarbuccio…stuppati a ricchi!' e io lo
feci. Quando lo ascoltai la prima voltai pensai che fosse un pazzo. E il giorno
dopo, però, ero pazzo anch'io. Ho preso subito le movenze ritmiche che avevo
visto in lui, creando improvvisamente il mio cunto: e da allora racconto le mie
storie, con il mio fiato, il mio ritmo, la mia pancia.
Secondo te, oggi, un giovane che volesse
avvicinarsi a quest'arte tradizionale, cosa dovrebbe fare?
Deve sapere ascoltare. Questa è l'arte più antica del mondo, come camminare a piedi.
Il pubblico che ci segue è ancora un pubblico di nicchia, ma noi stiamo
cercando di fare anche un cunto a tratti comico, per poterlo fare arrivare a
tutti. Con la televisione è morto il cunto. Prima di essa la gente si riuniva
attorno a un uomo, un nonno che raccontava il suo cunto appunto. Ma i nonni di
oggi fanno più fatica, sono alle prese con nipoti che scappano subito dinanzi a
un computer e che passano ore e ore collegati su Facebook. Anche io sto su
Facebook, ma mezz'ora al giorno, perchè poi voglio uscire, incontrare persone,
parlare, ascoltare, stringere mani. E' da tutto questo che nasce un cunto:
raccolgo storie e racconti, raccolgo i 'buongiorno' da tanti uomini, e ogni
buongiorno me lo porto dietro, perchè racchiude una voce, una sensazione. La
città ha una memoria che è una mollica mangiata dagli uccelli. Bisogna riuscire
a riappropriarsi della propria identità, della storia di questa città e dei
propri ricordi soprattutto - conclude emozionato Salvo Piparo.
Silvia Buffa
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