29 maggio 2012

LA PUPIATA DI ZUCCARU…








Ho assistito l’altra sera all’Agricantus di Palermo ad uno spettacolo straordinario: gli antichi pupi di zucchero, realizzati e venduti a Palermo per la festa dei morti, sono tornati a muoversi, a parlare e a cantare grazie all’eccezionale talento del cantastorie Salvo Piparo, della mezzosoprano Costanza Licata, del percussionista Michele Piccione, della pianista Rosemary Enea, guidati dal regista Luigi Maria Burruano che ha saputo ridare vita ad una antica tradizione popolare.  Ripropongo di seguito l’intervista ai protagonisti dello spettacolo fatta da   Silvia Buffa e pubblicata su  http://palermo24h.com lo scorso 28 aprile.


 
E’ la vita di Mangiaracina che vende “pupaccene” vestiti da paladini di Francia, immobili e sorridenti, che prendono vita attraverso la sua fantasia. Abbiamo intervistato i protagonisti.E' una storia di pupi, questa qui, anche se di pupi in scena non ce ne sono. Ci sono gli attori in carne ed ossa, con parole, canti e musica a parlare per loro, per quelle antiche marionette che forse Palermo non ricorda più. Lo spettacolo trae spunto dall'Orlando fuorioso di Ariosto, rivisto e rivoltato in mille sfaccettature volutamente diverse. Un'antica storia di amori, di guerre e di viaggi sulla luna, raccontata da un cuntista che è andato di vicolo in vicolo, a Palermo, raccogliendo il respiro delle strade, raccogliendo storie e aneddoti delle vite incrociatesi con la sua. E questo cunto ce lo hanno raccontato proprio gli interpreti dello spettacolo, oltre che il regista stesso.

La prima cosa che ci siamo chiesti è cosa significasse questo titolo, alla prima apparenza un po' strambo. Ci ha risposto Burruano:

Questo titolo innanzitutto allude a una storia di pupi, una storia fatta quindi di duelli e di sfide tra paladini; in questo caso non si tratta di veri e propri paladini però, poichè si vuole alludere allo zucchero scolpito e colorato, con le sembianze dei paladini di Francia, le cosiddette "pupaccene" insomma, tipiche durante la festa dei morti. E' un titolo, quindi, fortemente onomatopeico: "pupiata" è proprio come se fosse una battaglia, rende immediatamente l'idea.

Come mai è stata scelta come opera di spunto proprio l'Orlando fuorioso di Ariosto? E com'è essere registi di questa nuova storia, anzichè esserne un interprete?

Piparo parte da uno spunto, che è l'opera dei pupi e il teatro popolare - continua Burruano - , il tutto arricchito dai suoi ricordi personali di vita, ricordi soprattutto dei maestri che facevano l'opera dei pupi, che manovravano i fili e costruivano le marionette dei paladini. Anche io ho questi ricordi conservati nella mia memoria, di quando ero piccolo e con mio padre andavo a vedere queste opere dal maestro Argento oda Cuticchio.
La regia mi piace quanto lo stare sul palco a recitare. Anzi, forse mi piace anche di più! E l'ho imparata a poco a poco, con le mie mani. E poi non può che essere un piacere lavorare con una compagnia così preparata, soprattutto con Piparo: è molto facile collaborare con lui, accoglie consigli e suggerimenti e soprattutto è un attore di cuore, di sentimento.

Il cunto si basa soprattutto sui ricordi: ma fra venti o trent'anni, quando Internet avrà preso pienamente il controllo delle nostre vite, quali saranno i ricordi della società? Il cunto rischia l'estinzione?

Malgrado l'importanza e la supremazia di Internet, certi ricordi, per quanto preziosi e particolari, andranno sempre conservati, come se fossero scolpiti nella nostra memoria. Siamo andati sulla luna, eppure non puoi cancellare il momento in cui invece tiravi le pietre; è sempre memoria dell'uomo: ne cancelli i ricordi, allora ne cancelli una parte. Sarebbe come dimenticarsi della propria madre, si può? No, è uno dei cardini della vita, non potrebbe accadere mai. E allo stesso modo non può accadere al cunto che, secondo me, non rischia affatto l'estinzione - conclude deciso Burruano.

Come si sposano, invece, in quest'opera il canto e la musica con l'arte e la tradizione dei pupi? Ci ha risposto Costanza Licata.

Prima c'erano i pupi accompagnati dal cosiddetto "pianino" e tutto questo, con la nostra musica, noi lo riportiamo a quello che sono i nostri suoni e le nostre contaminazioni, sposandolo con la musica di oggma anche con la musica classica, da Mozart a Vivaldi, che io stessa canto sulla scena.

Cosa si prova a dare voce e ritmo a maschere e fili - seppur non presenti sul palco - e non, in realtà, a personaggi in carne ed ossa?

Io sono cresciuta con questi racconti di mio padre, quindi è una fortissima emozione: lui mi raccontava sempre che nella sua borgata c'era un piccolo teatrino di pupi, importantissimo per tutti, e che si sarebbe fatta qualsiasi cosa pur di assistere agli spettacoli messi in scena. Purtroppo, oggi, il pubblico è cambiato, non è più lo stesso. Paradossalmente noi palermitani questa tradizione la stiamo perdendo ogni giorno di più, mentre i turisti la ricercano e la apprezzano molto - ci racconta Costanza.

Ma come ci si avvicina all'arte del cunto? Per esempio Salvo Piparo come si è reso conto di avere questa particolarissima passione?

Si scopre per caso, come quando un bruco diviene farfalla - risponde Salvo - . All'inizio, quando ero solo un bambino, stavo ad ascoltare i racconti di mio nonno, di quando andava a sentirsi il cunto a piazza Bonanno. Cammin facendo, spicando come fa il granturco, ho incontrato delle persone che mi hanno segnato molto. Uno di queste è stato 'u zu Binirittu', un vecchietto che oggi avrà ottant'anni, che mi ha fatto sentire per la prima volta un pezzo di cunto, mettendoci tutto il sentimento di cui era capace e dicendomi 'Sarbuccio…stuppati a ricchi!' e io lo feci. Quando lo ascoltai la prima voltai pensai che fosse un pazzo. E il giorno dopo, però, ero pazzo anch'io. Ho preso subito le movenze ritmiche che avevo visto in lui, creando improvvisamente il mio cunto: e da allora racconto le mie storie, con il mio fiato, il mio ritmo, la mia pancia.

Secondo te, oggi, un giovane che volesse avvicinarsi a quest'arte tradizionale, cosa dovrebbe fare?

Deve sapere ascoltare. Questa è l'arte più antica del mondo, come camminare a piedi. Il pubblico che ci segue è ancora un pubblico di nicchia, ma noi stiamo cercando di fare anche un cunto a tratti comico, per poterlo fare arrivare a tutti. Con la televisione è morto il cunto. Prima di essa la gente si riuniva attorno a un uomo, un nonno che raccontava il suo cunto appunto. Ma i nonni di oggi fanno più fatica, sono alle prese con nipoti che scappano subito dinanzi a un computer e che passano ore e ore collegati su Facebook. Anche io sto su Facebook, ma mezz'ora al giorno, perchè poi voglio uscire, incontrare persone, parlare, ascoltare, stringere mani. E' da tutto questo che nasce un cunto: raccolgo storie e racconti, raccolgo i 'buongiorno' da tanti uomini, e ogni buongiorno me lo porto dietro, perchè racchiude una voce, una sensazione. La città ha una memoria che è una mollica mangiata dagli uccelli. Bisogna riuscire a riappropriarsi della propria identità, della storia di questa città e dei propri ricordi soprattutto - conclude emozionato Salvo Piparo.

Silvia Buffa






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