31 maggio 2016

IL SENO NUDO RACCONTATO DA ITALO CALVINO

Ph. di Tina Modotti


     Sto rileggendo con gioia uno dei libri più belli di Italo Calvino, Palomar. Nel libro lo scrittore è riuscito a dare un senso unitario ad una serie di brevi racconti pubblicati in giornali e riviste diverse. Il testo seguente, ad es., era apparso come commento di costume per la prima pagina del “Corriere della Sera” il 2 agosto 1977 non appena era cominciata a diffondersi la moda del monokini. 


Un uomo e un seno nudo all’orizzonte

Italo Calvino


Il signor Palomar cammina lungo una spiaggia solitaria. Incontra rari bagnanti. Una giovane donna è distesa  sull'arena prendendo il sole a seno nudo. Palomar, uomo discreto, volge lo sguardo all'orizzonte marino. Sa che in simili circostanze, all'avvicinarsi di uno sconosciuto, spesso le donne si affrettano a coprirsi e questo gli pare non bello: perché è molesto per la bagnante che prendeva il sole tranquilla; perché l'uomo che passa si sente un disturbatore; perché il tabù della nudità viene implicitamente confermato; perché le convenziosi rispettate a metà propagano insicurezza e incoerenza nel comportamento anzichélibertà e franchezza.
Perciò egli, appena vede profilarsi da lontano la nuvola bronzeo-rosea di un torso femminile, s'affretta ad  atteggiare il capo in modo che la traiettoria dello sguardo resti sospesa nel vuoto e garantisca del suo civile rispetto per la frontiera invisibile che circonda le persone. Però, pensa, io così facendo, ostento un rifiuto a vedere, cioè anch'io finisco per rafforzare la convinzione che ritiene illecita la vista del seno, ossia istituisco una specie di reggipetto mentale sospeso tra i miei occhi e quel petto che, dal bagliore intenso che me ne è giunto sui confini del mio campo visivo, mi è parso fresco e piacevole alla vista. Insomma il mio non guardare presuppone che io sto pensando a  quella nudità, me ne preoccupo, e questo è in fondo un atteggiamento indiscreto.
Ritornando dalla sua passeggiata, Palomar ripassa davanti a quella bagnante, e questa volta tiene lo sguardo fisso davanti a se, in modo che esso sfiori con equanime uniformità la schiuma delle onde che si ritraggono, gli scafi delle barche tirate a secco, il lenzuolo di spugna teso sull'arena, la ricolma luna di pelle più  chiara con l'alone bruno del capezzolo, il profilo della costa nella foschia, grigia contro il cielo.
Ecco, - riflette soddisfatto di se stesso, proseguendo il cammino - sono riuscito  a far sì che il seno fosse assorbito completamente dal paesaggio, e che anche il mio sguardo non pesasse più che lo sguardo di un gabbiano o di un nasello. Ma sarà proprio giusto, fare così, riflette ancora, o non è un appiattire la persona umana a livello delle cose, considerarla un oggetto, e quel che è peggio considerare oggetto ciò che nella persona è specifico del sesso femminile?
Si volta e ritorna sui suoi passi. Ora nel far scorrere il suo sguardo con oggettività imparziale, fa in modo che non appena il petto della donna entra nel suo campo visivo, si noti una discontinuità, uno scarto, quasi un guizzo. Lo sguardo avanza fino a sfiorare la pelle tesa, si ritrae, come apprezzando con un lieve  trasalimento, la diversa consistenza della visione e lo speciale valore che esso acquista  e per un momento si tiene a mezz'aria, descrivendo una curva che accompagna il rilievo del seno da una certa distanza, elusivamente ma anche protettivamente, per poi riprendere il suo corso come niente fosse stato.
Così credo che la mia posizione risulti ben chiara, pensa Palomar, senza malintesi possibili. Però questo sorvolare dello sguardo non potrebbe in fin dei conti essere inteso con un atteggiamento di  superiorità, una sottovalutazione di ciò che un seno è e significa, un tenerlo in qualche modo in disparte in margine o tra parentesi? Ecco che ancora sto tornando a relegare il seno nella penombra in cui lo hanno  tenuto secoli di pudibonderia sessuomaniaca e di concupiscenza come peccato.
Una tale interpretazione va contro alle migliori intenzioni di Palomar, che pur appartenendo ad una  generazione matura, per cui la nudità del petto femminile si associava all'idea di un'intimità amorosa, tuttavia saluta con favore questo cambiamento nei costumi, sia per ciò che esso significa come riflesso di una  mentalità più aperta nella società, sia in quanto una tale vista gli riesce particolarmente gradita.
Fa dietrofront. A passi decisi muove ancora verso la donna sdraiata al sole. Ora il suo sguardo lambendo volubilmente il paesaggio, si soffermerà sul seno con uno speciale riguardo, ma si affretterà a coinvolgerlo in uno slancio di gratitudine per tutto, per il sole e per il cielo, per i pini ricurvi e la duna a l'arena e gli scogli e le nuvole e le alghe, per il cosmo che ruota attorno a quelle cuspidi aureolate.
Questo dovrebbe bastare a tranquillizzare definitivamente la bagnante e a sgombrare il campo da illazioni fuorvianti. Ma appena lui torna ad avvicinarsi, ecco che lei si alza di scatto, si ricopre, sbuffa, si allontana  con scrollate infastidite della spalla come sfuggisse alle insistenze moleste di un satiro.
Il peso morto di una tradizione di malcostume impedisce di apprezzare nel loro giusto merito le intenzioni più illuminate, conclude amaramente Palomar.

Italo Calvino, Palomar, Oscar Mondadori 1994, pp.11-14.

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