10 maggio 2016

LA SAGGEZZA DI RAIMON PANIKKAR



Preparare la dimora della saggezza

RAIMON PANIKKAR

La difficoltà consiste nel preparare una dimora alla saggezza, senza conoscerla. Non posso sapere in anticipo se chi viene è la saggezza oppure un fantasma, un truffatore, un bugiardo, un bandito, un ospite indesiderato. L’ospitalità è autentica soltanto quando non si conosce l’ospite; quando essa non fa distinzione, e non accetta solamente i saggi, i credenti e gli appartenenti alla propria casta, ma l’ospite, chiunque sia, qualunque aspetto abbia, senza discriminazione. […] tutte le tradizioni ci dicono che quando accettiamo lo straniero, lo sconosciuto, l’insignificante, l’incomprensibile, nasce lo spazio nel quale può prodursi la rivelazione. Questa forma di ospitalità è un dare se stesso, è un rischio. Potrebbe diventare pericoloso preparare un’abitazione per tutti e per tutto senza criteri né differenze. Qui sta il pericolo. È facile dire che prepariamo una dimora alla saggezza, che l’accoglieremo e che faremo tutto per lei, che le apriremo il cuore perché ci trasformi. Ma non sappiamo che aspetto ha, chi è e dove abitava prima. Questo è il rischio, il passo nel vuoto, la libertà stessa. E proprio in questo consiste l’azione “alchimistica” di trasformare l’ospite, che prima forse non era la saggezza.
Se compiamo questo passo, allora l’accogliere diviene veramente un concepire. Preparare una dimora alla saggezza significa dunque ricevere lo straniero, lo sconosciuto, colui che ci minaccia e farlo germogliare, fiorire, arrivare alla nascita. È questo un operare non assimilabile nemmeno con l’azione biologica del partorire. Deve essere un agire teantrico. È un lottare con l’ospite, con ciò che forse può trasformarsi in saggezza, con Dio, con l’angelo, con il tu. Si tratta di polarità, non di due caratteri individuali opposti tra loro, ma di una polarità genuina che è nata da se stessa, e dalla quale poi tutto il resto trae la sua esistenza. La saggezza rimane sconosciuta finché l’io e il tu si incontrano. Non c’è saggezza prima che l’abbia ricevuta; non posso riceverla né mi può impregnare, finché io non mi metto a lottare con lei, finché non l’assorbo e, in qualche modo, non ho un contatto intimo con lei; in questa polarità consiste il potere trasformante del ricevere. Questa è la metamorfosi, la trasformazione del circolo vizioso in un circolo vitale. Va da sé che non è possibile partorire un bambino con la sola volontà. Ci vuole la presenza di un altro, e anche l’amore.
Non c’è nessuna prova da parte nostra e nessuna certificazione dall’altra, abbiamo detto. Tutto è aperto e la possibilità di errori esiste sempre. La lotta per la saggezza è sempre aperta e umile. Malgrado ciò, esiste un’esperienza interna attraverso la quale possiamo riconoscerla. Il suo nome è pace, gioia e libertà.


(RAIMON PANIKKAR, La dimora della saggezza, Milano, Mondadori, 2011, pp. 41-42).

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