Opera da
tre soldi, 1972-73, Domenico Modugno, foto Luigi Ciminaghi/ Piccolo Teatro di
Milano
Opera
da tre soldi, 1972-73, Domenico Modugno, foto Luigi Ciminaghi/ Piccolo
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Il filosofo Rocco
Ronchi ha dedicato di recente uno studio a B.
Brecht intitolato: Brecht.
Introduzione alla filosofia, edizioni et al. Milano, 2013.
Riprendo di seguito un brano dell’intervista che il filosofo ha
rilasciato a Massimo Marino che mette ben in evidenza l’originalità del metodo
di lavoro brechtiano:
Il metodo
brechtiano e il metodo della filosofia sono sostanzialmente identici. La
caratteristica rilevante del rapporto di Brecht con la filosofia non è dovuta
semplicemente al fatto che Brecht introduca la filosofia o il marxismo come temi
del suo teatro. Brecht introduce piuttosto la filosofia come metodo. Il suo
teatro è filosofico dal punto di vista formale: in quanto tale esso è teatro
“epico” . È un teatro filosofico perché parte dall'idea che l'operazione
teatrale debba in qualche modo risolversi in una problematizzazione sistematica
dell'ovvio. Il metodo brechtiano è questo dopo tutto: problematizzare l'ovvio.
È molto simile a quello che Husserl chiama "riduzione
fenomenologica", ed è per questo che il Brecht messo in scena da Strehler
a Milano sollevò gli entusiasmi della scuola fenomenologica milanese, in
primis Enzo Paci. Per riduzione fenomenologica Husserl intendeva la
sospensione dell’“atteggiamento naturale”, vale a dire la sospensione della
nostra ingenua fiducia nell'esserci delle cose e nell'esserci di una realtà già
costituita secondo orientamenti prestabiliti.
Brecht in
L'eccezione
e la regola scrive: “Vogliamo riferirvi la storia di un viaggio compiuto da
uno sfruttatore e da due sfruttati. Osservatene bene il contegno. Trovatelo
strano, anche se consueto[…]E - vi preghiamo – quello che succede ogni giorno
non trovatelo naturale. Di nulla sia detto è naturale…”
Che cos'è poi dopotutto il Verfremdungseffekt se non questa
tecnica dello straniamento che sappiamo Brecht ricava dai formalisti russi
durante il suo soggiorno in Russia? Ma la tecnica dello straniamento non è una
tecnica drammaturgica; la tecnica dello straniamento è la riproposizione a
livello drammaturgico di quella che da sempre è stata la postura del filosofo
nei confronti dell'esperienza. Se uno ritorna all'incipit della
filosofia occidentale trova la figura di Socrate. Ebbene che cosa fa di Socrate
il filosofo prototipico? Il fatto che non si accontenta di quelle che sono le
risposte tradizionali alle grandi questioni dell'uomo. Socrate problematizza
sistematicamente queste risposte, cioè le mette costantemente in una situazione
di epoché, cioè le sospende. Socrate non era forse paragonato a una
torpedine? Questo viene detto nel Simposio, il famoso dialogo in
cui Aristofane parla di Socrate. In esso si dice che Socrate nella città si
presenta come qualcuno che intorpidisce l'interlocutore. Perché lo intorpidisce?
Perché lo paralizza. Lo paralizza perché lo confuta, anzi perché lo mette nella
situazione di doversi confutare da solo. Non è questa forse anche la posizione
brechtiana? Non è forse questo il metodo drammaturgico brechtiano?
Il testo integrale dell’intervista, illustrato da
bellissime foto che riprendono alcune famose messe in scena del teatro
brechtiano a cura del Piccolo Teatro di Milano, lo potete leggere in http://www.doppiozero.com/materiali/brecht-un-discorso-sul-metodo
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