22 novembre 2021

DE MARTINO, GRAMSCI E IL MONDO POPOLARE SUBALTERNO

 


GRAMSCI E IL MONDO POPOLARE SUBALTERNO

di Carla Pasquinelli

Si è già ricordato come De Martino abbia partecipato al movimento dell’occupazione delle terre da parte dei poverissimi braccianti del Meridione e come dopo la sconfitta di quella stagione di lotte abbia continuato a occuparsi della Questione meridionale. Ai popoli primitivi egli accosta adesso le classi popolari e le plebi rustiche delle campagne del Sud che rivendicano il proprio accesso alla storia per “rovesciare l’ordine che le tiene subalterne”, come aveva vigorosamente affermato sulle pagine di “Società” nel 1949 in un articolo che suscitò polemiche e riserve tanto a destra che a sinistra. A scandalizzare era stato tra l’altro l’accostamento irriverente e profetico, per quegli anni, tra la lotta dei popoli del Terzo Mondo e quella delle classi subalterne della società capitalistica occidentale.

Un anno dopo vengono pubblicate le Osservazioni sul folclore di Gramsci che permetteranno a De Martino di riprendere da una prospettiva più ampia la riflessione sulla cultura popolare. Secondo Gramsci il folklore non va visto come un “elemento pittoresco “ o “curiosità erudita”, bensì è cosa “ molto seria e da prendere sul serio”. É infatti “una concezione del mondo e della vita, implicita in larga misura di determinati strati della società in contrapposizione (anch’essa per lo più implicita, meccanica,oggettiva) con le concezioni del mondo “ufficiali” (o in senso più largo delle parti colte della società) che si sono successe nello sviluppo storico”(Gramsci,1975,p.2311). In questo brano così denso si intuisce la presenza di un concetto di cultura che, sebbene non venga espresso nel linguaggio dell’antropologia, emerge tra le righe soprattutto in quel carattere “implicita” e “oggettivo” che, come scrive immediatamente dopo, costituisce “ un insieme determinato di massime per la condotta pratica e di costumi che ne derivano o le hanno prodotte” un sostrato muto “che ha la stessa energia di una forza materiale o qualcosa di simile”. Questa idea del folklore come concezione del mondo delle classi subalterne va ricollegata all’indipendenza e all’autonomia che ha la società civile nella riflessione di Gramsci. In alcune delle pagine più note dei Quaderni del carcere troviamo un paragone tra la Russia pre rivoluzionaria e il resto d’Europa, che dimostra come la strategia fondata sulla guerra di manovra, che aveva portato alla vittoria della Rivoluzione di Ottobre nel 1917, non avrebbe potuto essere applicata in Europa a causa del diverso rapporto tra Stato e società civile. Mentre “ in Oriente lo Stato era tutto, e la società civile era primordiale e gelatinosa”, per cui era bastato l’assalto al Palazzo d’Inverno perché i rivoluzionari comunisti conquistassero il potere, in Occidente occorre invece una strategia diversa, “ una guerra di posizione “ a causa della “robusta struttura della società civile”. Per Gramsci lo Stato è solo una “ trincea avanzata dietro cui sta una robusta catena di fortezze e casematte”, che richiede una penetrazione capillare nel tessuto sociale che lo trasformi dall’interno sui tempi lunghi. Tra queste casematte rientra anche il folklore, con la sua arretratezza, “conservativa e reazionaria”, ma anche con caratteristiche innovative, “spesso creative e progressive”, che vanno valorizzate ai fini non solo di una migliore comprensione della società meridionale, ma anche della sua trasformazione in senso progressivo.

CARLA PASQUINELLI  

Testo ripreso da https://www.facebook.com/Subaltern-studies-Italia-102006355428935/





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